Dall’immunità di gregge è stato fatto qualche passo indietro. Se Boris Johnson, primo ministro del Regno Unito, inizialmente avrebbe affrontato l’emergenza coronavirus lasciando semplicemente che tutti i cittadini si infettassero, ad oggi non sembra più credere all’immunità di massa. Infatti grazie ai dati scientifici, che avrebbero rivelato un epilogo disastroso o grazie al buon senso, chissà, Johnson ha inserito la retromarcia nella sua macchina governativa e ha iniziato ad attuare le misure di prevenzione. Intanto, in mezzo ai tentennii britannici che hanno scosso le cronache mondiali, Benedetta va a lavoro ad orari ridotti e ha visto, giorno per giorno, cambiare la rotta del governo britannico.
Benedetta Pandolfi ha 25 anni è Toscana e vive a Cerretti nel Comune di Santa Maria a Monte, ma si trova a Londra da più di tre mesi. Sta svolgendo un tirocinio presso il Consolato Generale d’Italia nella capitale del Regno Unito. Un momento formativo che le permetterà di concludere a breve il suo percorso di Studi Internazionali all’Università di Bologna. “Boris Johnson inizialmente aveva annunciato che non sarebbero state prese nessun tipo di precauzioni ma in seguito ha attuato le misure di prevenzione” – ha raccontato Benedetta, che più passano le ore più nota cambiamenti, come le metro in genere straripanti di persone sempre più vuote, più desolate. “Le persone si stanno accorgendo anche qua della gravità della situazione”.
A oggi, sabato 21 marzo 2020, risultano chiuse le scuole e circa 40 stazioni metro, compresa quella utilizzata dalla 25enne per andare a lavoro. Nella serata di ieri, inoltre, gli esercizi commerciali hanno abbassato le serrande così come tutti i luoghi di ritrovo sociale ad esempio cinema, pub e teatri. Solo i negozi che forniscono alimenti potranno rimanere aperti effettuando il solo servizio di take-away. “Ancora non è giunto l’invito serrato di rimanere in casa – ha aggiunto Benedetta – ma ogni assembramento è stato vietato”.
“Le mascherine non si trovano – ha continuato – le farmacie non hanno più prodotti di igiene. A me personalmente il Consolato ha fornito il necessario per la protezione. Dobbiamo continuare ad andare a lavoro perché non è una professione che si può svolgere da casa, visto che trattiamo dati sensibili e non possiamo accedere dai nostri computer personali. Sono comunque state prese molte precauzioni poiché davanti al Consolato c’è sempre una grande fila. Da martedì hanno ridotto gli appuntamenti lasciando attive solo le cose urgenti e ovviamente, le persone si devono tenere a distanza di un metro l’una dall’altra. Da mercoledì ci hanno diviso in due gruppi per ridurre ancora di più il contatto tra il personale e ci alterniamo a settimane. Al Consolato inoltre, esiste una task force per il coronavirus che ogni giorno riceve richieste da italiani che vogliono rimpatriare e telefonate da madri che rivogliono i propri figli a casa".
Adesso che l’Italia si trova al secondo posto mondiale per i contagi da coronavirus, come siamo visti all’estero?
“C’è stato qualche caso di discriminazione nei nostri confronti. Per esempio, un ragazzo che lavora con me che parla benissimo inglese e ha fatto le scuole qui, ha vissuto un episodio con i suoi vicini. Quando loro hanno saputo che era italiano si sono allontanati e gli hanno sputato ai piedi. Gli hanno detto di andar via, di chiudersi in casa poiché li avrebbe infettati. Ho sentito dire anche che alcuni ragazzi italiani non sono stati fatti salire su Uber”.
Come vedi ciò che sta accadendo in Italia ora che sei lontana?
"Inizialmente non realizzavo, per me era surreale e non mi sentivo toccata da ciò che stava succedendo nel mio paese. La mia vita a Londra continuava normalmente fino alle prime restrizioni. Non riesco effettivamente a capire cosa significa stare chiusi in casa senza uscire, ma ho visto che la strategia adottata in Italia sta funzionando. È la via più efficace e sta arrivando anche qui”. Piano piano la storia sembra quindi ripetersi anche nel Regno Unito che, dall’apparente lasciar correre, ha chiuso tutto in una manciata di giorni.
“Ho paura di questo virus. La scorsa settimana a lavoro hanno invitato, chi non se la sentisse, a tornare a casa. Due ragazzi molto preoccupati sono infatti tornati in Italia. Anche io ho valutato l’opzione, poi mi sono calmata e ho pensato di restare, finire questo percorso e vedere cosa sarebbe successo. Boris Johnson ha aggiustato il tiro – ha commentato Benedetta – e ovunque ora, ci sono cartelloni e manifesti con le precauzioni consigliate, come il lavarsi le mani. Da lunedì gli studenti non andranno più a scuola, i mezzi pubblici sono dimezzati, sono vietati gli assembramenti e i negozi hanno chiuso. Io sto attenta, uso le mascherine e ogni giorno che passa c’è sempre meno gente in giro. Fa impressione vedere luoghi come Trafalgar Square completamente deserti”.
“Non mi aspettavo questa situazione in Italia, tantomeno qua. Da esterna, vedendo anche quello che sta succedendo sui social, noto tanta bellezza dall’Italia. Le persone che escono sui balconi, gli amici che si video chiamano... Quando vedo queste cose sorrido e mi sento orgogliosa di essere italiana. Mi dà forza in un momento dove mi trovo sola e lontana da casa”.
E quindi, anche dalla patria di Mister Bean, della Mini, della casa reale più famosa e del tè delle cinque, un toscano si sente vicino all’Italia e vive, ormai allo stesso modo, l’emergenza che purtroppo sta caratterizzando questo 2020. E come noi ci ripetiamo che ‘andrà tutto bene’ Benedetta infine ci ha risposto con “Everything will be alright".
I dati
Oggi, sabato 21 marzo 2020, nel Regno Unito sono 3.983 i casi positivi da coronavirus. I casi attivi 3.741 e i decessi 177.
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Margherita Cecchin
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