Qualche giorno fa è stata pubblicata la notizia del mancato rinnovo dell’accordo tra Unione dei Comuni e Università di Firenze che porterà, in tempi e modi non chiariti, alla chiusura dei corsi universitari della sede distaccata di Empoli e di Vinci. L’Unione dei Comuni – a trazione Pd - ha motivato la scelta come effetto dell’emergenza Covid19: i costi non sono più sostenibili, quindi non resta che tagliare. La Lega si è opposta a questa decisione, identificando nella perdita delle sedi universitarie un danno certo per le aziende del territorio, nonché per il settore terziario. Le due posizioni sono entrambe scorrette.
Non vogliamo entrare nel merito dell’utilità o meno della presenza di sedi universitarie in una città di provincia, pur considerando le disparità legate all'edilizia universitaria che contraddistinguono l'Ateneo fiorentino (con strutture fortemente decentrate nella stessa città di Firenze e in molti casi non adeguate). Le ragioni che portarono ad istituirle, per molti versi, non le condividiamo. Quello che ci preme è prendere le distanze dalle argomentazioni di entrambi. Nel fronteggiare questa decisione, Lega e Pd si dimostrano ancora una volta due facce della stessa medaglia, confermando di essere due declinazioni simili del modello di produzione e riproduzione neo-liberista, nonché i megafoni e espressione degli stessi interessi.
Quella che la Lega con la sua opposizione denuncia è una concezione dell'Università come funzionale al profitto. E poco importa se questo profitto sia personale – cioè di me studente che ho l’occasione di fare carriera e inserirmi nel tessuto produttivo locale - o delle aziende del territorio. La formazione è legittima e merita di essere difesa solo se è possibile metterla a valore. È scomparsa del tutto la sua funzione sociale e politica. Quella della Lega non è dunque la difesa della prossimità territoriale come mezzo per garantire l’accesso all’Università a una popolazione che non ne sarebbe intercettata. Ma è l’esatto contrario: il tentativo su scala locale di non lasciare nessuno spazio al di fuori delle logiche di mercato.
Dall’altra parte abbiamo un ente, fortemente caratterizzato politicamente, che sotto il grimaldello dell’emergenza è pronto a rimettere in discussione un progetto iniziato solo pochi anni fa, al grido tanto caro al Pd del “there is no alternative”. Tagli, austerity, sacrifici, meno servizi è la risposta alla crisi. Sembra proprio che il lockdown nel quale siamo ancora immersi non abbia insegnato nulla: sono stati proprio i tagli, l’austerity e i sacrifici a condurci all’emergenza. Se l’Università sul territorio non è essenziale, perché fino a poco tempo fa i nostri amministratori sono stati disposti a investirci? E se era essenziale allora, come mai adesso non lo è più, tanto che in meno di un mese si decide di toglierla? O non si conosce le esigenze del proprio territorio o si è fatto un errore di valutazione. Delle due l’una. In ogni caso il Pd conferma un atteggiamento che ben conosciamo: scaricare le responsabilità che gli sono proprie sulle spalle di qualcun altro: i cittadini incivili, la crisi, il mercato che si impone. Si agisce solo nell’emergenza, a livello macro e micro, e lo si fa senza lungimiranza, navigando a vista. Ma le istituzioni non sono solo arbitri fra i vari interessi privati: le istituzioni politiche sono soggetti da cui ci si aspetta scelte dettate dalla conoscenza del proprio territorio, la capacità di prevedere processi e inserirsi in un modello di sviluppo provando a raddrizzarne le storture, cercando di diminuire le disuguaglianze. La politica non è solo gestione dell’esistenze, è anche possibilità di invertire le rotte dell’esistente.
Fra le contraddizioni che l’emergenza sanitaria ha fatto esplodere ci sono anche quelle legate alla gestione e pianificazione delle città, grandi e piccole. Se non smettiamo di pensare i nostri luoghi come bacini di estrazione le crisi saranno destinate a ripetersi e noi avremmo sempre meno risorse per affrontarle. I territori sono ecosistemi complessi, da conoscere e interpretare. La politica non può esimersi dal rischio di gestirli e cambiarli: non per i pochi, ma per i molti.
Potere al Popolo Empolese Valdelsa
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