Crisi, la richiesta di aiuto della coop sociale della moda che dà lavoro alle persone in difficoltà

FLO, aderente a Confcooperative Toscana: “Così chiudiamo, sosteneteci”


Prima della pandemia erano in media  10 persone all’anno, dal lockdown in poi, in soli 5 mesi, ne sono state segnalate già 25  dai servizi sociali e dalle varie realtà del territorio. Obiettivo: aiutarle a ritrovare un lavoro, imparare un mestiere, crearsi un futuro nonostante la disabilità e la fragilità sociale ed economica. La cooperativa sociale di tipo B, FLO, aderente a Confcooperative Toscana, continua a tenere le porte del suo laboratorio di sartoria e del negozio aperte, ma è ogni giorno più difficile andare avanti. “Se chiudiamo che faranno queste persone, dove andranno, che  ne sarà del loro futuro?”. Se lo chiedono Elisabetta Renzoni e Maria Serena Asso, socie di questa realtà conosciuta sul territorio  per il punto vendita di Lungarno Corsini, a pochi passi da Ponte Vecchio,  e per  il laboratorio di sartoria di Via Cimabue che accoglie e insegna, dà futuro e speranza a chi nella vita ha bisogno di un’altra possibilità. Sono tutte persone provenienti dai servizi della salute mentale, dai servizi sociali comunali, dai SERD, dal Ministero di Grazia e Giustizia (UEPE) e da realta’ territoriali che accolgono migranti.

Un’impresa sociale attiva nel fashion business, che lavora basandosi sul principio dell’economia circolare e crea le sue collezioni donna e bambino, accessori  e articoli per la casa - oltre che commesse per altre aziende -  utilizzando come tessuti le rimanenze provenienti dalle aziende di moda.  Flo da 10 anni si è costruita un suo mercato e una sua filiera, coinvolgendo tantissime imprese che vogliono investire nella responsabilità sociale, da Unicoop a Ikea, da Manteco S.p.a. alla Stefano Bemer. Ma non solo: con il tempo lo store nel centro di Firenze è diventata una  prestigiosa, oltre che unica,  vetrina per tanti artigiani che altrimenti non avrebbero mezzi per esporre e vendere. “C’è tanto lavoro dietro il nostro negozio, tanta umanità in difficoltà in cerca di riscatto, che però rischiamo di vedere dispersa. Questa crisi  ha seriamente compromesso il nostro futuro”, raccontano.  Con il crollo del turismo, le vendite sono calate del 90%: alcuni operatori sono in cassa integrazione, le socie hanno deciso di auto-sospendersi gli stipendi. “Siamo un’impresa no profit e i margini operativi  vengono reinvestiti nell’attività finalizzata alla realizzazione del progetto che coinvolge  persone che hanno iniziato un percorso con noi,  al momento sono circa 10.  Non sappiamo fino a quando si potrà resistere, ma ci preoccupa il futuro di questi nostri collaboratori”

In 10 anni di attività, Flo ha aiutato circa 60 persone a reinserirsi, con ottimi risultati. “Siamo felici quando raggiungiamo questi obiettivi, ma il futuro ci preoccupa. Il nostro è un grido di allarme perché esiste un problema collettivo di tenuta sociale e noi possiamo contribuire a fare la differenza. Vogliamo resistere e continuare a fornire percorsi lavorativi assistiti, ma questa è una crisi che non vede soluzioni a breve”. Dal Comune hanno ottenuto lo sgravio dei costi d’affitto per 4 mesi, come tutti i locatari di fondi comunali. “E’ qualcosa, ma  non sufficiente per garantirci dal rischio chiusura. Riteniamo che la nostra cooperativa stia svolgendo un ruolo fondamentale per la coesione sociale in questo momento drammatico e che la responsabilità debba essere condivisa. Non riguarda solo chi lavora in questo settore, ma è interesse di tutti. Abbiamo bisogno del sostegno delle istituzioni, delle aziende del territorio che sono disposte ad investire nel  progetto e anche  dei fiorentini che ci conoscono e che possono aiutarci comprando nel nostro negozio per continuare a dare speranza a chi ci lavora”

FLO  - dice Alberto Grilli, presidente di Confcooperative-Federsolidarietà Toscana -  è una cooperativa che fa impresa sociale nel business della moda e rischia, dopo 10 anni, di chiudere e di azzerare tutta una serie di esperienze di inserimento lavorativo di fasce svantaggiate. La cooperativa ha il proprio negozio a 50 metri da Ponte Vecchio, di proprietà del Comune, e, come si può immaginare, venendo a mancare il turismo ha perso la fonte primaria di sostentamento che l’ha resa una cooperativa sui generis, che si è confrontata in tutti questi anni con un ambito d’attività irrituale e con le regole del mercato puro. Come associazione di categoria vorremmo dare un segnale a questa piccola realtà che ha avuto il coraggio di rischiare e di mettersi in gioco e vorremmo sensibilizzare l’amministrazione comunale fiorentina, le imprese socialmente responsabili e i cittadini tutti perché la chiusura di FLO sarebbe una sconfitta per tutti.”

Fonte: Ufficio Stampa

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