Un protocollo capace di prevedere una sorta di “filiera” che permetta all'azienda di mettersi a disposizione del territorio in termini di formazione professionale, coinvolgendo nell'orientamento anche le scuole del primo ciclo e far vedere il lavoro sul territorio, i possibili sbocchi e le strade future in termini di studio. C'è anche un pezzo della “battaglia” dell'imprenditore di Fucecchio (Firenze) Ivo Mancini all'interno dell'iniziativa che la Regione Toscana sta studiando per aiutare i più giovani a conoscere le proprie attitudini professionali. La novità allo studio è stata annunciata ieri, domenica 2 agosto, nel corso di un incontro dal titolo “Cm Futura, una speranza per i giovani e il lavoro”, organizzato al Caffè della Versiliana di Marina di Pietrasanta (Lucca), a cui era presente l'85enne titolare della Futura Lavorazioni Meccaniche di Santa Croce sull'Arno (Pisa), assieme all'assessore all'Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Toscana, Cristina Grieco, e la giornalista Claudia Fusani, moderati da Claudio Sottili. All'invito di Mancini di voler mettere insieme le forze e migliorare il rapporto tra istruzione e lavoro, forte della sua esperienza che lo ha portato a creare una scuola di meccanica nella sua azienda, hanno risposto anche un gruppo di imprenditori provenienti dal reggiano, i quali venuti a conoscenza dalle cronache nazionali della campagna promossa dall'imprenditore fucecchiese hanno voluto portare il loro contributo e sostegno. Tra questi il vicepresidente di Unindustria Reggio Emilia Claudio Galli, Vinicio Negri della Nevicolor di Luzzara e Maria Cristina Gherpelli della Ghepi di Cavriago.
Mancini, nel corso dell'incontro, ha voluto sottolineare il bisogno non solo di dover formare tecnici specializzati per l'artigianato di alta qualità, ma anche di aiutare i giovani a diventare nuovi imprenditori in quanto, senza imprese, non esiste nemmeno la possibilità di agevolare il lavoro dipendente. «Gli imprenditori – ha spiegato Mancini – rappresentano una categoria sempre presa da impegni, ma questa necessità della difficoltà di ricambio generazionale è vissuta. Prevedo che si possa arrivare a una collaborazione più ampia tra industriali per poter farci sentire anche a livelli più alti. Penso alle piccole aziende: se l'imprenditore che ha investito deve a un certo punto lasciare, a chi lo può fare? Manca gente che produca posti di lavoro, ricchezza, valore aggiunto. Quella degli imprenditori è una categoria che sta morendo, un tempo si poteva sognare, è sparito l'entusiasmo. Il rischio è che certi saperi poi vadano dispersi. Per questo io mi sono proposto per fare da maestro ai giovani e fare capire loro il mondo del lavoro e le proprie opportunità».
L'idea di portare anche i bambini della scuola primaria a conoscere le aziende, sostenuta da Mancini e più volte proposta anche agli amministratori locali del Comprensorio del Cuoio, viene praticata in altri territori come ha spiegato Claudio Galli. «C'è un progetto promosso da noi da alcuni anni che si chiama “Bet She Can” – spiega il numero due dell'Unindustria di Reggio Emilia – in cui le scuole preparano le ragazze in un percorso e poi loro passano un paio di giornate in azienda, la vedono, ascoltano e parlano con i manager, per cominciare a vedere che cosa è. Forniamo loro una visione di un possibile futuro: noi non pretendiamo in fabbrica di piacere a tutti, ma diamo la possibilità ai più giovani di valutare, anche di escludere, un possibile percorso per il domani. Però normalmente piacciamo molto, perché facciamo vedere la fabbrica come è oggi stigmatizzando i racconti di chi descrive gli ambienti di lavoro come quelli di mezzo secolo fa».
«Ivo Mancini è un imprenditore illuminato – sono le conclusioni dell'assessore regionale Cristina Grieco – ha avuto questa idea prima di altri e l'ho seguito dal taglio del nastro della Futura fino a oggi che siamo in grado di stipulare un protocollo per far intervenire tutti in un sistema virtuoso. Lui può mettere a disposizione il suo laboratorio con macchinari all'avanguardia e questo deve servire per tutta la filiera, dall'orientamento dei ragazzi per far vedere l'azienda oggi fino alla formazione degli insegnanti stessi per aggiornare e adeguare le loro competenze. È un passo inevitabile e che non basterà: serve anche un balzo culturale per questo Paese. Anche le famiglie devono capire l'eguale dignità tra scegliere un percorso professionalizzante e gli altri cammini di studio».
Fonte: Ufficio Stampa
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