Classi pollaio, la lettera al ministro Azzolina dai prof del Pontormo di Empoli

Lucia Azzolina
Lucia Azzolina

La tragica situazione creatasi per pandemia Coronavirus e la dolorosa ma necessaria sospensione delle attività didattiche in presenza hanno riportato la scuola alle luci della ribalta: luci sempre piuttosto fioche, in verità, ma, come era prevedibile e auspicabile, d’improvviso ancora una volta amplificate, quando ci siamo resi conto che il futuro di un Paese risiede nella concreta occasione di futuro offerto alle giovani generazioni in termini di formazione e diritto allo studio.

Ci siamo accorti di un ritardo quasi ventennale in infrastrutture e competenze digitali e siamo dovuti correre al riparo in tempi che, come di consueto nel nostro Paese, sono purtroppo quasi sempre dettati più da esigenze contingenti che non da previdenza e cura nel tempo. Eppure abbiamo resistito, in alcuni casi mostrato eccellenza e capacità di resilienza impensate e inaspettate, pur con il divario da sempre esistente tra le varie realtà geografiche e sociali che connotano il nostro Paese.

Abbiamo accolto prima l’invito e poi le disposizioni ministeriali e la scuola non si è fermata. La scuola non si ferma, non può e non deve fermarsi. Ma per dare un senso reale a questa
affermazione e non vanificarla, adesso, chiediamo un atto di coraggio e l’oggettiva dimostrazione che tutti stiamo facendo sul serio, che l’occasione per restituire alla scuola un autentico volto di dignità e di coerenza non vada sprecata.

Occorre una visione: ripensare alle classi secondo un modello ormai diffuso in gran parte dei Paesi europei, ovvero per gruppi e per livelli, combattendo la fissità e la rigidità imposte dai decreti gentiliani; ripensare al ruolo dei docenti in quelle classi, non più come meri avamposti di trasmissione di contenuti, ma come reali facilitatori di apprendimenti in una società globale, complessa e insidiosa.

Inutile e dannoso contrapporre didattica in presenza a didattica a distanza: per poter promuovere il successo formativo e poter davvero porre al centro del processo educativo lo studente non serve rottamare, occorre integrare tradizione e innovazione: lezioni frontali con didattica laboratoriale, individuale e cooperativa, in ottica di apprendimento costruttivista, classe rovesciata, l’enorme panorama di applicazioni tecnologiche utili per tutti gli studenti, ancor più per i ragazzi con bisogni speciali, per inclusione e disturbi specifici di apprendimento. E occorre tornare fisicamente nelle aule e nei laboratori: recuperare l’empatia, l’incontro, il confronto e lo scontro, che sempre nascono da un vissuto autentico e non virtuale.

Si possono insegnare e apprendere i nuclei fondanti di quasi ogni disciplina a distanza, soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado, e i nostri studenti lo hanno saputo dimostrare. E tuttavia, a distanza, non si può imparare a ‘diventare grandi’. Ed eccoci quindi al punto, la vera questione che sta suscitando legittime ondate di protesta in tutto il
Paese: in classi che superano i 20 studenti, quanto or ora menzionato rimarrà solo un utopico sogno, lettera morta, vanificando gli sforzi ad oggi prestati, sbarrando veramente le porte al salvifico Cigno Nero del cambiamento.

In classi che raggiungono anche i 30/32 studenti non resta che la lezione frontale, lasciare indietro chi non ce la fa e non si attaglia ai ritmi e agli stili di apprendimento imperanti, promuovere con sufficienza risicata, talvolta di convenienza, onde evitare i sempre più dilaganti contenziosi con alunni e famiglie. Il Coronavirus ha solo portato alle estreme
conseguenze un dato che già ogni docente conosceva, ha frustrato ancor più le sue ansie di riuscire a promuovere alla vita i propri studenti, visto che ora quella vita occorre in primis tutelarla, proteggerla, prima ancora che aiutarla a crescere.

E non vogliamo qui adesso ricordare anche i rischi per la classe insegnante connessi all’età media dei docenti italiani, i più anziani al mondo, visto che, dato Ocse gennaio 2020,
supera i 59 anni. Che dire, poi, sui dati impietosi relativi al mancato rispetto delle norme di sicurezza? Una triste realtà per la maggior parte degli edifici scolastici in Italia.

Pertanto, l’unico primo passo che può segnare un vero primo punto di discontinuità rispetto a riforme e governi precedenti è affrontare con coraggio e adeguati investimenti la questione dell'edilizia scolastica e del sovraffollamento nelle classi, le cosiddette ‘classi pollaio’. Che cosa ne è e ne sarà delle misure inerenti la scuola di cui si legge nel Decreto Milleproroghe approvato in Senato con legge n.8 del 28 febbraio 2020 ed entrato in vigore dal 1 marzo? Possiamo sperare in una sua reale attuazione?

[...] Nell’attesa che il governo si assuma precise e inderogabili responsabilità e mandi un segnale di vera discontinuità con il passato, La salutiamo cordialmente, Le auguriamo un proficuo lavoro, consapevoli di quanto certe scelte, mai scontate e pur gravose in termini economici, siano però le prime da perseguire nell’immediato, se davvero vogliamo continuare a credere che abbandono e dispersione scolastica possano essere combattuti con efficacia, se supportiamo la qualità della scuola pubblica, se vogliamo davvero attuare il dettato costituzionale. Fermiamo le soppressioni e gli accorpamenti delle classi. Facciamolo ora.

I docenti dell’Istituto di Istruzione Secondaria “Il Pontormo” di Empoli (Fi)

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