L’Università di Pisa si conferma una sede fortemente attrattiva, con quasi la metà dei laureati magistrali proveniente da fuori regione, che assicura percentuali occupazionali più alte e maggiori retribuzioni sia rispetto alla media toscana che a quella nazionale. Sono questi i principali dati che emergono dal XXII Rapporto sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati di AlmaLaurea, presentato negli scorsi giorni in diretta web dalla sede del MUR. Il Rapporto ha analizzato le performance formative di oltre 290 mila studenti che hanno conseguito il titolo nel 2019 nelle 76 università aderenti al Consorzio, registrando anche il loro grado di soddisfazione rispetto all’esperienza universitaria. Il Rapporto sulla condizione occupazionale ha invece analizzato 650 mila laureati e laureati magistrali del 2018, 2016 e 2014 contattati, rispettivamente, a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo.
Profilo laureati
I laureati nel 2019 sono stati 7.539. Si tratta di 4.294 di primo livello, 2.343 magistrali biennali e 882 magistrali a ciclo unico; i restanti sono laureati in altri corsi pre-riforma.
L’Ateneo sembra però meno capace di attrarre studenti stranieri - la quota di laureati di cittadinanza estera è complessivamente pari al 2,5%: il 2,2% tra i triennali e il 3,2% tra i magistrali biennali (contro, rispettivamente, il 3,1% e il 5,5% a livello nazionale). Si conferma però, e anzi si rafforza, la capacità di attrarre studenti da fuori regione, con una quota complessiva del 34,3% dei laureati; in particolare è il 30,9% tra i triennali e il 43,0% tra i magistrali biennali (rispetto al 20,1% e al 29,4% del dato nazionale), a riprova della notevole importanza che questa componente studentesca riveste per tutto il tessuto sociale ed economico della città.
Anche a Pisa, come nel resto d’Italia, estremamente elevata (78,7%) la quota di studenti che si immatricolano in possesso di un diploma di tipo liceale mentre possiede un diploma tecnico solo il 18,5% dei laureati, confermando la limitata predisposizione di questo tipo di diploma ad accedere all’istruzione superiore universitaria.
Se consideriamo l’età media alla laurea e la regolarità del percorso di studio vediamo che a Pisa complessivamente l’età alla laurea è in linea col dato nazionale (25,9 rispetto a 25,8), ma è inferiore la quota di laureati in corso (complessivamente il 35,7% contro il 55,7% nazionale) ma con un voto medio di laurea più elevato (104,3 contro 103,1). Insomma i pisani si confermano mediamente più bravi ma più lenti.
Un dato in controtendenza rispetto allo scenario nazionale è la percentuale di studenti che svolgono tirocini curriculari (45,2% contro 59,9% del dato nazionale), che fanno esperienze di studio all’estero (8,8% contro 11,2%) e che fanno esperienze lavorative durante gli studi (57,4% contro il 65,2% nazionale).
Complessivamente gli studenti sono soddisfatti dell’esperienza universitaria. L’85,3% dei laureati è soddisfatto del rapporto con il corpo docente e il 79,0% ritiene il carico di studio adeguato alla durata del corso. In merito alle infrastrutture messe a disposizione dall’Ateneo, il 68,7% dei laureati che le ha utilizzate considera le aule adeguate. Più in generale, l’87,6% dei laureati si dichiara soddisfatto dell’esperienza universitaria nel suo complesso
E quanti si iscriverebbero di nuovo all'Ateneo pisano? Il 71,7% degli intervistati sceglierebbe nuovamente lo stesso corso e la stessa sede, mentre il 9,5% si riscriverebbe allo stesso Ateneo, ma cambiando corso. Insomma una chiara dimostrazione di forte apprezzamento per gli studi fatti e per la città che li ha ospitati nei loro anni migliori.
Condizione occupazionale
L’Indagine sulla Condizione occupazionale ha riguardato complessivamente 13.389 laureati dell'Università di Pisa. I dati si concentrano sull’analisi delle performance dei laureati triennali e magistrali usciti nel 2018 e intervistati a un anno dal titolo e su quelle dei laureati magistrali del 2014 e intervistati dopo cinque anni.
Poiché tradizionalmente i laureati di triennali decidono di proseguire il percorso formativo con un corso di secondo livello (la quota è del 67,7%) ci soffermiamo sui dati occupazionali dei laureati magistrali biennali a uno e a cinque anni dalla laurea.
I laureati magistrali del 2018 contattati dopo un anno dal titolo sono 3.350 (di cui 2.411 magistrali biennali e 939 magistrali a ciclo unico), quelli del 2014 contattati a cinque anni sono 2.890 (di cui 2.113 magistrali biennali e 777 magistrali a ciclo unico), un campione quindi altamente rappresentativo.
A un anno
Tra i laureati magistrali del 2018 il tasso di occupazione (cioè di coloro che sono impegnati in un’attività retribuita, di lavoro o di formazione) è pari complessivamente al 76,1% (80,6% tra i magistrali biennali e 66,2% tra i magistrali a ciclo unico) rispetto al 71,7% nazionale e al 73,9% regionale.
La retribuzione è in media di 1.312 euro mensili netti (1.296 euro per i magistrali biennali e 1.364 euro per i magistrali a ciclo unico). Il dato regionale è di € 1.263 e quello nazionale è di € 1.285.
Il 62,3% degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro che sta svolgendo (il 55,6% tra i magistrali biennali e l’84,1% tra i magistrali a ciclo unico); inoltre, il 53,8% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite durante il percorso di studi (49,6% tra i magistrali biennali e 67,7% tra i magistrali a ciclo unico).
A cinque anni
Il tasso di occupazione dei laureati magistrali del 2014 è pari all’88,9% (89,0% per i magistrali biennali e 88,4% per i magistrali a ciclo unico), il dato regionale è pari a 88,0% e quello nazionale 86,8%.
Le retribuzioni arrivano in media a 1.625 euro mensili netti (1.639 per i magistrali biennali e 1.575 per i magistrali a ciclo unico). Il dato regionale è inferiore di € 92 e quello nazionale di ben € 126. Una ottima affermazione anche in senso retributivo dei nostri laureati.
Con gli anni cresce anche il grado di soddisfazione per il titolo di studio. Il 65,4% degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro svolto (è il 60,8% tra i magistrali biennali e ben l’80,7% tra i magistrali a ciclo unico); il 54,8% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite all’università (51,2% tra i magistrali biennali e 66,9% tra i magistrali a ciclo unico).
Ma dove vanno a lavorare? Il 73,3% dei laureati è inserito nel settore privato, mentre il 23,0% nel pubblico. La restante quota lavora nel non-profit 3,6%. L’ambito dei servizi assorbe il 72,2%, mentre l’industria accoglie il 25,8% degli occupati; 1,2% la quota di chi lavora nel settore dell’agricoltura.
“I dati del XXII Rapporto mostrano che complessivamente il sistema universitario italiano, prima della pandemia, era in costante miglioramento rispetto al passato, con una crescita del numero di studenti e di immatricolati, anche se ancora basso rispetto ai paesi europei, e una costante riduzione dei tempi di conseguimento del titolo di studio e del tasso di abbandono – ha dichiarato il professor Rossano Massai, prorettore per gli Studenti e delegato al Placement di Ateneo - I dati dell’Università di Pisa per il 2019 sono in linea con questa tendenza, anzi i tassi occupazionali e i salari si sono confermati superiori alla media nazionale. E’ importante non disperdere questo patrimonio di competenze e valorizzarlo per il futuro: la fine dell’emergenza per il Covid-19 avrà bisogno di tutta la preparazione e l’inventiva dei nostri laureati per riavviare il processo di innovazione e ammodernamento del nostro Paese, bruscamente interrotto dalla pandemia. Mai come ora si rende necessaria una politica attiva dei nostri governanti per evitare l’allontanamento dei giovani dal percorso universitario e per dare piena consistenza al concetto di diritto allo studio. Il nostro Ateneo sta mettendo in campo tutte le risorse e le strategie disponibili per non interrompere la tendenza positiva degli ultimi anni sia in tema di didattica che di ricerca e anche per dare al contesto cittadino e territoriale un supporto indispensabile per la crescita".
Fonte: Università di Pisa - Ufficio stampa
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