Dal pane con lievito madre alla pasta fatta a mano, dalle torte “all’acqua” di grani antichi ai saponi artigianali con olio di frittura passando per i giochi di legno. Dalle mascherine estetiche (da porre sopra le vere mascherine respiratorie) ai dentifrici all’argilla ventilata o all’olio di olvia. Dai colori ecologici per pitturare con barbabietola e curcuma alle bevande e verdure fermentate. Dagli oleoliti con i fiori di Iperico (o altri essenze) ai detersivi per lavatrici e per piatti al sapone di marsiglia o al limone. Dai detergenti per le superfici all’aceto al gel disinfettante per mani all’alcool etilico. Dal liquore alla menta (è questo il suo periodo balsamico) al Kombucha. Dal kefir ai formaggi vegetali.
Internet in questo periodo fondamentale reclusione esplode di “autoproduzione domestica”. In realtà sono decine di anni che esiste un “sottobosco” di persone resilenti e lungimiranti che fondamentalmente hanno interiorizzato alcuni concetti semplici quanto banali, ma che l’economia imperante ha sempre snobbato: l’autoproduzione fa risparmiare, aumenta la qualità intrinseca dei prodotti, fa socializzare e magari fa anche guadagnare. Si perché alla fine quel grembiule da cucina autoprodotto con tessuti riciclati non è per niente male. E merita un posto nella mia cucina.
Gli orti e i giardini, ma anche i terrazzi, diventano luoghi di sfogo fisico e psichico e mezzi di auto sostentamento, risparmio, indipendenza alimentare. C’è gente si sta mangiando le mani per aver venduto quell’insignificante pezzo di terra vicino casa. Due, tre metri quadri? Non importa. In questo apparentemente miserabile foglio di terra la Terra sa essere generosa con gli intelligenti. Qualche insalata o verdura da taglio (che ricresce sempre) aiutano mente e corpo e il borsellino.
Ritornano i giochi casalinghi e le relazioni umane ovvero tutto ciò che l’economia imperante aveva disperso, diviso e incatenato, ritorna a riconcentrarsi distillandosi forzatamente nelle quattro mura domestiche (per chi ha la fortuna di averle). Senza poi contare l’artigianato e le discipline artistiche: cucito, falegnameria, musica, pittura.
L’Italia come del resto tutto il mondo ricco e fondato sull’usa e getta riscopre l’autoproduzione casalinga cioè la cultura del far da sé godendo del piacere di vedere concretizzato un progetto magari sepolto da tempo nelle soffitte dei nostri desideri, nel “passato” e che ora ha l’occasione di diventare realtà. Quel passato che oggi va a braccetto con le nuove tecnologie di comunicazione di massa e che consentono, mai come prima, una condivisione di saperi fino a qualche anno fa impensabili.
Beati quindi gli appassionati di questa “disciplina”, l’autoproduzione, beato chi ha avuto un nonno o una nonna o un genitore o un amico “autoproduttore” ricco cioè di quelle abilità e di quella cultura capaci di renderci liberi dal cibo alla riparazioni.
C’era un tempo infatti in cui tutto veniva prodotto in casa. Persino il lievito per fare il pane, che adesso compriamo compulsivamente ai supermercati, veniva autoprodotto con acqua, farina e un frutto o miele. E’ il lievito madre. E il sapone? Ne ho prodotto 3 kg qualche giorno fa usando qualche kg di olio irrancidito e un po' di idrossido di sodio (reperibile un po' ovunque). Un tempo sapone veniva prodotto con grassi vegetali e animali e potassa, ricavata a sua volta dalla cenere del legno. Oggi fare il sapone è una passeggiata sopratutto grazie alla presenza a buon mercato di tutti gli ingredienti necessari. Il risparmio è notevole. Si perché autoprodurre in casa fa risparmiare un sacco di soldi e può essere una grandissima occasione per giocare con i propri familiari o amici, tramandare saperi, fissare ricordi. Sul web ho visto addirittura lezioni di autoproduzione con numerosi partecipanti tramite Skype e Zoom: 30 video trasmessi contemporaneamente con persone che, tutte insieme e contemporaneamente, impastavano ora il pane ora i tagliolini. Fantastico!
Il mio invito quindi è di essere curiosi e “provare”. Potreste in pochi giorni diventare degli intrecciatori di ceste oppure chissà cosa.
Curiosità: l’autoproduzione non solo aumenta la socializzazione ma recupera saperi che diversamente verrebbero perduti. Può ridurre l’inquinamento atmosferico sostenendo la filiera del Km0 e del riciclo delle risorse domestiche. Buona autoproduzione a tutti!
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