Quest'oggi la lettera di Vincenzo è arrivata finalmente a destinazione, nelle mani dell'amata Vinicia Mazzoni. Ne avevamo parlato qualche settimana fa, per la prima volta, su questo articolo. Oggi, domenica 26 gennaio, è stato il giorno del ricongiungimento tra la busta partita nel 1943 e arrivata nel 2020, non senza traversie.
Sullo sfondo il borgo empolese di Pontorme, dove in alcuni scorci sembra che il tempo non sia mai davvero passato. Vinicia, 98 anni tenuti splendidamente, è tornata in quella che era la sua casa nel lontano '43. Quando Vincenzo era militare e prestava servizio in Sardegna, ma non mancava di farle sentire il suo amore. Vincenzo e Vinicia da fidanzati sono diventati sposi e lo sono rimasti fino alla morte di lui nel 2005. Da allora ogni piccolo segno che parla di lui per Vinicia è oro. Vincenzo è nel suo cuore e in quei piccoli pezzi di carta in cui anni fa racchiuse la speranza di tornare quanto prima possibile a casa dalla sua amata. In piazza Marchetti Vinicia ha aspettato il suo ritorno. In piazza Marchetti oggi si è ricongiunta virtualmente con il suo marito.
La ricostruzione dell'intera giornata è affidata alle parole di Paolo Pianigiani, tra gli artefici di questo ritorno a casa partito con il ritrovamento di una lettera che tanto ancora aveva da dire.
Scusa il ritardo, tuo Vincenzo
E finalmente Vinicia è tornata a casa, a riprendere le due lettere che Vincenzo, dalla Sardegna, le aveva scritto nel 1943. La famiglia mi aveva detto di non dirlo tanto in giro, volevano un incontro alla buona, riservato.
Ma come si fa a non far battere il cuore ai pontormesi? La cosa è trapelata e quando Vinicia è arrivata, insieme al suoi familiari, c’era già un piccolo comitato di accoglienza.
Una breve tappa davanti a quella che era la sua casa, in piazza Marchetti, al numero 28 (che ora non c’è più) e via subito a scuola, dove lei andava bambina e dove ora c’è la sede del Borgo Pontormese.
La prendo sotto il braccio, mi sorride come la bambina che era allora. Le han detto che sono io che le ho ritrovato le lettere, insieme a Giovanni Guerri, e non mi perde di vista… dove le tieni, mi fa? Qui in tasca, dopo gliele do, stia tranquilla.
Come si chiamava la sua maestra? Era buona? Linda, si chiamava. Buonissima. Era una Gamucci, quelli delle camice. E quelli con il Partigiano Giorgio Gamucci, a cui è stata dedicata una piazza a Empoli, faccio io; ma senti...
Davanti alle sede si ferma e mi fa: quello lo conosco è il figlio di, quell’altro somiglia tutto a, tutti si presentano, hanno qualcosa da dire. Sono tanti giorni che a Pontorme non si parla che di lei, manca da tanto. Sarebbe tornata per le lettere di Vincenzo, che si son ritrovate. Alba è figlia della sorella di Vinicia, è rimasta qui da noi. Fa da collegamento.
Simpaticissima e piena di ricordi, mi mette in mano un mazzo di fotografie di famiglia. Altre le han portate da Carrara, dove ora Vinicia abita con la famiglia. Arriva finalmente il momento tanto atteso. Con Giovanni abbiamo confezionato un pacchettino chiuso, con tanto di nastro blu e fiocco. Per Vinicia, scritta a mano e a penna con il pennino. Come le due lettere che ci sono dentro.
Le dico: Vinicia, ecco le lettere di Vincenzo: nessuno le ha lette, appartengono solo a voi due! Lei ride e mi dice: Tanto non c’è scritto nulla, le cose nostre avevamo un sistema nostro per dircele. Mi lascia a bocca aperta-
E’ impossibile da intervistare, Vinicia: è un fiume in piena. I nomi le ricordano altri nomi e altre storie. La blocco con le foto. Me le racconta una per una: le sue sorelle, Valeria e Velia, belle come lei. Si faceva girare la testa ai ragazzi, sai? Con la stessa iniziale; così chi si sposava prima, prendeva il corredo con le cifre, che tutte e tre agucchiavano nel tempo libero. A un certo punto qualcuno dice: e Vincenzo?
È come se ci fosse anche lui. Attraverso i ricordi riappare nella sua voglia di vivere, capacità di stupire sempre e far ridere tutti. Era anche un artista, scolpiva e dipingeva. Ci ha lasciato la casa piena di opere.
Tiziana, perfetta padrona di casa, chiede se si vuole andare a fare una visita in chiesa. Certo! Mi ci sono sposata! E la visita si chiude proprio lì, fra i due Santi meravigliosi del Pontormo, il Tabernacolo del Macchietti e la pala dell’Oratorio con la storia di San Michele sul Gargano. Ma la cosa che colpisce Vinicia è il Fonte Battesimale. Proprio non se lo ricordava. Ora è tutto restaurato e risplende di colori. Ai suoi tempi era tutto nero per le candele.
Siamo tutti un po’ commossi. Meno male che lei, la protagonista della serata, dice la cosa giusta. Che volete, voi siete giovani, sapete assai dell’amore. Il nostro, il mio e di Vincenzo, è sempre qui. Le lettere che tu mi hai ritrovato me le manda lui, son sicura. Ti dico anche il segreto: avevamo un sistema per mandarci messaggi fra di noi; mi aveva insegnato il codice Morse: Bacitiamo, bacitiamo, tutto con i punti e le linee, non lo capiva nessuno.
Chissà se questa volta me lo ha scritto, da qualche parte, nella lettera, dopo guardo.
Usciamo. Pontorme comincia a scurire i suoi colori, si sta facendo tardi. I saluti sono solo una scusa per abbracciarsi ancora. Ma ci rivredemo presto, la promessa è un giuramento.
Qui, a Pontorme, in piazza Marchetti, al numero 28 che non c’è più. E dove il tempo si è fermato per sempre.
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