Nuovi accorgimenti da inserire nel protocollo di sicurezza per migliorare la percezione di sicurezza e prevenire quanto sta accadendo negli altri paesi alle prese con nuove fasi di lockdown. Accorgimenti, che accompagnano il ristoratore nella sua attività dal momento della prenotazione fino all'uscita del cliente dal ristorante, messi nero su bianco dai Ristoratori Toscana, gruppo che rappresenta mille aziende a Firenze e 15mila in Toscana.
“Questi accorgimenti, che sono il frutto di mesi di lavoro passati nei nostri spazi ad osservare i comportamenti delle persone, le difficoltà dei dipendenti e la situazione sanitaria di tutto il paese, da valutare con chi di competenza, vorremmo fossero messi a disposizione di tutta la collettività. Per questo chiediamo al ministro Speranza un incontro durante il quale presenteremo il nostro documento” spiega Pasquale Naccari, portavoce del gruppo Ristoratori Toscana.
“Siamo stati i primi – riprende - a chiedere di poter chiudere, prima che ci fosse imposto dalle autorità con l'inizio del lockdown, proprio per la salute dei nostri clienti e di tutta la città. Oggi, come categoria, siamo i primi a chiedere con urgenza un incontro. Prima che sia troppo tardi. Al tempo stesso chiediamo alla collettività di rispettare le regole come lo stiamo facendo noi ristoratori. Perché i nostri ristoranti non sono assolutamente i luoghi del contagio ma sono spazi sicuri e noi ristoratori siamo sottoposti a regolamenti che sono tra i più rigidi in assoluto. Sappiamo benissimo che i focolai non partono dai nostri spazi e che noi siamo tra i pochi a rispettare tutte le norme. Basta vedere quello che succede nelle piazze o nelle strade o nei supermercati”.
Poi Naccari lancia un appello: “Noi vogliamo fare la nostra parte. Abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti. Uniamoci tutti insieme per superare questa fase critica mettendo al centro la salute ma non dimenticando l'importanza che l'economia ha sulla vita delle persone e che potrebbe finire con il condizionare la salute. Oggi tanti imprenditori stanno andando in depressione, soprattutto nelle città d'arte come Firenze. Vedono il buio e noi dobbiamo dargli la luce. Ma siamo in guerra e in guerra non ci si può far trovare impreparati”.
Fonte: Ufficio Stampa
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