Per il modo in cui si è storicamente determinato, a Ponte a Egola come nella zona di Fucecchio-Santa Croce-Castelfranco, l'intreccio tra la residenza e le attività produttive, di servizio e poi anche di depurazione e riciclo dei rifiuti legati al sistema conciario, si è venuta creando una forte presenza di punti di criticità ambientale all'interno di aree prevalentemente destinate alla residenza, e la situazione è stata solo in parte razionalizzata con gli interventi urbanistici degli ultimi quarant'anni.
A tutto questo si è venuto ad aggiungere, in tempi più recenti, la presenza di vere e proprie attività imprenditoriali private di trattamento dei rifiuti, che ne importano dall'esterno per ricavare profitto dal loro trattamento.
Appaiono molto preoccupanti, a questo proposito, i rilievi dell'ARPAT riportati nella sentenza di primo grado con la quale il TAR Toscana ha respinto il ricorso presentato dalla società Cuoiodepur SPA (ne abbiamo parlato qui, NdR) contro alcuni provvedimenti della Regione Toscana aventi ad oggetto la gestione da parte della sopracitata società dell’impianto di depurazione sito in San Miniato, località San Romano.
Senza entrare nel merito della vicenda giudiziaria, pur nella consapevolezza che questi rilievi non sono al momento giuridicamente accertati in modo definitivo, e pur auspicando che possa essere fatta su di essi piena chiarezza, riteniamo si debba essere tutti pienamente consapevoli che sono in ballo, oltre alle questioni primarie della tutela della salute dei cittadini e dell'ambiente, anche quelle legate al corretto funzionamento degli impianti di Cuoiodepur, del futuro e della prospettiva del settore dell'industria conciaria di Ponte a Egola, della salvaguardia degli standard di qualità etica a cui è legato il futuro delle nostre produzioni e delle prospettive occupazionali.
Pensiamo perciò che i sindacati e le associazioni imprenditoriali debbano far sentire la propria voce.
Ci chiediamo inoltre se la parte pubblica, che partecipa alla gestione di Cuoiodepur, non abbia niente da dire a tal proposito; anzi siamo curiosi di sapere come mai, a distanza di un mese dalla sentenza, non si sia ancora pronunciata.
Invitiamo chi di competenza, magari la stessa assessora Fattori (qui la polemica degli scorsi giorni, NdR), che detiene la delega all’ambiente all’interno dell’attuale giunta, a preoccuparsi della vicenda piuttosto che impiegare il suo tempo a fare confronti tra programmi elettorali, dimostrando un interesse tardivo ai contenuti e alla loro realizzazione, auspicando che nell'immediato possa essere fatta piena chiarezza sul sistema dei controlli degli sversamenti.
Nella prospettiva del nuovo mandato amministrativo noi pensiamo che su questi temi si dovrà produrre una vera e propria svolta: sarà necessario puntare ad una separazione netta, molto più di quanto in essere, tra queste attività e le aree di residenza.
Fin da subito, però, pensiamo sia indispensabile seguire criteri ben più rigorosi di quelli che hanno prevalso nel recente passato:
- si dovrà invertire la logica che ha portato a scelte sconsiderate, come il via libera della Regione all'ampliamento, nella zona industriale di Ponte a Egola, di Tecnoambiente e che porterà la quantità dei rifiuti trattati e stoccati dalle attuali 3100 tonnellate (500 delle quali di rifiuti considerati come pericolosi), a circa 5500 complessive;
- è necessario fare una considerazione molto più seria sul fenomeno dell'importazione di reflui e rifiuti, dal momento che, ove non funzionali al compimento dei cicli di depurazione, andranno eliminati.
Fonte: Comitato CambiaMenti
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