Diritti civili e lotta contro il razzismo nelle opere dell'artista afroamericano McArthur Binion
Sabato 24 ottobre al Museo Novecento apre al pubblico Modern Ancient Brown (fino all'11 febbraio 2021) prima personale in un’istituzione europea del noto artista afroamericano McArthur Binion, a cura di Lorenzo Bruni, organizzata in collaborazione con la galleria Massimo De Carlo, Milano/Londra/Hong Kong. “Ho sviluppato l'idea di Modern Ancient Brown 40 anni fa – ha spiegato l'artista parlando della scelta del titolo della mostra al Museo Novecento - volevo che il mio lavoro: 1) fosse contemporaneo 2) avesse una storicità 3) onorasse i Black and Brown painters che sono venuti prima di me. È anche una sorta di autoritratto: McArthur Binion e Modern Ancient Brown: MAB e MAB”.
Il Museo Novecento entra nel vivo delle questioni più urgenti del nostro tempo, come quella dei diritti civili e della lotta contro il razzismo, e lo fa presentando le opere di un artista impegnato su questo fronte da decenni, sia con la sua opera pittorica che con il suo impegno civile e didattico. Binion infatti ha dato vita nel 2019 a una Fondazione impegnata nella sensibilizzazione e educazione dei giovani artisti riguardo le questioni razziali secondo una visione interdisciplinare e olistica. Le opere in mostra, tutte del 2020, sono state realizzate appositamente per gli spazi del museo fiorentino e per il ciclo espositivo Duel, ideato dal direttore artistico del Museo Novecento Sergio Risaliti. Oltre ai lavori su carta della serie Healing:work, alle dodici opere Altar:work I-XII - che riflettono sul limite e la materia del monocromo - e alla grande pala su tavola dal titolo Modern Ancient Brown-Altar, saranno presentate anche alcune parti del documentario della film-maker Marika Mairova dedicato all'artista, commissionato per l'edizione di Art Basel di giugno 2020 rimandata a causa del Covid-19.
Modern Ancient Brown, titolo dato al progetto, è anche il nome della fondazione istituita da Binion nel 2019 a Detroit nata per promuovere il lavoro di artisti black che si dedicano all’interdisciplinarietà tra arti visive e letteratura e il cui lavoro sia stato storicamente sotto rappresentato. Il dialogo intenso che l'artista - che ha avviato la sua carriera come poeta - ha realizzato con gli spazi del Museo Novecento è una risposta importante a questo ultimo anno attraversato dalla pandemia mondiale, dai movimenti di Black Lives Matter e da un generale ripensamento da parte dei musei sul loro ruolo di preservare e proporre proposte culturali in un mondo globale e ancora nella sua lunga fase post colonialista.
“Siamo orgogliosi di questa mostra curata da Lorenzo Bruni nel quadro del progetto Duel – ha detto il direttore artistico del Museo Novecento Sergio Risaliti -. McArthur Binion è una presenza di enorme significato in questo momento a Firenze, sia per i contenuti artistici, politici e civili, del suo lavoro sia per l’energia dispiegata in questi mesi così drammatici per la realizzazione di dipinti site specific. La presenza di Binion per la prima volta all’interno di un’istituzione pubblica rafforza l’impegno che anche il Museo Novecento, in maniera sempre più urgente, è chiamato a manifestare in difesa dei diritti umani, delle uguaglianze e delle diversità, verso una sempre più corretta ed equa rappresentazione della realtà e della costruzione delle relazioni umane, in un’epoca di ripensamento dei valori dominanti e dei codici di interpretazione della storia passata e di quella contemporanea, nella prospettiva di un futuro più tollerante e inclusivo. Il fatto che la mostra di Binion sia un progetto costruito ad hoc per queste sale in questo periodo dell’anno - segnato anche dalle Presidenziali in U.S.A fissate per il 3 novembre - ribadisce poi la determinazione del museo a essere in diretta connessione con il presente sfidando le difficoltà attuali con coraggio e sensibilità, un desiderio di affermazione culturale e civile condiviso con la galleria Massimo De Carlo che ci ha sostenuto in questi due anni di preparazione del progetto e che con altrettanta passione ha confermato il suo aiuto in questi mesi nonostante la pandemia”.
McArthur Binion è impegnato sin dagli anni '70 nella ricerca di un’alternativa all'arte minimalista, tramite la sua personale filosofia della griglia pittorica posta in dialogo con elementi autobiografici che vanno dalle pagine della sua rubrica telefonica alle fotografie ritrovate di linciaggi razziali. Il progetto, presentato al Museo Novecento e frutto di due anni di indagine, ha avuto la sua genesi nell’ideazione di una grande opera astratta su tavola, che sarà collocata nella cornice preesistente sopra l'altare della cappella rinascimentale al piano terra del museo, che costituisce una delle tre sale dedicate al ciclo espositivo Duel.
Le altre opere dell’artista, che interagiscono con gli altri due ambienti, consistono in due cicli pittorici animati dalla stessa ricerca sull'eredità della pittura astratta modernista in relazione a un contesto più ampio, ovvero all’esigenza della società umana di lasciare tracce e storia di sé, ma al contempo di proiettarsi nel futuro. Tale approccio ha portato McArthur Binion ad amplificare la sua ricerca attorno a un gesto artistico che comprenda sia la pratica pittorica che quella scultorea, sia una dimensione assoluta e monocromatica, che una composta di narrazioni intime e personali.
L'artista, per riflettere su questo processo da un punto di vista inedito, ha scelto di dialogare con la piccola terracotta Testa di donna proveniente dalla Raccolta Alberto Della Ragione nella collezione permanente del museo, che lo scultore Marino Marini realizzò nel 1939. Quest’ultima ha colpito Binion per la sua particolare intima fragilità, molto distante dai monumenti equestri da lui visti in precedenza, e per quel gesto dell’artista toscano di incidere la creta dando vita ai capelli, unica parte che umanizza la “testa”, la quale sembra piuttosto provenire da un tempo arcaico e senza storia. Tale collegamento permette di esplorare il modo plastico di intendere la pittura da parte di Binion alla base anche del ciclo Healing: work, opere in cui il colore monocromo si intreccia ad una superficie di carta composta da quadrati ripetuti di fogli presi dalla sua agenda personale o da altre fonti.
I fogli dell'agenda compongono anche la base della grande opera collocata sull'altare Modern Ancient Brown-Altar che indagano, in questo caso, il rapporto che si crea tra la griglia che emerge dalle carte e quella creata dalle linee del colore a olio con cui viene amplificata e negata. I dodici lavori Altar: work I-XII sono realizzati su una carta particolare e affrontano in modo differente la stessa forma della pala d'altare, oltre alla capacità del colore di emergere anche se ricoperto da più stratificazioni.
Fonte: Ufficio stampa
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