Pegaso d'Oro ai testimoni dello sterminio, Rossi: "Memoria fondamentale"

La memoria non soltanto per tenere vivo il ricordo delle persecuzioni e dello sterminio che ci sono stati, ma anche come guida per affrontare i nuovi mali del mondo, quelli che negano i diritti di umanità e liberà e di fronte ai quali occorrono consapevolezza e impegno.
E' stato questo il messaggio più forte arrivato stamani dalla cerimonia con cui la Regione Toscana ha assegnato il Pegaso d'oro, la sua più alta onorificenza, a otto testimoni dell'orrore della Shoah e di tutte le forme di persecuzioni di cui si rese protagonista il nazifascismo.
Dalle mani del presidente della Regione, Enrico Rossi, hanno ricevuto il riconoscimento Tatiana Bucci, in rappresentanza anche della sorella Andra, Vera Michelin Salomon, Kitty Braun, Marcello Martini, collegato via skype e rappresentato dalla figlia, Vera Vigevani Jarack, Gilberto Salmoni, collegato via skype e rappresentato da una giovane dell'Aned, e, alla memoria, Antonio Ceseri, che, scomparso di recente, era rappresentato dalla figlia. La cerimonia è stata condotta da Adam Smulevich, giornalista fiorentino dell'Unione delle comunità ebraiche italiane.

"Con con questa sua decisione - ha detto nel suo discorso il presidente Rossi – il governo regionale ha voluto manifestare tutta la sua riconoscenza per il contributo straordinario che questi testimoni hanno dato alle iniziative messe in campo dalla Regione per trasmettere e mantenere viva tra i giovani la memoria dell'Olocausto e delle persecuzioni: il Treno della memoria, che parte oggi per l'undicesima volta verso Auschwitz, e il meeting sui diritti umani. La memoria è fondamentale – ha sottolineato -, usciamo da un anno che ha visto due importanti ricorrenze, che ci legano alla realtà di questi temi, vitali per la nostra democrazia: gli ottanta anni dalla firma delle leggi razziali del fascismo e i settanta anni della Costituzione repubblicana. C'è l'urgenza di riflettere nuovamente su questo passato – ha ammonito – perché dal presente in cui viviamo emergono i tratti di un passato ignominioso, co n una nuova diffusione, e non solo nell'est europeo, di sentimenti xenofobi e discriminatori e di pulsioni autoritarie e antidemocratiche".

"C'è il rischio – ha detto ancora Rossi – che le commemorazioni possano diventare rito, ma questo non avverrà se stabiliremo sempre e forte un legame con quello che succede intorno a noi. La storia non si ripete, ma insegna e il male nel mondo non è stato affatto sconfitto. Guardiamo vicino a noi, nel canale di Sicilia. Ieri sono morte 117 persone, senza che troppi avvertissero il dovere di salvarle. C'è un problema di accoglienza, che va organizzato e regolato, ma al dovere di salvare le vite umane nessuno si può sottrarre. Mi è capitato, quando ho accompagnato gli studenti toscani ad Auschwitz e a Birkenau, di riflettere con loro sull'atteggiamento di chi viveva vicino ai campi di sterminio e non vedeva e non sentiva. C'è da dire che in quell'indifferenza, in quella ignavia, che pure ci appare insopportabile, c'era anche anche il peso di dover vivere in un contesto di regimi dispoti ci e sanguinari. Di fronte all'orrore quotidiano che si consuma sotto i nostri occhi e nei nostri mari di europei, nessuno può dire di non sapere e di non vedere e vivere, liberi, in paesi democratici ci impone il dovere non solo di vedere, non solo di indignarsi, ma anche di reagire. Si potrà anche perdere, ma la colpa più grave sarebbe quella di non combattere la battaglia per i diritti dell'umanità e della civiltà. Quella battaglia – ha concluso - che i testimoni che oggi onoriamo, veri resistenti, hanno combattuto nei campi di sterminio".

Le biografie dei premiati

Le sorelle Andra e Tatiana Bucci, nate a Fiume da padre cattolico e da madre ebrea, venute a Fiume dalla Biellorussia per mettersi in salvo dai pogrom zaristi, all'età di 4 e 6 anni, vennero deportate ad Auschwitz insieme al cugino Sergio De Simone di 6 anni e alle loro mamme. Si salvarono dalla camera a gas in quanto furono scambiate per gemelle, mentre il cugino Sergio venne assassinato dopo essere stato usato come cavia in orribili esperimenti.

Marcello Martini, cresciuto a Prato in una famiglia antifascista, a soli quattordici anni si distingue come staffetta partigiana e informatore di Radio Co.Ra, in coraggiose azioni in appoggio alla Resistenza. Nel giugno del 1944, catturato insieme alla famiglia viene deportato a Mauthausen.

Vera Michelin Salomon, valdese, dopo l'8 settembre 1943 inizia a collaborare attivamente a Roma con i gruppi studenteschi antifascisti. Arrestata nel febbraio 1944 a Roma insieme agli altri componenti del gruppo clandestino di giovani attivisti, viene condotta a Via Tasso, poi a Regina Coeli e infine condannata a tre anni di carcere da scontare in Germania.

Antonio Ceseri, recentemente deceduto, a cui viene assegnata la medaglia alla memoria, era un internato militare, fiorentino, soldato di marina classe 1924, deportato in Germania dopo l'8 settembre nel campo di Treuenbrietzen nei pressi di Berlino. Rifiuta di arruolarsi nella RSI. Nell'aprile del 1945, i nazisti decidono di uccidere tutti i prigionieri del campo tramite fucilazione di massa, ma Ceseri non venne colpito e rimase coperto e nascosto dai corpi dei compagni morti.

Kitty Braun, nata a Fiume, si trasferisce a Trieste e poi a Mestre con la famiglia, che vive sotto falso nome e in clandestinità. Scoperta e catturata nel novembre 1944 da una pattuglia tedesca guidata da un delatore fiumano, la famiglia viene trasferita alla Risiera di San Sabba, a Trieste, e poi deportata al campo di concentramento di Ravensbrück e in seguito al campo di Bergen Belsen. Il fratellino di Kitty muore dopo la liberazione a causa della tubercolosi.

La storia di Vera Vigevani Jarach, unisce invece l'esperienza di due diverse tragedie del Novecento: ebrea scampata alla deportazione perché rifugiata in Argentina con la famiglia in seguito alle Leggi razziali, vede in seguito la sua unica figlia, Franca, sparire insieme ai trentamila Desaparecidos argentini, e da allora Vera fa parte delle Madres de Plaza de Mayo. L'avere incrociato nella sua vita queste due indicibili tragedie l'ha portata a definirsi "militante della memoria" e a dedicare la propria vita a raccontare la propria vicenda per aumentare la consapevolezza collettiva.

Gilberto Salmoni, ebreo, venne arrestato a quindici anni, assieme a suo fratello maggiore, dalla Milizia della Repubblica di Salò e deportato a Buchenwald, mentre i genitori e la sorella furono uccisi nelle camere a gas di Auschwitz.

Fonte: Regione Toscana - ufficio stampa

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