Dichiarazione della Segreteria Regionale del PCI Toscana
Il PCI – Partito Comunista Italiano della Toscana aderisce alle ragioni dello sciopero dei braccianti agricoli del 21 maggio indetto dalla USB attraverso il suo rappresentante Aboubakar Soumahoro.
Aderisce altresì all’ invito rivolto ai consumatori ad astenersi per la stessa giornata dall’ acquisto di frutta e verdura nei supermercati e discount in segno di solidarietà allo sciopero.
Il PCI ritiene che sia finalmente e definitivamente venuto il tempo di affrontare di petto la grande questione della condizione dei lavoratori braccianti del comparto agricolo italiano (immigrati e no).
Se già la situazione di questi lavoratori si presentava come gravissima prima dell’ insorgere della problematica corona virus, dopo di essa ha assunto una dimensione che, oltre alla non tollerabilità precedente, assomma il rischio di un ritorno ed una recrudescenza del virus che non sarebbe assolutamente sostenibile per l’ intera comunità.
E’ perfino inutile ricordare per l’ ennesima volta le umilianti condizioni di degrado e vero e proprio abbrutimento in cui questi nostri fratelli e sorelle si trovano costretti a sopravvivere: baraccopoli nel fango, prive di energia elettrica, di acqua potabile, di qualsivoglia strumento atto a garantire la benché minima sicurezza nelle quali quali si ammassano in spazi ristretti , senza nessun igiene (altro che misure di contenimento !!) decine e decine di persone.
Non passa giorno in cui la cronaca locale di tutta Italia (con picchi drammatici nel Mezzogiorno) non ci trasmetta notizie di incendi negli accampamenti di fortuna e di incidenti stradali dovuti ai mezzi di trasporto fatiscenti e mai revisionati sui quali si ammassa quotidianamente un numero elevatissimo di persone destinate alle durissime, terribili fatiche del lavoro nei campi.
Anche la Toscana purtroppo, seppure in misura minore, non è esente da situazioni ed episodi di questo genere.
In questo contesto allignano e traggono linfa vitale i più criminali e devastanti interessi a partire da quelli esercitati delle varie mafie , dai caporali e da imprenditori agricoli senza scrupoli che non si peritano di ricorrere a manovalanza costretta al lavoro nero in condizioni paraschiavistiche e pagata con salari che gridano vendetta.
Ma non possiamo e non dobbiamo sottacere anche il fatto che moltissime volte anche i produttori risultano vittime dei costi insostenibili dovuti al funzionamento malato della filiera produzione/distribuzione/vendita all’ interno della quale risulta esserci sempre e soltanto un vincitore: La G.D.O. (Grande Distribuzione Organizzata) con i suoi grandi profitti.
Per il PCI le misure adottate ultimamente dal governo sul tema sono assolutamente insufficienti:
Si continua a privilegiare un’ ottica esclusivamente di tipo “emergenziale” , legandola a fattori principalmente commerciali e di mercato ( frutta e verdura lasciata a marcire nei campi e quindi invendibile) .
In questo senso la regolarizzazione dei braccianti è “contingentata temporalmente”, per il solo periodo occorrente a soddisfare i desiderata (leggasi sete di profitto) della G.D.O.
Il PCI non può non constatare come sia ormai necessario ed inderogabile ripensare il funzionamento di tutta la filiera attraverso un grande piano di investimenti nel comparto agricolo che allontani i piccoli e medi produttori (onesti) in primo luogo dal ricatto dei “prezzi bassi” e che consenta agli stessi, finalmente liberi dal criterio esasperato della concorrenza e della competitività commerciale a tutti i costi, di assicurare contratti di lavoro ai braccianti con una durata prolungata e a condizioni salariali , di sicurezza e di orario compatibili con la dignità dovuta ad ogni essere umano.
E’ tempo ormai di mettere definitivamente in discussione il mantra religioso della concorrenza al ribasso legata alla grande quantità e alla deflazione salariale.
E’ l’ora di una nuova coscienza collettiva che faccia sì che la G.D.O. cominci finalmente a pagare qualche pegno e che i costi economici della filiera vengano dirottati anche su di essa.
Per far ciò non servono provvedimenti tampone una tantum , come ci si ostina a rilasciare col contorno di scenette lacrimevoli ad uso e consumo di compiacenti telecamere: occorre innanzitutto un piano qualificato e prolungato che, a partire dalla regolarizzazione dei migranti slegata dai contratti di lavoro (si superi finalmente la sciagurata Bossi/Fini) estenda la sua azione all’aumento generalizzato dei salari ( non del solo comparto agricolo, tutti i salari) e delle pensioni, all’estensione delle misure di sicurezza per tutti, ad un grande piano di edilizia popolare abitativa che si prenda carico delle necessità di alloggio di tutti coloro che non ce l’ hanno (italiani e stranieri) come previsto dalla Costituzione.
Occorre dirottare le risorse dalla rendita parassitaria ai lavoratori e ai cittadini.
Meno , meglio nessuna, sovvenzioni a fondo perduto alle aziende con sede legale nei paradisi fiscali (FCA e non solo) , per esempio.
Occorre un cambio di paradigma, occorre un piano di investimenti e di destinazione delle risorse totalmente nuovo e adeguato ai tempi terribili che si approssimano.
Viva lo sciopero dei braccianti del 21 maggio
Fonte: Ufficio Stampa
Notizie correlate
Tutte le notizie di Toscana
<< Indietro