Sarà davvero un 1 maggio inedito. Una ricorrenza che viene celebrata in tutto il mondo dal lontano 1889, quando fu istituita a Parigi per ricordare l’orribile strage consumata a Chicago 3 anni prima, quest’anno non avrà manifestazioni.
Un sentimento contrastante caratterizza allora questa festa del lavoro: da un lato l’amarezza, per l’assenza di iniziative e manifestazioni, che tradizionalmente si tengono, in Italia e nel mondo; dall’altro la voglia di vivere in modo ancor più intenso questo 1 Maggio, di assaporarne più a fondo il valore.
Oggi non possiamo scendere in strada a festeggiare, non lo possiamo fare perché un nemico impalpabile, subdolo, pericoloso, non ci consente di riunire il popolo del lavoro, quel popolo che rende migliore la nostra vita ed è indispensabile per portare avanti il Paese come la chiusura delle attività produttive ha dimostrato.
Ma possiamo e dobbiamo comunque portare avanti le parole e le istanze dei lavoratori e delle lavoratrici che rappresentiamo.
A partire da coloro che troppo spesso sono invisibili ai grandi mezzi di comunicazione e che invece hanno mostrato quanto il loro lavoro sia importante: dagli addetti alle pulizie ai commessi e agli autisti. Che in questi settori (e non solo) si annidi lavoro povero e precarietà è una ferita che dovrà essere sanata rapidamente.
Troppo spesso sentiamo parlare del lavoro a sproposito, per lo più senza cognizione di causa, talvolta accusando i lavoratori e chi li rappresenta di inefficienza o, ancor peggio, di essere la fonte di molti problemi del Paese.
Oggi, solo oggi, è evidente a tutti l’importanza del lavoro, di quel mondo che non vive di rendita, non alimenta la bolla finanziaria, ma viceversa crea la ricchezza che rende grande un’economia reale e non fittizia; un mondo che consente, attraverso il lavoro, la realizzazione e la crescita democratica delle donne e degli uomini. Perché il lavoro, a differenza della rendita e della finanza speculativa, non consente solo la crescita individuale, ma anche e soprattutto quella collettiva, di tutta la comunità, nazionale e umana.
Quest’epidemia ha portato anche a valorizzare il lavoro pubblico, troppe volte accusato ingiustamente di scarso impegno e inefficienza e ora invece esaltato per quello che il sindacato ha sempre rivendicato: il suo valore per tutelare tutte e tutti, per raggiungere il miglioramento del benessere economico, sociale, ambientale delle comunità.
Noi aggiungiamo che serve tornare a dare centralità al pubblico nell’erogare welfare, superando la logica del mero profitto e del sistema degli appalti per ridurre costi e salario.
Nei prossimi mesi dovremo svolgere un lavoro ancor più importante: garantire la salute e sicurezza per tutti coloro che lavorano, a partire da quanto previsto dal Protocollo del 24 aprile, contrattare orari e ritmi di lavoro e di vita adeguati ai nuovi tempi, essere vigili per non lasciare indietro nessuno, soprattutto i più deboli e le fasce sociali più fragili, e impedire che la riorganizzazione produca perdita di occupazione.
Si aprirà una stagione con sfide difficili, noi puntiamo sulla tutela di un lavoro di qualità, dignitoso e giustamente retribuito come volano per un modello sociale più equo. È questa la sfida che lanciamo al Paese, alla politica e alle imprese.
In questo tempo anomalo, sarà un 1° maggio inedito; ma sarà sempre il 1 maggio del lavoro!
Cgil Cisl Uil
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