“Il nuovo Dpcm firmato ieri (18 ottobre 2020) dal premier Conte getta poche luci e molte ombre sul settore dei pubblici esercizi. Se bar e ristoranti in qualche modo si “salvano”, pur fortemente penalizzati in alcuni casi, senza congressi e cerimonie si decreta la morte di catering e banqueting. Le discoteche erano già state sacrificate. Insomma, si uccide il mondo dello svago e della socialità e quel sistema di imprese che ad oggi rappresentava un marchio identitario per il nostro Paese, uno stile di vita e un modello di accoglienza”. Lo afferma Aldo Cursano, che di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, è presidente regionale toscano e vicepresidente vicario nazionale.
“Anche se l’attività di bar e ristoranti resta più o meno garantita, ci sono molti fattori che indeboliscono la domanda”, prosegue Cursano, “intanto il ritorno al 75% dello smart working per gli uffici pubblici, che svuota le città e rende inutile la funzione dei nostri locali; poi l’allarmismo, non sempre giustificato, che ha spento la voglia di uscire e frequentare pub e ristoranti, pur nelle condizioni di massima sicurezza. Così è quasi inutile restare aperti, per qualcuno può essere una rimessa. Pure aver anticipato alle 18 la possibilità di consumare in piedi al bancone uccide la metà dei bar, già sofferenti per la mancanza di turisti e per lo smart working. Insomma, si è messo in terapia intensiva un intero settore che ha sempre svolto una funzione importantissima per la collettività”.
Da qui, la richiesta urgente della categoria: “per evitare che la pandemia sanitaria diventi una pandemia economica e sociale ancora più spaventosa chiediamo con urgenza tre forme di sostegno: indennizzi per il fatturato perso, rinnovo del credito d’imposta sugli affitti almeno fino alla fine dell’anno e proroga della cassa integrazione. La parola d’ordine deve essere salvare imprese e occupazione. Ma bisogna lavorare in fretta o sarà troppo tardi”, sottolinea con forza Cursano.
“Le poche luci del Dpcm”, spiega Cursano “consistono nella scelta di non anticipare ulteriormente la chiusura per il servizio al tavolo, già fissata alle ore 24 dal decreto del 13 ottobre, poi nella volontà del Governo di trovare forme risarcitorie per le imprese penalizzate dalle nuove regole. Segno che il Presidente del Consiglio, che ho incontrato la settimana scorsa a Roma insieme alla delegazione di Fipe-Confcommercio nazionale, ha compreso la serietà e il senso di responsabilità della nostra categoria. E se la ristorazione italiana, unica in Europa, in qualche modo può continuare a lavorare lo si deve a quell’incontro”.
Restano però molte ombre ad allungarsi pesanti sul futuro del comparto, che secondo le stime di Fipe ha già perso in Italia 24miliardi di euro dall’inizio della pandemia e rischia ora di perdere ogni mese un altro miliardo e 300 mila euro, con il risultato di mettere a rischio entro il 2020 la sopravvivenza di ben 300mila posti di lavoro e 50mila imprese, 3mila solo in Toscana sulle circa ventimila esistenti. “Servono subito misure compensative per salvare insieme alle imprese storie, identità e i sacrifici di una vita. Come Fipe-Confcommercio Toscana stiamo valutando le azioni da intraprendere”, conclude il presidente Aldo Cursano.
Il commento di Cannamela (Confesercenti)
“Occorre cambiare, e anche alla svelta, l’approccio del Governo sulla lotta al coronavirus”, questo il commento a caldo di Santino Cannamela, Presidente Confesercenti Città di Firenze, a poche ore dall’entrata in vigore dell’ennesimo DPCM sulla materia.
“Basta con la logica dei divieti e la lenta ma purtroppo inarrestabile stretta sulle attività economiche, secondo una logica che purtroppo abbiamo già visto ad inizio anno e che poi ci ha condotto al lockdown: qui occorre fare almeno 4 cose in modo serio e coerente:
1) Le attività che seguono e rispettano i protocolli di sicurezza, concordati a suo tempo con governo e CTS non possono essere oggetti di ulteriori restrizioni; non solo perché economicamente insostenibili, ma soprattutto perché, laddove si rispettano “le regole del gioco” non ci possono essere rischi di contagio.
2) Potenziare, con grandi investimenti, gli strumenti di prevenzione e di presidio sanitario sul territorio, anche ricorrendo al MES se necessario, superando logiche ideologiche e di contrapposizione politica che, data l’emergenza nazionale, devono essere necessariamente accantonate.
3) Rivoluzionare i tempi di accesso alla città, anche prevedendo soluzioni innovative sul fronte trasporto pubblico (magari in sinergia con i privati) e stabilendo nuove “turnazioni” tra mondo della scuola e quello del lavoro (se non ora quando?)
4) Stabilire una vera forma di ristoro per le attività più penalizzate dai divieti, e, più generale, dal virus, superando totalmente la logica degli aiuti a pioggia e del bonus contingente. Occorrono risorse certe, tempestive, mirate su base territoriale e tipologia d’impresa.
Se si vuole evitare il trend di aumento dei contagi e, compatibilmente evitare un nuovo lockdown o comunque un Natale “a scartamento ridotto” non possiamo più indugiare oltremodo.
Ci giochiamo molto, nelle prossime settimane.
Speriamo davvero prevalga un atteggiamento diverso da chi è chiamato, nell’ “ora più buia” ad assumere decisioni difficili e da ben ponderare” conclude Cannamela.
Da Confcommercio Pistoia e Prato
“È illogico continuare ad accanirsi contro ristoranti, bar e locali: non sono loro il veicolo del contagio.
Il nuovo DPCM continua a colpire un settore che, di questo passo, rischia una crisi irreversibile”.
Con queste parole FIPE-Confcommercio commenta i provvedimenti contenuti dal DPCM 18 Ottobre 2020, introdotti appena cinque giorni dopo dall’ultimo Decreto.
“Se da una parte, infatti, il Decreto ha scongiurato la temuta chiusura delle attività alle 22.00 – che era stata oggetto di discussione nei giorni scorsi – dall’altra continua a dare regole sempre più nette per tutte le aziende di somministrazione.
Lo stop a mezzanotte, il numero massimo di 6 coperti per tavolo e la possibilità di somministrare esclusivamente al tavolo dalle 18.00 invece che dalle 21.00 (come previsto dal DPCM 13 Ottobre), sono l’ennesimo colpo che rende sempre più difficile per le attività lo stesso svolgimento del proprio lavoro e che mette in ginocchio un intero settore.
Non ci dimentichiamo che parliamo delle stesse aziende che, con l’aumento dello smart working, hanno perso l’abituale giro della pausa pranzo e che, con la mancanza dei flussi turistici, stanno ancora facendo i conti con gravi perdite.
Continuare a responsabilizzare i pubblici esercizi con ulteriori e inutili restrizioni non è accettabile.
Non esiste infatti alcuna prova che le chiusure anticipate dei locali siano funzionali a ridurre gli assembramenti e, di conseguenza, la diffusione dei contagi.
Anzi, una frequentazione responsabile delle stesse attività garantisce il rispetto delle norme e delle misure di sicurezza previste, a differenza di quanto può accadere in lontananza delle attività.
Per questo, lo ribadiamo, servono i controlli.
Non possiamo pensare che la categoria accetti ulteriori provvedimenti sempre più penalizzanti senza che vengano messe in campo azioni concrete per avversare gli assembramenti.
I pubblici esercizi si stanno impegnando per sostenere i sacrifici che gli vengono chiesti.
Adesso però serve un segnale reale di sostegno alle imprese: contributi per le perdite subite da tutto il comparto e agevolazioni per le attività che, per motivi strutturali, svolgono l’attività principalmente al banco.
Altrimenti, rischiamo di perdere una delle categorie fondamentali per lo sviluppo e l’attrattività del territorio”.
Il commento Anva
“Il nuovo provvedimento che vieta sagre e fiere è incomprensibile, ancora una volta viene colpito pesantemente un settore, quello del commercio ambulante e delle partite iva, già messo a dura prova anche dopo il lockdown e che ha messo in atto, in questi mesi, tutti i protocolli di sicurezza per garantire la salute pubblica ed il lavoro di migliaia di attività, espressione della vitalità e dello sviluppo dei nostri territori”. Così Maurizio Innocenti, presidente di ANVA Confesercenti, commenta le misure adottate con il nuovo Dpcm che entrerà in vigore oggi. “Si tratta di eventi che si svolgono, in gran parte, all’aperto – prosegue Innocenti – nel pieno rispetto delle regole e che rappresentano, in una fase delicata come questa, un momento di socialità importante ed ordinato per le comunità e l’economia locale. Si poteva ragionare sull’anticipo degli orari di chiusura, sia per le fiere del food che del non food, così come non ci sembra corretto scaricare sui sindaci le responsabilità di chiusure di piazze e via in cui si verificano assembramenti”. “Nei prossimi giorni svolgeremo iniziative di protesta, decidere di chiudere è una scelta sbagliata – conclude il presidente – ed infligge un ulteriore grave danno economico alla categoria che invece ha bisogno di garanzie, certezze e, soprattutto, se messa nella condizione di non poter svolgere la propria attività, di sostegni economici rapidi ed adeguati”.
Fonte: Ufficio Stampa
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