Un evento tragico segna l’occasione di trattare un tema non all’ordine del giorno e sul quale, forse, in pochi hanno posto la necessaria attenzione: il diritto alla privacy all’interno degli istituti di detenzione. Tutto parte da una vicenda accaduta nel carcere fiorentino di Sollicciano qualche anno fa, precisamente nell’ottobre del 2014, quando una detenuta muore per overdose e l’amministrazione penitenziaria decide di sottoporre tutte le altre all’esame di liquidi biologici per accertare l’eventuale assunzione di sostanze stupefacenti. Il test, voluto per eventualmente procedere con sanzioni disciplinari nei confronti di chi fosse risultata positiva – e così accadde, perché ad alcune furono inflitti quindici giorni di isolamento e altre furono trasferite in carceri lontano da Firenze – fu estorto sulla base di consenso e informazioni non idonee e cioè avvertendo le detenute che gli accertamenti sarebbero serviti per le indagini giudiziarie sul decesso e non per fini disciplinari. Questa la ricostruzione riproposta oggi dal garante regionale dei detenuti Franco Corleone.
L’intervento del Garante dei detenuti della Toscana prima, e di quello nazionale sulla Privacy dopo, ha portato alla condanna dell’amministrazione penitenziaria per comportamento scorretto, ma ha anche aperto un fronte che oggi, martedì 12 marzo, a Firenze è stato affrontato per “avviare una discussione chiara che porti a scelte pratiche e rispettose dei principi della Costituzione”, ha detto Franco Corleone in apertura del seminario “Carcere, test antidroga e diritti alla Privacy”, che si è tenuto questa mattina al palazzo del Pegaso. “Può apparire banale, ma a questo siamo: i test antidroga in carcere devono essere anonimi e soprattutto devono avere scopi preventivi e non disciplinari”. Quello di Sollicciano è ancora di più “il caso”, perché la questione della droga in carcere è “la vera questione. Coinvolge oltre il 50 per cento dei detenuti e non può essere trascurata”, ha continuato il Garante. “Occorre però partire dal punto che i detenuti hanno gli stessi diritti dei cittadini liberi. Coinvolgere il servizio sanitario e le strutture penitenziarie è urgente”, ha detto ancora Corleone che sul sovraffollamento di Sollicciano, sollecitato dai giornalisti, ha avvertito: “Se qualcuno volesse fare scelte di maggiore penalizzazione, aumenterebbe ancora di più il numero dei detenuti arrivando a quella quota mille che porterebbe all’esplosione della struttura”.
Al tavolo di confronto voluto dal Garante con l’adesione della Conferenza nazionale dei Garanti territoriali e della Società della Ragione, anche il Difensore civico della Toscana, Sandro Vannini: “I detenuti sono anche cittadini quindi il tema della privacy e dei loro diritti fondamentali non può essere trascurato o dimenticato”. L’istituto che svolge tutela non giurisdizionale e che opera gratuitamente su controversie nei rapporti con la pubblica amministrazione è anche “garante del diritto alla salute”. Questo diritto appare “molto più delicato da tutelare per chi è sottoposto a misure cautelari in carcere” e l’intervento in sinergia di istituti riconosciuti che operano su più livelli può essere risolutorio, come ha dimostrato la tragica vicenda di Sollicciano. Inoltre, sulla privacy e in generale sull’accesso ai dati, Vannini ha rilevato un’attenzione particolare da parte dei cittadini: “Riceviamo molte segnalazioni, a dimostrazione della necessità di trattare informazioni socio-assistenziali con la massima attenzione e delicatezza possibili”.
Nel corso del convegno Corleone ha letto un messaggio del garante nazionale per la protezione dei dati personali Antonello Soro, secondo il quale la privacy, quale diritto fondamentale, rappresenta il “bagaglio di diritti inviolabili dell’uomo, anche quando questi è sottoposto a custodia cautelare in carcere. La struttura di detenzione non può, in nessun modo, negare questo diritto, può semmai comprimerlo in una misura strettamente indispensabile all’esecuzione della pena”. L’autodeterminazione informativa e l’autodeterminazione terapeutica rappresentano, ha proseguito Soro nel suo messaggio, “due aspetti essenziali della dignità, che è presupposto di legittimazione della pena e della sua finalità rieducativa”. Tutelare questi diritti fondamentali di libertà “diventa ancora più importante in carcere perché il detenuto può espandere la sua personalità individuale proprio attraverso la garanzia di questi diritti”.
Il duplice intervento sul caso di Sollicciano da parte del garante regionale dei detenuti e di quello per la protezione dei dati personali, assume un significato ancora più importante, perché ha permesso di realizzare quella che Soro ha definito la “massima espansione dei diritti fondamentali su cui si fonda un ordinamento personalista quale il nostro”.
Fonte: Consiglio regionale della Toscana - Ufficio stampa
Notizie correlate
Tutte le notizie di Toscana
<< Indietro