Riceviamo e pubblichiamo una lettera di una docente precaria originaria di Certaldo, Diletta Betti, rappresentante della categoria in difficoltà con la sospensione delle lezioni in classe. A questo si vanno a sommare le ordinarie difficoltà per raggiungere un traguardo certo come quello dell'assunzione, che l'emergenza coronavirus non ha fatto altro che aggravare. Questa la sua lettera aperta.
L’Italia è una Repubblica assai strana. Lo è per una questione di scelte in primis; quelle ondivaghe che riguardano la politica scolastica. Le scelte spesso sono contro qualcuno, per favorire qualcun altro e mai per qualcosa.
Sono Diletta Betti e da anni sono la precaria più precaria della scuola italiana, questo perché lo Stato che chiama dalle graduatorie di istituto per supplire alla mancanza di organici ormai ridotti all’osso, poi, non capitalizza la spesa affrontata prevedendo piani di assunzioni per un personale precario già formato sul campo, spesso grazie alle proprie risorse economiche e di impegno personale.
La mia situazione è ancora diversa dagli altri precari, perché appartengo ad una classe di concorso “ad esaurimento” e per me e i centinaia di colleghi, non esiste nemmeno lontanamente l’opportunità di una stabilizzazione. Noi siamo gli “sherpa” dell’istruzione, perché, bene che vada, siamo destinati a tappare i buchi, finché gli altri non si sistemeranno con concorsi ad hoc o corsi abilitanti universitari.
La politica è sorda alle nostre richieste e i sindacati pure; non abbiamo “appeal” in quanto non rappresentiamo una massa critica in grado di assicurare un introito con contenziosi seriali, che negli anni, hanno ingolfato il MIUR, creato iniquità tra le stesse fasce di precari e penalizzato chi ha lavorato per almeno tre anni come supplente al 30 giugno.
La “supplentite” è un problema reale che non viene mai risolto, ma emerge con tutta la sua problematicità in questo momento di emergenza da Covid-19.
Noi supplenti stiamo lavorando tanto quanto il personale di ruolo per cercare di colmare il vuoto della frequenza scolastica, con la “fenomenale” Didattica a distanza.
La preoccupazione maggiore dei dirigenti è stata mostrare grande attenzione (giustissima) alle esigenze delle famiglie non supportando con uguale forza le carenze di strumenti e di rete che anche i docenti potevano avere.
Le scelte dettate dall’emergenza hanno portato a dire già dal mese di marzo che nessuno studente sarebbe stato bocciato, ma «promosso con voti veri», rimandando il recupero delle lacune al periodo in cui noi supplenti non saremo presenti.
Il 30 di giugno, come sempre, noi verremo inesorabilmente licenziati in quanto ormai "inutili".
A settembre, l’inizio della scuola, vedrà un aggravio, per il personale in ruolo, di impegni per recupero e verifiche in quanto non è stato posto un limite al numero delle insufficienze.
In tutta questa situazione emergenziale, invece di emanare provvedimenti tesi a stabilizzare il personale supplente, in modo che sia fruibile fin dal 1 settembre negli stessi istituti in cui ha lavorato e ha comminato il “debito formativo”, si pensa invece a bandire concorsi che:
- non sappiamo se potranno essere svolti per il problema del divieto di assembramento;
- non risolvono il problema dell’inizio dell’anno scolastico, che graverà solo sulle spalle del personale in organico di diritto (nel nostro istituto il 35% del personale è precario);
- complicheranno ulteriormente il carico delle segreterie, deputate al reclutamento dei supplenti e successivamente dei possibili aventi diritto, da inserire ad anno già avviato;
- non contemplano tutte le classi di concorso ad esempio la mia (A066);
- non contemplano l’accesso di chi ha maturato esperienza sul campo, avendo avuto solo supplenze sul sostegno.
Chi ora si vanta di voler selezionare in modo meritorio il personale della scuola, in campagna elettorale, sosteneva a gran voce la stabilizzazione dei precari di terza fascia (attraverso il solo svolgimento di un percorso abilitante) e la conseguente eliminazione della piaga del precariato scolastico.
Noi non vogliamo diventare gli esodati della scuola, che dopo essere stati usati per rispondere alle esigenze, specie per il diritto all’istruzione dei ragazzi disabili, vengono gettati.
Questo svilisce l’esperienza acquisita e l’autoformazione che ciascuno di noi ha dovuto sostenere.
La politica deve ascoltare anche le nostre giuste richieste in modo da non creare disparità e impossibilità per molti di noi di riciclo nel mercato del lavoro. Non chiediamo una "Sanatoria", ma una selezione per titoli e servizi con conseguente anno di prova selettivo, per tutti i docenti precari con servizio, anche su classi di concorso “ad esaurimento”. Tale pratica risulterebbe sicuramente più semplice da attuare, sarebbe più idonea ad una selezione meritocratica e darebbe la possibilità di coprire le cattedre vuote sin dal primo giorno di scuola, facendo in modo da non lasciare i ragazzi abbandonati a se stessi per mesi o, addirittura, di cambiare ripetutamente docenti durante l'anno scolastico.
Auspichiamo anche per i nostri aspiranti politici, che prima di essere inseriti nelle liste dei candidati, siano sottoposti ad un “quizzone” preselettivo di 80 domande in 80 minuti, come si vorrebbe per i docenti.
Diletta Betti
rappresentante dei docenti III Fascia
Firenze e Provincia
e
rappresentante Docenti cdc A066
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