Partigiano Enzo Scardigli, l'ultimo addio per il 25 aprile

Il caso ha voluto che prendesse 'congedo' dai suoi cari proprio il 'giorno della Liberazione', quell'obiettivo rincorso 75 anni fa rischiando la sua giovane vita, il regalo che ha fatto ad un intero paese: Enzo Scardigli, 97 anni, era un partigiano empolese, uno di quei ragazzi che appena ventenne, durante la bufera del nazi-fascismo, decise di combattere per liberare la sua terra. È morto lo scorso giovedì 23, il giorno del suo compleanno, chiudendo un cerchio che però non poteva che terminare il 25 aprile: sarà tumulato oggi, ma senza funerali, a causa dell'emergenza Covid-19. E proprio mentre l'Italia combatte contro un altro subdolo nemico che non porta una divisa o bandiere, ma uccide nel silenzio e lontano dai propri cari, il ricordo di un membro di quella "generazione ribelle" a cui dobbiamo la nostra libertà diventa a maggior ragione necessario.

Enzo Scardigli era nato il 23 agosto del 1923, abitava a Ponte a Elsa. Ha prestato servizio militare a Ferrara e a Tivoli, poi nei giorni successivi all’8 settembre 1943, nella confusione generatasi dopo l’armistizio firmato dal Generale Badoglio e viste le ritorsioni dei militari tedeschi stanziati in Italia, abbandonò le armi e tornò verso casa in abiti civili, come gran parte dei soldati in servizio. Qui, appena ventenne, fu messo di fronte alla barbarie del nazifascismo: la madre, dopo la morte del marito, si era riaccompagnata con un Selmi, una famiglia ebraica; dopo la segnalazione di alcuni fascisti di zona, scattò una retata, lui e un l'amico Franz, anch'egli ebreo, si nascosero in un tino, troppo piccolo per contenere anche il fratellastro maggiore, Dino Selmi. Quest'ultimo e il padre di Franz furono portati via, probabilmente in Germania, nessuno ebbe più loro notizie. Enzo fu quindi costretto a fuggire. Si nascose prima a Calenzano da alcuni parenti, poi in un rifugio anti-bomba della zona. Era molto amico da tempo del noto partigiano di San Miniato Bruno Falaschi, tramite lui ottenne un contatto e scelse di diventare partigiano: Enzo si unì alla 23ª Brigata Garibaldi 'Guido Boscaglia' comandata da Aldo Giuntoli di Empoli. Operò prevalentemente nella Valle del Diavolo a Larderello, nelle zone a sud di Volterra, Radicondoli, fino al monte Amiata. Tra le azioni più importanti della sua banda, liberò i prigionieri politici nel carcere del Maschio di Volterra.

Quando arrivarono gli americani la banda fu smantellata, Enzo fu portato alla stazione di Colle Val d'Elsa, da qui ritornò a Empoli. Doveva essere tutto finito, ma il destino gli tese l'ultimo tranello: dopo il fascismo, dopo la guerra, proprio mentre stava tornando a casa per riprendersi la sua vita, finì su una mina antiuomo a Brusciana e perse una gamba. Nel dopoguerra ha lavorato per anni nelle vetrerie empolesi prima di andare in pensione. Nonostante la perdita dell'arto fino a qualche anno fa lo si vedeva andare spesso in bici per le strade della frazione empolese, era inoltre conosciuto perché frequentava la Sala 78. Ha avuto due figli, Uliano e Roberta con la moglie Annunziata, e quattro nipoti: tutti oggi devono dirgli addio, ma a distanza.

"Un saluto al nostro compagno che ci lascia. Un partigiano che ha combattuto per la libertà e se ne va proprio il 25 aprile. Una incredibile coincidenza. Purtroppo non sarà possibile fare il funerale a causa dell'emergenza Covid-19 in corso, ma volevamo proprio per questo trovare un modo per ricordarlo pubblicamente. Da partigiano sembrava avere nella sua indole il voler restare nascosto e nell'ombra, raramente parlava della sua vita nella banda, ma il suo impegno come quello di tanti altri deve essere un esempio. Non potendo dargli l'ultimo saluto di persona volevamo fagli un saluto simbolico per dirgli grazie", così la famiglia.



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