Gran Selezione e Terre di Vinci, le controversie sul disciplinare Chianti

Si torna a parlare di modifiche al disciplinare del Chianti DOCG, ad appena tre mesi dall’ultimo ritocco che ha spostato verso l’alto il limite massimo del residuo zuccherino ammesso, e lo si fa sempre strizzando l’occhio ai mercati esteri, in particolar modo quello statunitense e quello cinese, piazza quest’ultima dalle enormi potenzialità, ma di difficile interpretazione.

L’assemblea dei soci del Consorzio ha dato il via libera ad una serie di variazioni e integrazioni, le più importanti delle quali prevedono l’introduzione della menzione Gran Selezione e la creazione di una nuova sottozona che si chiamerà Terre di Vinci. Non c’è ancora l’ufficialità, le proposte del Consorzio dovranno infatti passare al vaglio di Regione, Ministero per l’Agricoltura e Commissione Europea, in un iter che dovrebbe giungere a conclusione entro un paio d’anni ma, una volta ottenuta l’approvazione, avranno valore retroattivo, e quindi sono di immediato interesse per i produttori.

L’istituzione della tipologia Gran Selezione ha lo scopo dichiarato di alzare l’asticella della qualità e di incontrare il favore dei consumatori internazionali, inserendosi su fasce di mercato più elevate, per dare nuovo impulso al marchio Chianti. Potrà essere prodotta su tutto il territorio della DOCG, esclusivamente con uve di pertinenza aziendale, dovrà avere un tenore alcolico minimo del 13% ed essere sottoposta ad un affinamento di almeno 30 mesi. Non è previsto l’uso del tradizionale fiasco per l’imbottigliamento.

Pur rappresentando una novità nel panorama enoico italiano, non sarà la prima volta che la menzione Gran Selezione compare su un disciplinare. Fu introdotta infatti nel 2014, con gli stessi scopi e le stesse caratteristiche produttive, dal Consorzio del Chianti Classico, il quale non ha accolto favorevolmente l’upgrade proposto dai “cugini” del Chianti e ne è immediatamente scaturita una polemica in quanto, stando alle dichiarazioni del presidente Manetti, la nuova tipologia, ricalcata punto per punto dal disciplinare del Chianti Classico, è stata percepita come un attacco al Gallo Nero, e servirà solo a creare ulteriore confusione nel consumatore.

Si tratta purtroppo solo dell’ultima di una lunga serie di controversie che nel corso degli anni sono sorte attorno alla denominazione Chianti, in seguito a decisioni e provvedimenti del Consorzio a volte discutibili, attuati per andare incontro ai gusti dei consumatori e alle mode del momento (si pensi ad esempio all’introduzione dei vitigni internazionali tra quelli ammessi nell’uvaggio), per far fronte ad una situazione di mercato spesso traballante, ma rimettendoci ogni volta una fetta d’identità. Identità che già di per sé è sempre stato un concetto piuttosto vago considerando che la DOCG Chianti, la più estesa d’Italia, comprende una zona di produzione molto grande ed eterogenea per suoli, climi e tradizioni, che si estende ben oltre i confini della regione storica del Chianti, su una superficie di oltre 15.500 ettari suddivisi tra le province di Firenze, Siena, Arezzo, Prato, Pistoia e Pisa.

Per far fronte a questa eterogeneità sono state create, sin dall’istituzione della DOC nel 1967 (diverrà DOCG nel 1984) varie sottozone con lo scopo di distinguere all’interno della denominazione zone di produzione circoscritte, ad alta vocazione e con caratteristiche territoriali più riconoscibili.

E’ in quest’ottica che prende vita l’altra proposta di integrazione al disciplinare, l’istituzione della menzione geografica aggiuntiva Terre di Vinci, una novità che ci riguarda da vicino in quanto interesserà numerose aziende vinicole del Circondario. La sottozona Terre di Vinci infatti comprenderà le aree già facenti parte della DOCG all’interno dei comuni di Vinci, Capraia e Limite (escluse le aree che già ricadono nella sottozona Montalbano), di Cerreto Guidi e di Fucecchio. Un riconoscimento che premia la qualità del territorio e ne evidenzia la tipicità, e che va ad unirsi alle sottozone del Chianti già presenti nell’Empolese, Montalbano e Montespertoli, contribuendo a sottolineare la particolare vocazione viticola delle nostre colline.

Matteo Corsini

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