Morte di Don Guicciardini, fu parroco della parrocchia San Giovanni Evangelista di Empoli. Il ricordo

Riceviamo e pubblichiamo la nota con la quale la parrocchia di San Giovanni Evangelista a Empoli e il parroco don Enzo Lo Castro ricordano Don Corso Guicciardini, il noto prete fiorentino scomparso oggi che per 12 anni è stato proprio il parroco della chiesa empolese:

Sgualcita, consunta, compilata in una calligrafia incerta, quella di chi non ha tempo per sedersi davanti a una scrivania e raccoglie gli impegni strada facendo, come e dove capitano. Così come la Provvidenza li mette davanti. I tanti appuntamenti sovrapposti non solo nel poco spazio delle pagine. Ma sovrapposti nelle dodici e più ore della giornata, fissati in contemporanea, per slancio, appuntamenti inconciliabili a tutti gli effetti. E di fatto quasi mai conciliati, con il candore di chi, con l’esperienza e con la fede, aveva imparato a sbagliare con molta serenità.

Se c’è una cosa capace di riassumere con la forza del simbolo la figura di don Corso Guicciardini, e il servizio di parroco che ha svolto a Empoli dai primi anni Novanta fino al primo ottobre del 2006, in San Giovanni Evangelista, quella cosa è certamente la sua piccola agenda. Il condensato dei suoi mille impegni di pastore e di responsabile dell’Opera della Madonnina del Grappa. Due carichi gravosi, che - lottando - la sua anima ha tenuto assieme per più di quindici anni. Finché l’età, e il peso delle responsabilità, non lo hanno costretto a ritirarsi a Rifredi, nella sede dell’Opera, rientrando a malincuore nel ruolo che gli aveva destinato don Giulio Facibeni, il “Padre”, come lo chiamava tutta Firenze. E come lo chiamava anche don Corso.

E a Firenze, ieri pomeriggio, intorno alle 15, proprio nel giorno in cui ricorre l’anniversario di morte di un’altra grande figura fiorentina, ovvero il santo sindaco Giorgio La Pira, si è conclusa l’avventura terrena di don Corso. E’ morto nel reparto Covid di Rifredi, accanto a un altro sacerdote dell’Opera, don Vincenzo Russo. Per l’ennesima volta, la Provvidenza ha saputo tirare fuori il bene da un evento tragico. Ha permesso che un confratello, un amico, ascoltasse le sue ultime parole, raccogliesse il suo ultimo respiro.

Aveva 96 anni. Tanti, per la media nazionale. Neppure troppi, per chi ha conservato fino alla fine la lucidità e l’intelligenza di un fuoriclasse e la fede solida di un bambino.

A Empoli lascia un’impronta indelebile, prima di tutto per il servizio che ha svolto come parroco, con uno stile per certi versi introverso, che nessuno ha tuttavia scambiato per aristocratico distacco. Era piuttosto il segno della sua grande capacità di ascolto. Don Corso lasciava che l’altro, ogni altro, si facesse avanti con i suoi talenti e i suoi limiti. Lasciava spazio a tutti, anche a costo che il movimento e il rumore che si sviluppavano intorno alla sua persona si trasformassero in caos e in frastuono. Era lo stile dell’accoglienza senza riserve, rivolta ai poveri, ai ragazzi, soprattutto a quelli più complicati. Ai laici coinvolti nella vita della parrocchia. Alle famiglie che con lui sono diventate, e rimaste, l’architrave della parrocchia.

Empoli gli deve molto. Ma Corso, con l’umiltà dei grandi, pensava di essere piuttosto in debito, per aver realizzato proprio nella parrocchia di San Giovanni Evangelista il senso più profondo della sua vocazione di pastore. E forse era vero.

Notizie correlate



Tutte le notizie di Empoli

<< Indietro

torna a inizio pagina