'Casa Nova, Vita Nova', il vernacolo fiorentino riscritto e interpretato da I Rampanti

Ridi perché li hai visti (o scoperti) nella loro migliore performances di attori, amici, appassionati di vernacolo e tradizioni di comunità. E vorresti già rivederli. La fame di ironia non si placa, l'insostenibile leggerezza dell'essere spettatore è ormai dentro di te. È una sensazione piacevole, quella lasciata dalla bella prova di teatro della Compagnia di prosa e canto, non più d'occasione ma stabile, chiamata simbolicamente I Rampanti.

Barberino Tavarnelle stupisce ancora, la carta più avvincente è la scoperta artistica di nuovi talenti. Gli applausi a scena aperta e le risate del pubblico entusiasta, oltre 200 persone assiepate nella sala del Circolo Arci La Rampa di Tavarnelle, hanno offerto il miglior epilogo al debutto della commedia “Casa Nova, Vita Nova”, un libero adattamento riscritto e curato alla regia da Sergio Berti, tratto dal testo di Vinicio Gioli e Mario De Majo.

Tre atti di pura comicità, asciutta, giocata su una straordinaria altalena di battibecchi, equivoci e battute spassose, tipiche del vernacolo fiorentino, che I Rampanti hanno proposto come un viaggio nel tempo e uno spaccato di ordinarietà nell'Italia del dopoguerra che, nonostante la penuria di mezzi e ristrettezze  economiche, provava a ricostruirsi e ad affrontare la vita con ottimismo.

"A rendere le case 'onorate' non sono le mura o la strada in cui si trovano ma la rispettabilità delle persone che le abitano". La battuta fulminante di Arduino piomba in scena come un deus ex machina, e risolve tutto: le burrascose relazioni tra i personaggi, i Ciuti da un lato, Attilia la figlia Tosca e il terribile Ottavino dall'altro, famiglie costrette a convivere in un appartamento di piccole dimensioni per le non facili condizioni economiche comuni alla realtà del secondo dopoguerra. L'impresa più alta è il recupero dell'unità dei Ciuti, mamma Cesira, i figli Piero e Vanna, il genero Marco e il nonno Utilio, che, nonostante l'iniziale tradimento del capofamiglia Arduino, finiscono per accettare l'idea di vivere e abitare permanentemente tra le camere di via Amorino, dove un tempo, abbastanza recente, le visite maschili a donne avvenenti erano all’ordine del giorno. Era il 1956, le case del piacere a pagamento chiudono i battenti con le disposizioni della legge Merlin.

Il lavoro di Sergio Berti che affronta un tema serio con grande sagacia e originalità, intercalando momenti musicali e canori, permette allo spettatore di entrare nel vivo di una vera e propria commedia all'italiana, riflesso di un’epoca in cui contraddizioni e vizi del sistema sociale vengono fustigati con leggerezza. Il risultato è una pièce ben congegnata, tenuta sul podio della fiorentinità della passione degli interpreti e dalle qualità drammaturgiche dell’autore Sergio Berti. La compagnia si può ritrovare, provare e dare spazio alla propria creatività grazie al supporto del Circolo Arci La Rampa che concede gli spazi e affianca fin dalla nascita la realtà teatrale che mette insieme cittadini di Barberino e Tavarnelle.

Alla loro seconda prova, dopo l’allestimento de L’acqua cheta, realizzato in occasione del mezzo secolo di vita del Circolo La Rampa, hanno conquistato il pubblico gli attori: Laura Lombardini, Monica Gheri, Maria Cristina Galletti, Franca Rossetti, Claudia Ceccherini, Antonio Mulas, Franco Castrucci, Anzio Giannetti, Gianni Bucciarelli, Paola Lazzeri, Alessandra Corti, Paola Canocchi, Andrea Massetani, Giuseppina Brogi e Alessandro MoriRampante, nel suo ruolo di allegro avventore, anche il sindaco David Baroncelli che duetta con smorfie e battute irresistibili con il nonno che ci fa e ci è all’occorrenza.

“Sono felicissimo dell’esito del debutto presentato egregiamente da Anna Canocchi - ha commentato Sergio Berti - e spero che, come successo per la prima commedia, possiamo replicare nei teatri della Toscana, la nostra forza è lo stare insieme, il piacere di trasmettere al pubblico le grandi emozioni che il teatro, metafora della vita, mette a nudo, generosamente, senza veli con uno specchio e una lente di ingrandimento che fanno riflettere con il sorriso. Se l’attore sta bene in scena e si diverte il pubblico non potrà che ricevere il meglio del suo atto d’amore verso la scena”.  L’accompagnamento live alle tastiere, in questa occasione, è stato curato da Sandro Nepi, le scenografie sono firmate da Francesco Bulleri. I costumi sono stati realizzati da Elisabetta Cappelli, il trucco e il parrucco sono di Manuela Barison.

Fonte: Ufficio stampa Associato del Chianti Fiorentino

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