73 milioni di euro in fumo, cioè oltre il 18 per cento del fatturato annuo. Questo sarebbe stato l’effetto del lockdown per le imprese toscane del settore benessere chiuse a causa dell’emergenza Covid 19.
Il danno però sarà superiore perché le stime erano calcolate all’imminente mese maggio 2020, adesso con l’annuncio del Governo di una proroga della chiusura fino a giugno è facile comprendere come il danno aumenterà notevolmente.
Il quadro è delineato grazie ai dati elaborato da Unioncamere, Istat e Ufficio Studi Confartigianato e gli effetti avranno gravi conseguenze su un settore che - tra acconciatori, estetisti, tatuatori e piercing - conta oltre 11 mila imprese con 35 mila addetti, per un fatturato che supera i 400 milioni di euro; le prime stime fanno sapere di una perdita occupazionale compresa tra il 18 e il 20% dei posti di lavoro.
“Quello che non si capisce – attacca Barbara Catani, Presidente di Confartigianato Benessere Toscana - è che sta proliferando il sommerso e più rinviano l’apertura delle imprese più il sommerso crescerà e sarà un sommerso che non rispetterà nessun protocollo di sicurezza e che non sarà controllato da nessuno. Poi se i dati del contagio riprenderanno a crescere sarà data la colpa alle imprese di altre categorie che hanno aperto e si potrebbe cadere in un altro lock down. Le imprese del benessere sono già da oggi in grado di lavorare in sicurezza e questo chiediamo. L’attenzione per i protocolli di igiene e sicurezza, verso gli operatori e verso i clienti, fanno parte da tempo della cultura professionale delle nostre categorie e in Toscana, in particolare, i protocolli di sterilizzazione delle attrezzature, di sanificazione delle postazioni di lavoro tra un cliente e l’altro e di sanificazione giornaliera e settimanale degli ambienti di lavoro sono obbligatori per legge da oltre dieci anni”.
Fin da quando è scoppiata l’emergenza Coronavirus, le attività del settore Benessere hanno adottato tutte le cautele possibili per potere offrire ai clienti i servizi nella massima sicurezza. Inoltre, già dal 12 marzo, nel pieno rispetto delle direttive previste dal Governo finalizzate a prevenire al massimo ogni contatto interpersonale, hanno chiuso le loro attività.
“Ancora oggi non abbiamo certezze sui tempi di riapertura delle nostre attività – prosegue Catani – le nostre proposte di nuovi protocolli di Sicurezza Covid-19 sono state ignorate così come non si è voluto tener conto del basso impatto che la riapertura delle nostre imprese avrebbe sulla movimentazione delle persone e sul rischio di assemblaggio. I nostri servizi saranno necessariamente contingentati dal rispetto delle disposizioni di distanziamento sociale, dalla necessità di operare per appuntamento, dalla durata – non breve – connaturata ai trattamenti e dalla loro facile distribuzione nell’intero arco orario giornaliero con conseguente turnazione dei dipendenti. Non è possibile che non si tenga conto del fatto che dopo due mesi di lockdown la cura della persona e del proprio benessere sia un servizio assimilabile ai servizi essenziali e la possibilità di fruirne in condizioni di sicurezza può essere garantito solo tramite la riapertura delle imprese”.
Fonte: Confartigianato
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