In questi giorni di isolamento a causa del Coronavirus c'è chi ha riscoperto la cucina. Sono state molte le attività ai fornelli, alcune educative (come quelle a Santa Croce) altre più solidali (vedi Ponte a Egola, per esempio). Si avvicina la Pasqua e quest'anno sarà per forza 'con i tuoi'; in più non si potrà fare la solita scampagnata di Pasquetta, con le gite all'aperto rimandate a primavera inoltrata o all'estate. Va da sé che senza pranzo al ristorante o con gli amici, ci si può sbizzarrire tra pentole e mestoli.
Abbiamo scelto per voi sei ricette toscane da 'provare', o meglio, da 'riprovare' per Pasqua. Non si tratta di piatti della tradizione pasquale, o almeno non sono tutti legati a questo periodo, però il filo rosso che li unisce c'è: la Toscana. Sono tutte ricette della nostra regione e, pur non essendo difficili o con ingredienti scarsamente reperibili, sono preparazioni che portano via del tempo. Ma d'altronde bisogna rimanere in casa, quindi meglio darsi da fare in cucina. La prova costume è rimandata al 2021, fidatevi.
Partiamo coi consigli, ma prima una raccomandazione: mandateci le foto delle vostre ricette pasquali, taggateci su Instagram e saremo ben lieti di ricondividerle.
Ribollita
Si parla di cucina toscana, quindi è giusto citare una delle regine. La ribollita è un piatto tipico fiorentino, amato da moltissime persone in tutta la regione e conosciuto in tutta Italia. Ha mille varianti con mille nomi che faranno storcere il naso ai puristi - ma, vi garantiamo, sono tutte buone -, quindi ci soffermiamo sulla ricetta originaria, o almeno su quella più utilizzata. Per chi non lo sapesse la ribollita è un piatto povero, nato nel Medioevo quando i servi appunto ribollivano il pane avanzato con le verdure.
Vi serviranno il cavolo nero e i fagioli toscanelli o cannellini, ma anche borlotti va bene. Poi verza, pane, olio, pomodori e patate. Soffritto sì o no? Siamo più per il no, ma de gustibus. Il maestro Pellegrino Artusi (che la chiama Zuppa di magro alla contadina) consiglia anche alcune 'cotenne di carnesecca o di prosciutto tagliate a strisce'.
La cottura è un po' lunga, ma intanto potete dedicarvi agli altri piatti. Qui la ricetta completa dell'Artusi.
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Tordelli lucchesi
Se avete polso e voglia di infarinarvi il consiglio è quello, spassionato, di fare quanta più pasta fresca possibile. Pici, ravioli, lasagne: sbizzarritevi. Qui però vi consigliamo una ricetta particolare che, purtroppo, qualcuno ancora in Toscana sembra non conoscere, ovvero i tordelli alla lucchese.
Direte "ma questi sono ravioli!", e no, non lo sono: il ripieno dei tordelli è molto diverso, così come la forma a mezzaluna. Anche lo spessore della pasta è tipico, tra la Versilia e la Garfagnana è d'uopo lasciarla un po' più alta, ma quello dipende dai gusti.
La pasta si lavora come una normale pasta all'uovo, come quella per le lasagne, per intendersi. Se avete la famosa macchinetta per stenderla siete a cavallo, altrimenti lavorare di mattarello non fa male. Per il ripieno si utilizza un macinato di manzo e maiale, con un po' di mortadella; il tutto condito da sale, pepe, tantissimo timo (pepolino per noi toscani), prezzemolo, noce moscata, pane ammollato nel latte e una o più uova per legare il ripieno.
A proposito, il ripieno si cuoce? Altra annosa questione: il consiglio è di cuocerlo prima di fare i tordelli, ma c'è chi lo lascia cuocere solo al momento di cottura della pasta. I tordelli vanno chiusi a mezzaluna e sigillati coi rebbi della forchetta. Poi li cuocete e ci mettete un bel ragù oppure semplici burro e salvia che in cucina sono come il nero nell'abbigliamento e vanno bene su tutto. Qui trovate una delle migliori ricette di tordelli.
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Buglione d'agnello
A Pasqua si mangia l'agnello, non poteva mancare tra i consigli. Bisogna scendere in Maremma, o nelle zone dell'Amiata, per trovare una ricetta molto interessante e, anche in questo caso, piuttosto sconosciuta in altre zone della regione. Il buglione d'agnello è un piatto tipico del Grossetano, il solo vedere questa pietanza fa venire in mente un'epoca lontana di butteri e contadini.
Cosa serve per farlo? Prima di tutto la pazienza, perché la polpa dell'agnello va fatta rimanere tenera, quindi è consigliato cuocerla a bassa temperatura e magari impreziosirla con qualche spezia. I chiodi di garofano sono un aroma che sa di Toscana, quindi se ce li mettete non fate un errore, anche se non sono prettamente necessari. Oltre all'agnello servono olio, passata e concentrato di pomodoro, aglio, rosmarino, sale e vino bianco. Per la marinatura della polpa si consigliano quelle belle otto ore in una ciotola con vino rosso (meglio se toscano), cipolla, carota, sedano, chiodi di garofano, alloro e salvia.
Appena la carne è marinata la cuocete aggiungendo via via gli altri ingredienti succitati. Il risultato sarà simile alla coratella - a livello visivo, non prendetela come un'offesa! - e potrete mangiare il buglione con il pane abbrustolito che è la morte sua. Nel video qui sotto la ricetta.
Fagioli al fiasco
Chi usa la parola 'fiasco' come sinonimo di fallimento, non ha mai assaggiato i fagioli al fiasco (o fagioli nel fiasco). Si chiamano così perché si cuociono nel fiasco - e non abbiamo detto chissà quale sorpresa. La ricetta si dice che venga dal Chianti e sia nata tra i vigneti. Si sa che i fagioli, come molti legumi, diventano ottimi se lasciati cuocere dopo una bella brace; lo stesso vale per quelli al fiasco, che un tempo venivano messi in questi oggetti e lasciati a cuocere per molte ore e con la temperatura che via via andava abbassandosi.
I fagioli, rigorosamente cannellini e secchi, devono stare in acqua fredda per almeno dodici ore. Una volta scolati, si mettono nel fiasco (va bene anche una bottiglia, non serve la damigiana per forza). Qui si vede veramente chi ha voglia di stare in cucina e chi no, perché 'infiascare' i fagioli alla lunga può risultare stressante. Una volta finita questa fatica di Ercole, si mettono salvia, aglio, olio, sale e pepe più una buona dose di acqua.
Il fiasco va fatto sobbollire per almeno due ore. In alternativa si può immergere il fiasco in una pentola colma d’acqua con un canovaccio piegato sul fondo. Qui la ricetta.
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Schiacciata fiorentina
La schiacciata fiorentina è un piatto tipico del Carnevale, ma dato che gli ultimi giorni di febbraio sono stati quelli contraddistinti dallo scoppio della pandemia, ci godiamo adesso un dolce che affascina tutta Firenze. Si chiama schiacciata, infatti, perché la forma è quella, ma non ha niente a che vedere con la 'cugina' salata.
Soffice, cotta in teglia, ha bisogno di pochi ingredienti. Negli anni c'è chi ha studiato variazioni, inserendo panna o creme, ma in cucina non vale il detto toscano 'nel più ci sta il meno', almeno per quanto concerne il numero di ingredienti. Farina, lievito, zucchero, burro (meglio dello strutto), latte, uova e scorza d'arancia saranno i vostri compagni d'avventura. Se vi piace impastare, questo è il vostro momento.
Tutto viene mischiato assieme e poi colato in teglia, per cuocere una mezz'oretta - il colore della superficie deve essere tra l'arancio e il dorato, allora sarà pronta. Poi una spolverata di zucchero a velo e, infine, il disegno finale: non è schiacciata fiorentina se non c'è serigrafato sopra il giglio con il cacao in polvere. Qui la ricetta completa.
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Schiacciata di Pasqua
Avete presente la storia del brutto anatroccolo? Lo sapete, no, che alla fine diventa un cigno bellissimo? Beh la fiaba ben si adatta a questa ricetta. Per molto, troppo, tempo la schiacciata di Pasqua è stata considerata bruttina e dal sapore particolare, ma bisogna darle dignità. Questo è un cigno bellissimo, uno dei dolci tradizionali toscani che il mondo dovrebbe invidiarci.
Di origine pisana e fucecchiese - anche se Livorno... -, ancora oggi riporta al forno generazioni di nonne e nonni, che stanno mattina e sera in mezzo a teglie e anice. Da fuori sembra una torta al formaggio umbra, oppure un fungo gigante dalla cappella lucida. Soffice, per niente stucchevole, quasi salata se si può azzardare: nella vita c'è un prima e un dopo aver assaggiato la schiacciata di Pasqua. La nota dell'anice unita a quella del liquore avvolgono la bocca mentre si rumina un impasto morbido.
Gli ingredienti sono molti, ma facili da trovare; la lavorazione è lunghetta, per la cottura serve un po' più di pazienza. Il problema è che un dolce così non è da servire a fine pasto, perché può risultare piuttosto pesante. Meglio tenerlo per merenda oppure, se vi avanza, farci colazione con un bicchiere di latte freddo, un'esperienza che tramanderete. Qui la ricetta completa con tanto di spiegazione storica.
Gianmarco Lotti
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