Il Consiglio comunale ha approvato definitivamente la variante urbanistica per le aree produttive. Maggioranza e amministrazione esultano. Noi siamo invece convinte che da questa decisione non scaturirà alcuno sviluppo, ma ci sia, al contrario, il concreto rischio di vedere il caos urbanistico nelle nostre aree produttive (modello Osmannoro trapiantato a Empoli) oltre a un ulteriore immotivato consumo di suolo (molto più consistente di quanto dichiarato). E per la Cabel-Sesa è possibile procedere in un altro modo.
Siccome noi non riusciamo ad intravedere, in questa variante, altra visione che non sia quella del semplice acconsentire a qualsiasi richiesta esterna, ci sarebbe piaciuto che magari la maggioranza avesse provato a spiegarla, la sua visione, anche in consiglio, visto che le 12 ore di dibattito sono state esclusivamente animate dagli interventi dell’opposizione, senza che la maggioranza sia intervenuta nemmeno una volta, su nessuno dei numerosi punti in discussione – dicono le consigliere di opposizione Bartoli, Marconcini, Cioni e Ciolli.
Proviamo a esaminare rapidamente cosa si è deciso di fare ieri e perché – aggiungono –. La variante per prima cosa introduce la possibilità di destinazioni d’uso non industriali (direzionale, servizi, commerciale) in una parte cospicua del tessuto produttivo. La decisione si giustifica con il cambiamento della struttura stessa delle attività produttive che vede un intreccio molto stretto tra attività squisitamente manifatturiere e attività di tipo terziario, come servizi alle imprese, gestione dati, progettazione ecc., che è una cosa vera. La modifica introdotta però si traduce, in realtà, nella possibilità di realizzare qualcosa come 127mila 653 metri quadrati (sono quasi 13 ettari!) di superfici commerciali (negozi di vicinato e medie distribuzioni). Nel vigente piano strutturale la previsione era di 30mila metri quadrati! Ora noi abbiamo qualche difficoltà a far combaciare tutto questo commerciale con le esigenze di un tessuto produttivo tecnologicamente avanzato. Ci pare più probabile sia il risultato della ricerca di valorizzazione di terreni ed immobili in area produttiva che porterà da un lato a far lievitare i prezzi, gravando anche su chi invece fa impresa davvero e dall’altro, non essendo guidata da una programmazione precisa delle localizzazioni e da un conseguente disegno di viabilità, spazi a verde ecc. ci consegnerà quel modello di area produttiva promiscua, dove convivono capannoni, magari sfitti, sale giochi, palestre, multisala, col risultato di un caos urbanistico molto prossimo al degrado. Altro che riqualificazione, si importa il modello Osmannoro quando a lo si sta dappertutto ripensando.
Le altre previsioni, ribaltando il principio che ispirava il piano strutturale e che considerava come una criticità da contenere le attività produttive disperse nel territorio, comportano ampliamenti e addirittura nuove aree da edificare in zona agricola, determinando un consistente consumo di suolo (ce ne fosse stato bisogno visto che siamo uno dei comuni a maggior consumo di suolo) spesso in aree a rischio idraulico molto elevato. Alcune sono particolarmente preoccupanti come quella di Carraia dove si consente la costruzione di un capannone ex novo in un terreno agricolo prospiciente all’abitato o quella della Farfalla dove preoccupa l’impatto di una previsione, evidentemente eccessiva, sulla frazione.
I dati infatti non sono quelli riportati nelle dichiarazioni del comune, come può facilmente verificare chiunque accedendo ai documenti della variante. La sola nuova previsione di via Piovola occupa un’area di poco meno di 120mila metri quadrati, che insieme a quelli dell’ex polo tecnologico, attualmente destinati a verde complementare e alle altre previsioni in aree agricole, determina, dopo il recepimento delle osservazioni, un nuovo impegno di suolo per oltre 300mila metri quadrati. Un dato, come si vede dalle dichiarazioni dell’amministrazione, che si tenta costantemente di sottorappresentare, evidentemente consapevoli che il consumo di suolo dovrebbe essere invece, se non azzerato almeno drasticamente ridotto. E il tutto mentre permane, come tutti gli empolesi sanno, una quota consistente di inedificato e inutilizzato nelle aree produttive già previste.
Parliamo allora della Cabel-Sesa, una delle nuove previsioni più importanti della variante. Qui si dice che, per non soffocarne lo sviluppo, si sta consentendo un ampliamento di una attività produttiva che, come tutti sanno, è molto dinamica e certamente preziosa per il nostro tessuto produttivo. Quello che si fa realmente è però qualcosa di diverso, perché le reali esigenze produttive degli occupanti dell’area sono chiarite bene anche dalle richieste avanzate con le osservazioni e attengono alla necessità di ulteriori 5mila metri di magazzino e 3mila di direzionale, da aggiungere alle attuali dotazioni.
Niente a che vedere con le quantità di edificabile che consente la variante, che sono almeno di un ordine di grandezza superiore. In realtà in via Piovola si disegna una vera e propria area produttiva multifunzionale nuova, dove troveranno posto servizi vari, un albergo, un ristorante, superfici commerciali palestra, un auditorium, spazi didattici ecc. sul modello, si spiega, dei campus americani. Lo si fa in un area gravata da elevato rischio idraulico, tanto da dover prevedere opere importanti di mitigazione sulla Piovola (che tra l’altro non si sa chi pagherà), prospicente all’area pozzi dell’acquedotto, critica dal punto di vista paesaggistico, priva di fognature e soprattutto avulsa dalla città, una specie di enclave in mezzo alla pianura.
Una operazione di dimensioni cospicue, che cambia valore ad un’area di oltre 120mila metri quadrati, di proprietà quasi esclusiva di Sesa e soprattutto Cabel, con la generazione di un plusvalore molto consistente (basta raffrontare i valori di mercato del terreno agricolo e di quello edificabile).
Noi pensiamo che per mancanza di autonomia e di visione di chi governa questa città, si stia perdendo una occasione. Le legittime esigenze del privato vanno coniugate con gli interessi della città. Immaginiamo di crearlo alla Montevivo il Campus tecnologico. Con l’auditorium, le strutture di servizio, il polo formativo, di collegarlo all’attività produttiva di via Piovola (che dista meno di due chilometri), per esempio con una ciclabile e avremmo un elemento di sviluppo di tutta la città, che potrebbe essere realizzato stabilendo sinergie tra pubblico e privato e risolvendo uno dei problemi insoluti che ci portiamo dietro da decenni.
Certo serve una amministrazione in grado di rilanciare e non solo di recepire richieste e non ci pare che l’attuale lo sia, se al suggerimento della Cgil che proponeva di approfondire la possibilità di localizzare in città le previsioni extraproduttive dell’area, si risponde che l’indicazione è interessante, ma richiede una iniziativa dei privati. No, sarebbero proprio queste le iniziative che dovrebbe avere una amministrazione che non scambiasse le scelte di governo con l’aderenza acritica alle richieste dei portatori di interessi.
Dusca Bartoli
Sabrina Ciolli
Beatrice Cioni
Samuela Marconcini
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