“Fare muro contro muro sulle cave, oggi, non serve a nessuno ed è controproducente per quella che è la nostra missione: tutelare l’occupazione e i lavoratori. Vale sia per la questione dei beni estimati, per la legge regionale 35 e sia per quello che è il ‘caso Bettogli’. Non sta a noi, al sindacato, dire quanto e cosa devono dare le aziende del lapideo al Comune. Il nostro compito è quello di tutelare e possibilmente far aumentare l’occupazione, al monte come al piano, che si avvicini ad una giusta corrispondenza con la ricchezza prodotta da queste imprese, e batterci affinché i lavoratori abbiano un impiego dignitoso, giustamente retribuito e soprattutto, che tutti lavorino in sicurezza”.
A cercare la strada del dialogo e della mediazione fra amministrazioni e imprenditori, tracciando la linea di intervento nel mondo del lapideo, sono il segretario dalla Uil Area Nord Toscana, Franco Borghini, e il segretario della Feneal Uil, Francesco Fulignani, che provano a smarcarsi dalle posizioni di aperto contrasto emerse fino a oggi per trovare un punto di incontro che metta al centro, prima di tutto, l’occupazione e il futuro della città.
“Per il sindacato, discutere dei beni estimati è assolutamente controproducente – prosegue Borghini – visto che a oggi è in atto un procedimento giudiziario che sta facendo il suo percorso e sarà quindi un giudice a mettere la parola fine sulla diatriba. E a quella decisione dovremo tutti attenerci. Discutiamo piuttosto dei problemi seri, contingenti, sui quali la politica, l’imprenditoria, il sindacato e tutte le parti coinvolte possono discutere e trovare utili convergenze”.
Il primo nodo da sciogliere è quello di continuare nel miglioramento della legge regionale 35 e nel mirino ci finisce il famoso articolo 58-bis: “E’ da apprezzare lo sforzo fatto dalla Regione per rendere meno impattante, dal punto di vista occupazionale, la legge 35 in caso di sforamento dei confini rispetto ai progetti autorizzati ma non è sufficiente. Così come scritto rischia di far ricadere il peso sulle spalle dei lavoratori. Se si blocca tutta l’attività estrattiva, l’azienda è obbligata, prima o poi, a lasciare i dipendenti a casa. Ci è stato detto che non si può pensare di sopperire economicamente con un apposito fondo quindi dobbiamo trovare altre soluzioni – va avanti Fulignani -. Ma l’effetto sanzionatorio deve colpire direttamente chi ha sbagliato senza avere possibili ripercussioni sul lavoro dipendente”. Altro punto da definire meglio, se possibile, visto che l'iter di approvazione non è ancora terminato, riguarda il Piano Regionale Cave e più precisamente la percentuale di resa che così come definita in alcuni casi potrebbe essere di ostacolo o limitare fortemente l'attività.
“Siamo convinti che le cave ed il marmo possono continuare ad essere la locomotiva trainante per la nostra economia e per farlo dobbiamo condividere percorsi che, nel pieno rispetto delle leggi e della sicurezza, ci permettano di lavorarle senza imbrigliarle, per interessi di uno o dell'altro, a pareri non vincolanti che di volta in volta possono cambiare a seconda di chi li chiede o di chi li dà. I dati pubblicati sui guadagni delle imprese del lapideo mostrano chiaramente che l’occupazione apuana è sottodimensionata: dobbiamo batterci affinché aumenti il numero degli occupati, al monte come al piano, con giuste retribuzioni e in piena sicurezza. Questi sono risultati che si possono ottenere solo attraverso una filiera di qualità che faccia del valore aggiunto del lapideo la chiave di volta per questa trasformazione. Non possiamo condividere che un’area dove si trova il marmo più pregiato – evidenzia ancora Fulignani – che è trainante per buona parte del comparto e per bacini meno pregiati rischi di essere bloccata per un parere. Bisogna, nel rispetto della legge e della sicurezza, essere bravi ad evitare blocchi o chiusure di attività perché, se ciò accadesse, si potrebbe causare un effetto a catena con il rischio di perdere centinaia di posti di lavoro. Non è ricatto occupazionale ma la fotografia di scenari che si potrebbero creare se non si interviene celermente”. “Dobbiamo trovare il modo di far lavorare le cave, nel rispetto delle leggi e della sicurezza. Siamo certi che si possa trovare la soluzione, non con il muro contro muro ma col confronto – concludono Borghini e Fulignani -. Invitiamo tutte le parti in causa ad un forte senso di responsabilità e aprire al più presto un tavolo per il marmo dove affrontare e gestire le problematiche al meglio, nell’interesse dei lavoratori e del territorio evitando, possibilmente, di confrontarci con atti e ricorsi che portano via solo tempo, bloccano tutto e lasciano strascichi di macerie e rancori”.
Fonte: Uil Nord Toscana - Ufficio Stampa
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