Il 1° maggio saremo in piazza a fianco di lavoratori e disoccupati, precari, studenti, sfruttati e invisibili. Ci saremo perché non esiste altro luogo possibile da cui ripartire. Perché è su questo terreno che si è consumata la sconfitta che oggi viviamo e su questo terreno vogliamo tornare a costruire per ribaltare gli esiti.
L'ultimo dato diffuso dall'Inail parla di un deciso aumento dei morti sul lavoro nell'ultimo anno. È l'unica sicurezza di cui non si parla, ma che avrebbe senso affrontare. Così come non si parla di chi sul lavoro si ammala perché ormai i nostri corpi e le nostre menti non sono che uno scarto di produzione, il livello più basso della merce. E il silenzio ormai inghiotte anche il tema della qualità dei contratti, di come nonostante tutto la precarietà occupazionale continui a rappresentare il grimaldello attraverso il quale fanno saltare i nostri diritti. Continuano a imbonirci promettendo crescita, che puntualmente non arriva. Senza accennare minimamente ad una redistribuzione delle ricchezze.
Le prospettive sono nere, insomma. Ma in piazza noi voremmo portare il contrario della frustrazione di cui ogni giorno siamo circondati. Siamo in un angolo, lo sappiamo. Ma pensiamo che le nostre spalle siano più forti di quanto si creda. E che basterebbe aprire gli occhi per renderci conto che in questo angolo siamo in tanti e accomunati dalle stesse condizioni materiali. Solo che ormai il senso di impotenza, la rassegnazione di fronte a chi è più forte di noi e la paura di chi ci sta accanto hanno preso il sopravvento.
È ora di tornare a credere che uniti si può. Le lotte che in questi anni sono state portate avanti sui territori stanno lì a dimostrarlo. I facchini della logistica, i precari dei call center, gli operai delle fabbriche delocalizzate. Sono piccole gocce, ma se raccolte possono combattere il deserto, riportare speranza, spingere fuori dall'angolo. Sarebbe un torto a chi è morto con la convinzione che sono le gocce a generare la tempesta ignorarlo.
Noi saremo in piazza con lo spirito di chi guarda in faccia il problema e vuole essere soluzione, di chi vuole ricucire ciò che è stato strappato. È una strada tutta da lastricare, ma non vogliamo più credere a chi ci dice che non ci sono i soldi, che le decisioni sono irreversibili e che ormai indietro non si torna. Non vogliamo più credere a chi ci racconta che il problema sono quelli che stanno peggio.
Il problema è chi detiene i mezzi, chi si arricchisce sulle spalle di chi lavora per una paga da fame, chi dice che l'articolo 18 non è il punto, chi ci chiede di aspettare in cambio di un reddito che di cittadinanza non ha niente.
Da qui parte la nostra tempesta, da questa piazza, da questo 1° maggio, dalle piccole gocce che
Settembre Rosso
Notizie correlate
Tutte le notizie di Empoli
<< Indietro