Quest’anno il corteo del primo maggio non ci sarà e quindi non ci saremo neppure noi, la prima volta dal lontano 1988 in cui fu occupato il centro sociale. Per chi ha basato la propria attività politica sulla socialità, chi sta combattendo il nuovo fascismo vivendo la città, chi ha sempre manifestato le proprie idee nelle strade e nelle piazze, non è una fase facile. Siamo fortemente preoccupati del controllo sociale che questa situazione determina ma sicuri che non riusciranno a tapparci la bocca. L'emergenza sanitaria dimostra il totale fallimento del modello neoliberista che ha anteposto gli interessi delle lobby finanziarie e delle banche ai diritti delle persone, fondato sulla preminenza dell’iniziativa privata ha aumentato le spese militari e quelle per le grandi opere inutili e devastanti riducendo quelle a sostegno dei servizi essenziali. Il capitalismo ci ha portati sull’orlo di una catastrofe ambientale mettendo a rischio l’ esistenza stessa della nostra specie. I delatori di turno cercano di catalizzare l’ attenzione sull’ untore sviando da quella narrazione scientifica che invece punta il dito verso la concezione predatoria dell’uomo verso il pianeta e le altre specie che lo popolano. Niente di più facile derivi dal consumo di carne a scopo alimentare di animali selvatici, sicuro è che si propaga più rapidamente in aree sovraffollate dal punto di vista demografico ed ha effetti più invasivi in territori compromessi dall’inquinamento ambientale e dove la povertà non garantisce una difesa sanitaria adeguata.
Stiamo assistendo ad una insopportabile retorica degli eroi in corsia (beato il paese che non ha bisogno di eroi) eppure il Servizio Sanitario Nazionale è stato particolarmente attaccato nell'ultimo decennio mediante tagli e privatizzazioni. Ad ogni manovra finanziaria abbiamo dovuto sopportare tagli a scuola, sanità e ricerca. Siamo il paese del numero chiuso alla facoltà di medicina, dei molti giovani ricercatori che fuggono dal precariato verso i paesi del nord Europa che il nazionalismo becero vorrebbe contrapporci. Anche nella "rossa" Toscana si sono accorpati i presidi ospedalieri e le lista di attesa sono infinite per poi essere spesso indirizzati in quelle strutture private convenzionate. Ecco perché la paura delle istituzioni nei confronti del Covid 19: le persone fragili colpite sarebbero morte non tanto per l’ aggressività del virus quanto per la mancanza di sale di rianimazione negli ospedali smantellati, svenduti. Stiamo pagando molto anche la riduzione delle ore destinate alle pulizie nelle strutture sanitarie pubbliche. Siamo convinti che i nostri medici e infermieri non abbiano bisogno di trincee quali sono diventati i pronto soccorso di molti ospedali, ma di fondi al fine di garantire la loro sicurezza, il tributo che hanno dovuto pagare in questa battaglia è intollerabile. Con loro ricordiamo anche tutte le altre categorie di lavoratori che, nonostante la paura del contagio , per loro e per i loro familiari, hanno continuato le loro attività in una fase così delicata. Da chi lavora per le tante cooperative in appalto nelle pulizie, chi nella logistica, alle poste, nei supermercati, nei servizi al pubblico, ecc. Citiamo tra i tanti gli operatori ecologici perché, nel silenzio più totale, contano contagiati e vittime. Servizio essenziale ad alto rischio contaminazione biologica, accentuato dal sistema di raccolta porta a porta. Eppure, anche nell’Empolese, ci sono operatori in appalto a cui non viene neppure riconosciuta l’ applicazione del CCNL di settore ma un contratto peggiorativo che niente ha a che fare con le mansioni dell’igiene ambientale. Altro che ringraziamenti e retorica, diamogli almeno ciò che gli spetta!
Non è infine difficile prevedere che cercheranno di far pagare la consequenziale crisi economica ai soliti noti, riprendiamo un vecchio slogan dalla crisi del 2008: NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO! Si cerchino i soldi nella parte di forbice che detiene la maggior parte della ricchezza. Occorre lavorare per un reddito universale contro la crisi sistemica. Per un nuovo welfare e una fiscalità redistributiva all'interno di un progetto alternativo di modello produttivo e sociale per affrontare questa crisi e porre le basi per un altro mondo, possibile e necessario. Noi ci siamo.
Cobas Empoli-valdelsa - Comunità in Resistenza / CSA Intifada
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