In merito al sequestro operato a luglio del bar-ristorante Centrale a Montecatini dalla guardia di finanza, il tribunale del riesame di Firenze ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare per Paolo Posillico, 50enne originario di Prato e residente a Montecatini.
Il provvedimento, emesso dal Gip del tribunale di Pistoia, prevedeva, oltre alla misura cautelare in carcere, anche il sequestro dell’esercizio commerciale e delle quote dei due soci Ina Frumos, 37 anni, compagna di Posillico e Tony Manna, indagati anche loro per concorso di trasferimento fraudolento di beni.
Posillico era stato ritenuto un collaboratore della camorra per fatti a lui contestati risalenti al 2005, un “personaggio di notevole spessore criminale” come riportato sull’ordinanza di arresto. Ma niente di tutto questo è mai stato sentenziato da un giudice, da un tribunale, confermato da prove o accusa formulata contro lo stesso.
“Come al solito - dichiara Paolo Posillico - hanno fatto un collegamento sbagliato che ha trasmesso alle persone, ai nostri clienti, ai fornitori, ai nostri dipendenti e alla mia famiglia, una visione non reale dei fatti. Colgo l’occasione per dichiarare con la massima tranquillità che non sono un camorrista e che non ho niente a che fare con la famiglia Terracciano. Anzi, mi ritengo un uomo serio e un bravo professionista della ristorazione. Credo che, chi realmente mi conosce, non possa che confermare quanto sto dichiarando, tanto che, dopo anni di intercettazioni telefoniche e indagini sul mio conto, non sono mai emersi rapporti con personaggi poco raccomandabili, tantomeno con i Terracciano ai quali vengo sempre associato senza prove”.
“Non sono mai stato condannato, ho solo un’imputazione ancora in corso in primo grado, per fatti avvenuti quindici anni fa. Ho fiducia nella magistratura e spero che questa storia si chiuda al più presto, visto che da 15 anni sto aspettando un giudizio. Sono sicuro di poter dimostrare la mia estraneità ai fatti”.
Paolo Posillico si riferisce al maxi processo al clan Terracciano, in corso nell’aula bunker di Firenze, in cui figura tra gli imputati per “associazione a delinquere per stampo mafioso”.
“Questa vicenda - prosegue Posillico - mi sta danneggiando pesantemente. Ho sempre fatto il mio lavoro, che è gestire ristoranti, e oggi, come accertato anche dal Tribunale del riesame, assumo regolarmente il ruolo di direttore del ristorante Centrale di Montecatini Terme, gestito dalla mia compagna Ina Frumos. Sentirsi dare del camorrista, leggere i titoli dei giornali, essere arrestato con uno spiegamento di forze enorme, fa male. Sto pagando a tutti i livelli: economico, personale e di salute. Lo voglio ripetere: non ho mai avuto rapporti con la camorra e per questo mi sto rivolgendo anche all’AIVM, Associazione Italiana Vittime di Malagiustizia”.
In questo ultimo caso dello scorso luglio, Il Tribunale per il Riesame di Firenze ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare, disposta dal g.i.p. di Pistoia nei confronti di Paolo Posillico, per l’ipotesi di intestazione fittizia di beni. Il collegio fiorentino ha “escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza”, evidenziando che dalla ricostruzione contabile allegata dalla difesa dell’indagato, fosse chiara la lecita provenienza dei fondi da parte di Ina Frumos, compagna del Posillico, socia della Centrale s.r.l., anch’essa indagata.
Per altro verso, il Tribunale della cautela ha valorizzato gli esiti delle investigazioni difensive, dalle quali traevano ampia e lecita spiegazione tutte le condotte contestate a Paolo Posillico, ritenendo che lo stesso avesse operato correttamente come direttore generale del ristorante Centrale senza commettere alcun reato.
La vicenda, ad oggi definita con il provvedimento di cui sopra, ha avuto un ulteriore seguito, con l’accoglimento dell’istanza di restituzione delle quote societarie e di quanto in sequestro all’amministratore Frumos che ha ripreso le proprie funzioni.
“Sono stata da subito fiduciosa nella positiva definizione della vicenda - dichiara Ina Frumos, amministratore del ristorante Centrale - tuttavia mi ha francamente allarmato la circostanza che venissero disposte due misure così invasive nella vita del mio compagno e nella gestione di una attività assolutamente lecita, quale è quella che amministro al ristorante Centrale. Tutto questo avveniva senza che venissero fatte le opportune, quanto necessarie, verifiche in ordine alla provenienza dei fondi da me utilizzati per l’acquisto delle mie quote societarie, cosciente di aver sempre agito nella massima trasparenza e legalità”.
“Oggi posso solo dire di essere felice per mia figlia che ha appena sedici anni e che in forza di questa vicenda ha subito un vero e proprio shock, tanto da temere per la sua serenità mentale. Oggi potrà finalmente tornare ad uscire a testa alta, orgogliosa del lavoro di sua madre e di suo padre. Ringrazio i nostri avvocati Francesco Bevaqua e Decimo Lopresti, ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine ed i clienti più affezionati che hanno ritenuto di non farsi condizionare, né dalle notizie dei giornali, né da quanto prospettato all’esterno al momento dell’applicazione delle misure cautelari”.
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