Mentre l'Umbria rende più difficile l'aborto farmacologico, imponendo il ricovero ordinario alle donne che assumono la Ru486, la Toscana va in direzione opposta. Secondo quanto si apprende da Repubblica, lunedì verrà approvata una delibera regionale per permettere la somministrazione del farmaco anche in strutture territoriali, che però dovranno essere collegate a un ospedale. È la prima regione italiana a compiere una scelta del genere, visto che la maggior parte degli ospedali utilizza il sistema del day hospital per consegnare il farmaco alle donne, che vengono poi dimesse e invitate a tornare per assumere un altro medicinale.
“Alla luce del gravissimo e ingiustificato passo indietro della Regione Umbria, apprezziamo la scelta della Toscana che apre alla Interruzione Volontaria Di Gravidanza farmacologica in regime ambulatoriale. Una scelta che rispetta le donne, tutela il loro diritto alla salute, in ragione della libertà di scelta e della adeguatezza delle prestazioni. Un grande passo in avanti che deve, quindi, diventare un modello virtuoso da seguire per tutte le altre regioni”, ha commentato Filomena Gallo, avvocato e Segretario Nazionale della Associazione Luca Coscioni, “il ricovero deve essere un’opzione, valutata dal medico, come l’intero percorso da seguire per arrivare all’interruzione volontaria della gravidanza, non un obbligo. Non esiste, infatti, in letteratura alcun dato che giustifichi un ricovero ospedaliero per la IVG farmacologica. Il Ministro della Salute Roberto Speranza su questo tema ha formalmente richiesto un parere al Consiglio Superiore di Sanità, sarebbe opportuno ascoltare anche il parere dei medici non obiettori per avere un quadro completo della situazione”.
“Oltre a questo – conclude Gallo - va considerata la possibilità di estendere il limite di tempo per l’Ivg farmacologica da 7 a 9 settimane, come da linee guida internazionali applicate nel resto d’Europa (negli Stati Uniti si arriva a 10). Sarebbe un passo necessario a ridare centralità al diritto alle scelte riproduttive e alla salute di molte donne nel nostro Paese”.
Un recente sondaggio SWG, commissionato dall'Associazione Luca Coscioni, evidenziava che più di 1 italiano su 3 ritiene necessario facilitare l’accesso alla IVG (Interruzione volontaria di gravidanza) farmacologica permettendo il regime ambulatoriale, il trattamento a casa ed eliminando la raccomandazione del regime di ricovero ordinario.
In Italia solo al 20% delle donne viene data la possibilità di ricorrere ad aborto farmacologico in day hospital, a causa delle differenze regionali circa il numero di interventi realizzabili, strutture e figure professionali disponibili. Ad oggi su venti regioni solo in quattro - Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio - le amministrazioni hanno scelto di offrire alle donne che decidono di abortire con i farmaci l’opzione di farlo in Day hospital. Le linee di indirizzo del Ministero, basate sul parere espresso dal Consiglio superiore di Sanità il 18 marzo 2010, prevedono che l’aborto farmacologico debba essere effettuato solo dietro ricovero ospedaliero e anche se alle Regioni è stata poi lasciata la possibilità di organizzarsi diversamente, solo un quinto ha pensato di avvalersene.
Fonte: Associazione Luca Coscioni
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