Matteo Ostolani, fiorentino di 45 anni, novello Viktor Navorski: il volontario del Nucleo Operativo di Protezione Civile – logistica dei trapianti è rimasto infatti sospeso tra gli aeroporti di mezza Europa, come il protagonista di The Terminal, film del 2004 interpretato da Tom Hanks. Ma Matteo aveva una missione da compiere, e se l'avessero fatto uscire dall'aeroporto di Helsinki, sarebbe andato di persona a consegnare il prezioso dono che trasportava in valigia: il midollo osseo per un paziente malato di leucemia finlandese. Perché anche in tempi di emergenza globale come questi, in cui viaggiare tra Paesi diversi è quasi impossibile, i volontari del NOPC di Firenze non si sono arresi. L'organizzazione fiorentina, fondata da Massimo Pieraccini, recentemente insignito con l'onoreficenza di Ufficiale della Repubblica dal Presidente Sergio Mattarella, specializzata nel trasporto di midollo osseo e cellule staminali in tutto il mondo, si è vista arrivare nei giorni scorsi la richiesta di un viaggio urgente da Verona a Helsinki, non rimandabile. Matteo ha accettato di effettuare la missione, senza sapere di preciso cosa gli sarebbe capitato.
L'Odissea di Matteo inizia da Firenze, da dove parte in auto per raggiungere l'ospedale Borgo Roma di Verona insieme a altre due volontarie. Fatto il prelievo in ospedale, con tutte le precauzioni dovute al Coronavirus, i tre ripartono per Firenze. Qui Matteo dovrà attendere la mattina successiva per partire alla volta di Roma, Fiumicino, dove prenderà il volo per Francoforte. La notte però non è tempo per dormire quando si hanno con noi e cellule che possono salvare la vita di un'altra persona: è necessario infatti che le cellule siano mantenute ad una temperatura tra i 2 e gli 8 gradi e quindi ogni mezz’ora Matteo mette la sveglia per controllare la temperatura. All’alba Marzia e Nadia, due colleghe volontarie del Nopc come Matteo, con un’automedica lo prelevano per accompagnarlo a Fiumicino, uno dei pochi aeroporti italiani che funziona con un barlume di regolarità. Parte per Francoforte, mentre Marzia e Nadia prendono un altro midollo da un corriere collega tedesco e lo portano a Bologna. Matteo, a bordo di un volo praticamente vuoto, arriva a Francoforte, dove già è stato tante volte, ma questa è decisamente diversa: aeroporto deserto, negozi chiusi, nemmeno la possibilità di fare colazione. Matteo deve restare lì sette ore in attesa del volo per Helsinki, ma è un appassionato lettore e si divora libri. E anche il volo per Helsinki è pressoché vuoto: solo 5 Finlandesi che tornano a casa. Quando arriva a destinazione, è ormai notte fatta. Ad attenderlo all'aeroporto c’è una dottoressa, ma anche una lunga trafila burocratica di autorizzazioni e telefonate di verifica per far capire alla Polizia di Frontiera lo scopo del viaggio di Matteo. Quando finalmente tutto viene chiarito, può avvenire lo scambio: Matteo viene accompagnato in una stanza, ed altri poliziotti introducono la dottoressa finlandese, così sotto il loro sguardo vigile può finalmente avvenire la consegna e la missione di Matteo si può considerare felicemente conclusa.
Ma per il volontario, stremato e stanco, non c'è riposo: nonostante il Nucleo Operativo di Protezione Civile avesse trasmesso la prenotazione dell’albergo esattamente di fronte all’aeroporto, e il biglietto di ritorno, la Polizia non intende ragioni. “Se non sei Finlandese dall’aeroporto non esci” si sente dire Matteo, che a quel punto è costretto ad accamparsi sulle poltroncine dell'aeroporto vuoto per passarci la notte, al freddo, perché i riscaldamenti a quell'ora sono già spenti. L’unica gentile concessione della Polizia, è stata quella di far andare un agente a comprargli un panino. Finalmente arrivano le sette del mattino, il volo di ritorno, così dopo più di 70 ore passate tutte di un fiato, Matteo riesce a tornare di nuovo in Italia, stravolto ma felice di aver dato un importante contributo alla sopravvivenza di una persona.
“Da quando è iniziata l’emergenza COVID 19 - dice Massimo Pieraccini, fondatore del Nucleo Operativo di Protezione Civile - muoversi è molto più complicato anche per questo tipo di viaggi nonostante siamo molto importanti. Cerchiamo quando possibile di utilizzare autoveicoli, tanto che abbiamo percorso quasi trentamila chilometri dall’inizio delle limitazioni alla mobilità. I nostri volontari sono sempre pronti a mettersi a disposizione per provare a salvare una vita, e fare sì che il trapianto si possa fare anche se questo richiede grande fatica e spirito di abnegazione”.
Nucleo Operativo di Protezione Civile di Firenze
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