“Con l'arrivo dell'anno nuovo siamo abituati a riempirci di buoni propositi. Purtroppo lo fanno troppo spesso anche quelli che hanno il diritto-dovere di governare la Res Publica. Adesso però le belle parole e le buone intenzioni non bastano più. Il nostro patrimonio verde sta letteralmente cadendo a pezzi e ci serve una legislazione che renda possibile un forte intervento pubblico di risanamento e cura sistematica” così Francesco Mati presidente sezione prodotto florovivaistico Confagricoltura Toscana interviene sulla nuova “strage” di alberi che ha colpito la Toscana anche in questo weekend a causa del forte vento.
“Non è colpa del destino cinico e baro se basta un po' di vento per buttare a terra i nostri alberi nelle nostre città mettendo in pericolo la sicurezza delle persone e dei loro beni – spiega Mati -. E' colpa di un sistema che non regge più. Si tratta infatti di piantagioni urbane risalenti a 50 anni fa che non sono state adeguatamente curate (vedi capitozzate prive di logica) e che anche per questo hanno esaurito il loro ciclo vitale e non riescono più a garantire il minimo lavoro di pulizia dell'aria o di alberi impiantati una trentina di anni fa in modo totalmente sbagliato sia per la pianta scelta che per il luogo dove è stata messa. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e non regge al confronto con la qualità del verde delle città europee.
“Siamo ai limiti dell'emergenza – continua il presidente sezione prodotto florovivaistico Confagricoltura Toscana – perché si tratta di piante molto grandi e molto pesanti che crollano e/o cadono come fossero stuzzicadenti e che si trovano spesso nei nostri centri urbani sia delle grandi città che dei comuni medi e piccoli”.
“Come vivaisti siamo pronti oramai da tempo – spiega Mati – per rispondere alle nuove esigenze qualitative e quantitative contenute nelle schede Qualiviva, il documento tecnico-scientifico del Ministero dell'Agricoltura e Foreste dedicato agli uffici tecnici comunali per aiutarli proprio a scegliere le piante più adatte a ogni luogo e a gestirle nel migliore dei modi. Il problema è che poi i comuni sono obbligati a scegliere la strada delle gare a massimo ribasso il che spesso significa premiare chi punta tutto sul taglio dei costi (della qualità del prodotto e della qualità del lavoro) e svantaggia le imprese che investono su qualità e professionalità.
“ Il risultato è che così sulle teste dei cittadini abbiamo un sistema di alberature pubbliche pericoloso e insufficiente, ma anche uno spreco di soldi pubblici perché poi i lavori fatti male e/o percicolosi devono essere continuamente rimessi a posto” conclude Mati.
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