Rapporto Irpet: "Il settore tiene grazie all'export"
Sono i settori che in Toscana hanno maggiormente subito i colpi della globalizzazione e della crisi economica del 2008. Ma anche quelli che hanno saputo resistere e riaffermarsi, soprattutto grazie all’export. Parliamo dei settori che comunemente indichiamo come sistema moda: abbigliamento, calzature, accessori e che in Toscana si sono sviluppati e affermati negli anni del boom economico, subendo poi nel corso degli anni vicende alterne.
Un’analisi del sistema moda in Toscana è il tema al centro del seminario che si tiene oggi a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze e nel corso del quale viene presentato un rapporto realizzato da Irpet a cura di Natalia Faraoni e Tommaso Ferraresi con il coordinamento di Simone Bertini. Intervengono l’assessore regionale alle attività produttive Stefano Ciuoffo, il direttore di Irpet Stefano Casini Benvenuti, il presidente del CFMI - Centro di Firenze per la Moda Italiana Antonella Mansi, il presidente di Confindustria Toscana Alessio Ranaldo, il presidente di Cna Toscana Andrea Di Benedetto, Moreno Vignolini per Confartigianato e il Professore Rinaldo Rinal di dell’Università di Firenze.
La moda dà lavoro in Toscana a circa 130 mila persone: 115 mila nei settori della moda in senso stretto (tessile, abbigliamento, conceria, calzature, pelletteria, gioielleria), 1800 nella produzione di macchine e 12.800 nel terziario (commercio all’ingrosso e intermediazione). Come dire che il 7,7% dell’occupazione complessiva toscana opera nel settore, una stima per difetto alla quale sfuggono alcune attività connesse: minuteria meccanica, servizi alle imprese, trasporti e commercio al dettaglio. Nell’ambito dell’industria manifatturiera i settori moda coprono quasi il 40% degli addetti e reexalizzano un valore aggiunto che supera 5,5 miliardi di euro. Nessuna altra regione raggiunge valori così alti: la Toscana è la regione della moda. Un dato di fatto confermato anche dalle esportazioni che nel 2019, si stima, abbiano superato i 15 miliardi, ponendo la Toscana in testa in Italia per l’export, superando in valore assoluto anche la Lombardia. Posizione confermata anche rispetto al peso dell’occupazione nei settori moda, ben superiore a quello delle altre regioni.
La ricerca contiene alcuni dati interessanti che aiutano a costruire un quadro aggiornato e a fare confronti con alcune delle regioni di punta nel settore, come Veneto e Lombardia. Dall’analisi emerge la capacità del sistema toscano di reagire alla globalizzazione ed il suo fondamentale contributo alla ripresa dell’economia regionale post recessione. Il traino alla crescita è arrivato dall’export, quota rilevante del sistema. I settori con le maggiori criticità sono stati quelli più in difficoltà a riposizionarsi sui mercati esteri, come tessile e calzature. Il successo degli ultimi anni, in termini di esportazioni e addetti, è da attribuire alla filiera della pelletteria.
In prospettiva, il recupero di competitività delle produzioni più arretrate e il consolidamento di quelle più dinamiche passa attraverso l’adozione di tecnologie e pratiche gestionali legate al paradigma Industria 4.0. Attualmente le imprese della moda appaiono effettivamente in ritardo rispetto agli altri settori. Una discriminante in tal senso è data dalle dimensioni, con le realtà più grandi caratterizzate da livelli di digitalizzazione comparabili a quelli di aziende di alta tecnologia.
L’economia toscana legata al manifatturiero è fortemente specializzata nelle produzioni del settore moda. Nel 2017 il peso di queste produzioni nell’export ha toccato il 39,1%, quasi il doppio rispetto al Veneto (20,1%) e quattro volte rispetto alla Lombardia (11,9%). Tessile, abbigliamento, pelletteria e calzature costituiscono in termini di valore aggiunto il 5,2% dell’economia regionale ed il 29,5% della sua componente manifatturiera. Il Peso del sistema moda toscano su quello nazionale in termini di valore aggiunto è del 22,1% (Lombardia 23%, Veneto 16,3%). In termini di addetti sul totale nazionale, la Toscana ha il peso maggiore con il 22,8% (Lombardia 19,7%, Veneto 15,5%). Da evidenziare che il peso degli addetti dei settori cuoio e pelletteria in Toscana tocca il 46,3% (Lombardia 9,6%, Veneto 21,5%). Anche in termini di distretti industriali è evidente l’importanza della moda per la Toscana: su 15 totali, 10 sono specializzati nel comparto (in Lombardia 8 su 29, in Veneto 8 su 28). Sistema che trae buona parte dei propri ricavi dalle vendite all’estero, dato che il 47% della produzione regionale è destinata all’export (53,7% Lombardia, 50,7% Veneto). Restando all’export interessante segnalare come questo sia cresciuto a un tasso debole nel periodo 2000-2007 (18,5%) rispetto alle altre due regioni (36,9% Lombardia, 34,2% Veneto); diverso il caso del periodo 2007-2017, dove l’export toscano è cresciuto più rapidamente (27,8%) rispetto a Lombardia (18,5%) e Veneto (22,2%). Nel confronto con Lombardia e Veneto l’andamento dei redditi da lavoro dipendente per ore lavorate è stato meno accentuato. In confronto con gli altri settori economici toscani, e in particolare con la manifattura nel suo insieme, la moda si è mossa in linea con il resto del sistema.
In Italia nel 2016 la moda occupa quasi 500mila addetti, il 13,2% dell’intero settore manifatturiero; poco meno di un quarto (23%) si trovano in Toscana, il 19,7% in Lombardia e il 15,5% in Veneto. In termini di addetti assoluti spiccano abbigliamento, conceria e pelletteria e tessile; forte la concentrazione in Toscana delle lavorazioni del pellame e dei gioielli. Concentrando l’attenzione su due fotografie degli anni Duemila (prima e dopo la grande crisi) la composizione settoriale del sistema moda cambia per effetto della forte contrazione del tessile, nel 2004 primo settore per addetti, e per l’avanzamento, nel 2016, di abbigliamento, conceria e pelletteria, che diventano le specializzazioni maggioritarie, a fronte di un’ulteriore contrazione delle calzature e una stabilizzazione della gioielleria.
La filiera toscana nelle catene globali del valore. La valutazione del ruolo di un settore deve essere fatta anche tenendo conto della posizione che esso occupa nell’intera filiera produttiva, nei suoi rapporti a monte (da chi compra) e a valle (a chi vende) cercando di comprendere quanta parte di tale filiera resta all’interno della regione. Per quanto riguarda gli effetti a monte, per ogni euro di esportazioni della moda toscana, il 58,2% dell’attivazione resta all’interno dell’economia regionale, il 15,4% remunera fattori produttivi delle altre regioni italiane e il 26,4% è distribuito all’estero.
Riguardo alle dimensioni delle imprese del settore, sebbene prevalgano micro e piccole, negli ultimi anni diminuiscono quelle con meno di 9 addetti e crescono quelle di maggiori dimensioni, in particolare nella pelletteria. Molte grandi firme italiane hanno in Toscana sedi di medie e grandi dimensioni. Sono 10 le imprese con più di 250 addetti che complessivamente occupano 5mila addetti (il 5% del totale) mentre 160 sono quelle di medie dimensioni (tra 50 e 249 addetti) che assorbono oltre 14mila addetti. A livello territoriale i distretti della moda sono localizzati nella Valle dell’Arno.
Dentro la Toscana
Una presenza diffusa anche nel territorio con numerosi distretti collegati con la moda, ognuno con le sue specializzazioni e una localizzazione prevalentemente nella Toscana centrale (con l’unica eccezione del distretto della pelletteria di Piancastagnaio), nei luoghi cioè in cui maggiormente si è costruito il modello toscano.
La Toscana: regione della moda
I distretti della moda si localizzano nella Valle dell’Arno e appaiono quindi geograficamente contigui, fatta eccezione per Piancastagnaio, specializzato nella pelletteria, che rimane più isolato (Fig. 2.5). I SLL distrettuali così come classificati dall’Istat, non colgono la presenza importante dei settori moda in territori plurispecializzati e in cui si insediano imprese di dimensioni più elevate. È il caso del sistema locale di Firenze che, accanto al profilo urbano, conserva una presenza rilevante di unità locali manifatturiere –nella pelletteria e nella gioielleria – e vede il protagonismo di multinazionali del lusso, che trovano nel contesto cittadino non solo manodopera altamente specializzata ma anche una sede di rappresentanza internazionale. Accade lo stesso per il SLL di Montevarchi, che non risulta distrettuale ma che accoglie la maggior parte degli insediamenti toscani di una grande multinazionale italiana, con 7 unità locali e più di 1.800 addetti diretti nel 2016.
Per questo è utile georeferenziare le unità locali specializzate nei differenti settori moda per poterne identificare la localizzazione in Toscana, e rilevare in modo immediato le agglomerazioni produttive. Nelle Figure dalla 2.6 alla 2.10 riportiamo la distribuzione delle unità locali toscane specializzate nelle produzioni moda suddivise in industria tessile, abbigliamento, conceria e pelletteria, calzature e gioielleria. Emergono naturalmente le radici storiche della moda toscana: la concentrazione delle imprese tessili nell’area pratese con un prolungamento verso Pistoia; la tendenza alla co-localizzazione di industria tessile e abbigliamento, presente soprattutto a Prato, Firenze ed Empoli; la presenza della conceria e della pelletteria particolarmente forte nel distretto industriale di Santa Croce e nel SLL di Firenze; oltre alle significative presenze in altre aree distrettuali (Montecatini Terme e Piancastagnaio) e a Montevarchi. La localizzazione delle imprese calzaturiere si sovrappone almeno in parte a quella della conceria e della pelletteria. A queste si aggiungono Castelfiorentino e la direttrice Firenze-Lucca con il SLL di Montecatini Terme in cui è diffusa la presenza di calzaturifici. Infine, per quanto concerne la gioielleria emergono le concentrazioni del distretto orafo aretino e dell’oreficeria artigianale fiorentina.
Rapporto Irpet
Queste le principali società operanti nel settore in Toscana:
Ermanno Scervino, Salvatore Ferragamo, Patrizia Pepe, Stefano Ricci, Capri Holdings, proprietario dei brand Versace, Michael Kors e Jimmy Choo, ha acquisito una storica azienda familiare di scarpe da donna della provincia di Pistoia, Alberto Gozzi, che produce per Dolce e Gabbana, Calvin Klein e da tempo anche per il marchio-icona di calzature Jimmy Choo; Mayhoola For Investments Llc (il fondo del Qatar proprietario di Valentino); il gruppo LVMH (con Celine Production S.R.L.; Bulgari Accessori S.R.L; Emilio Pucci S.R.L.; GIVENCHY Italia; Fendi S.P.A.); il Gruppo Kering (con Yves Saint Laurent, Pigini S.R.L.; Balenciaga Logistica S.R.L.; Tiger Flex S.R.L.; Gt S.R.L.; Alexander Mcqueen Logistica S.R.L.); Prada (Prada e Miu Miu); Richemont con lo stabilimento Montblanc per produrre anche altri brand d el gruppo svizzero; Vision Investment Co. controlled by Dubai-based Damac Properties Group che ha acqusito la maison Roberto Cavalli spa; Chanel; Alpha Private Equity Fund 7, specializzata nella realizzazione di accessori metallici e non metallici per abbigliamento, pelletteria e bijoux per le realtà della moda e del lusso quali, per esempio, Burberry, Louis Vuitton, Hugo Boss e Moncler; Christian Dior S.A. Manufactures Dior S.R.L.; Asahi Kasei Corporation Apollo S.R.L.; Berkshire Hathaway Inc. Richline Italia S.R.L.; Daidoh Limited Pontetorto-S.P.A.; Keystar Investment Sa The Flexx S.P.A.; Li & Fung Ltd Sicem International Srl; Look Holdings Inc.; Il Bisonte S.P.A. al 90% del Fondo Palamon capital partners; Onward Holdings Co., Ltd. Freeland S.R.L.; Wigmore Holdings Ltd Luilor S.P.A., Rifle, Roy Rogers.
Fonte: Giunta Regionale
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