Ceccardi: "Alleati non mi hanno difesa su offese personali. Salvini sbagliò su Boldrini"

“Non ci sono rimasta male per le parole in sé. Quanto perché non mi aspettavo né mi aspetto che una campagna elettorale come questa si giochi sugli insulti e sulle offese personali. Diciamo che mi sono sentita umiliata due volte. La prima perché mi sono beccata l'insulto, e vabbè. La seconda perché non sono stata difesa da nessuno al di fuori del mio schieramento. Fossi stata di sinistra, invece, in tantissimi avrebbero solidarizzato con me”. Così Susanna Ceccardi, europarlamentare della Lega e candidata, per il centrodestra, alla carica di presidente alle prossime Regioni in Toscana, in un’intervista a Tommaso Labate su 7 del Corriere della Sera.

“Riconosco -aggiunge Ceccardi- che noi politici, a volte, siamo sovraesposti. Una diretta qua, un'intervista là, un comizio su, il tutto spesso in sequenza. A volte non controlliamo quello che diciamo”. Sia sincera. Le ha dava fastidio quando il suo leader Salvini prendeva di mira Laura Boldrini o lì andava bene? “No, non mi andava bene affatto e non ho problemi a dirlo. Soprattutto perché conosco Salvini e so che non è affatto sessista. La doppia morale, ripeto, la si trova più a sinistra. Infatti non sono stata difesa da nessuno, né quando Giani mi ha associata a un guinzaglio né quando altri hanno detto che ero una protesi di Matteo”

Ceccardi, in altri passaggi dell’intervista, precisa che il suo percorso politico, a destra, in Toscana, è nato anche come “protesta contro quel meccanismo di potere secondo cui per lavorare dovevi avere la tessera del partito in tasca”. Quanto alla Regione Toscana, negli ultimi dieci anni non c'è stata un'idea strategica. Non un disegno, un sogno, un progetto. Non s'è fatto il termovalorizzatore né altre opere. La Regione si è retta solo sull'operosità dei toscani. Così non si può andare avanti”.

Susanna Ceccardi si riconosce nell'aggettivo ‘sovranista’? «SÌ. Per come è mutuato dall'articolo i della Costituzione. Mi sento sovranista in Europa, soprattutto, dove molte delle istituzioni che decidono per noi non sono state elette dal popolo».

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