Lo scorso 4 novembre è venuto a mancare, all'età di 84 anni, il professor Marco Dezzi Bardeschi, tra i massimi interpreti del restauro architettonico in Italia.
Laureato in ingegneria edile nel 1957 a Bologna con Giovanni Michelucci (progettando una scuola materna a Sorgane) e in architettura nel 1962 a Firenze con Piero Sanpaolesi (con una tesi sul restauro del complesso di San Pancrazio a Firenze e sull'opera dell'Alberti), poi docente a Firenze e quindi dal 1976 professore di Restauro al Politecnico di Milano dove fondò il Dipartimento per la conservazione delle risorse architettoniche e ambientali nel 1980.
Il motto che sintetizza il suo atteggiamento nell'intervento sul costruito è «Aggiungere semmai, non sottrarre risorse al contesto», perché ogni generazione lasci delle tracce da trasmettere poi a quelle future. La sua attività a favore dell'inserimento dell'architettura moderna nei contesti storici lo ha però portato spesso a scontrarsi con le soprintendenze e con parte dell'opinione pubblica.
"A Firenze – ha ricordato il presidente della commissione urbanistica Leonardo Bieber che ha svolto nel consiglio comunale di oggi un ricordo – Dezzi Bardeschi lascia le importanti testimonianze dei restauri della Palazzina Reale e della Stazione di Santa Maria Novella, e del dragone che dal Giardino dell’Orticoltura guarda in tutto il suo splendore Firenze, fino al condominio in Piazza San Jacopino, oggetto di polemiche a suo tempo in città. Ma forse ancor di più il suo segno rimane nella fervida attività convegnistica e di saggista, visto che fu fondatore di varie riviste come Necropoli, Psicon, Ananke a cui chi stava collaborando con un articolo su Firenze con visioni anche critiche rispetto a certe scelte dell’Amministrazione Comunale. Il mio ricordo personale dell'incontro con Dezzi Bardeschi risale al convegno sulle "Caserme in divisa", promosso proprio dalla Commissione Urbanistica con l’Ordine degli Architetti e l’Archivio Storico del Comune di Firenze, per parlare del futuro delle tante caserme dismesse nel nostro territorio e realizzate quando Firenze divenne capitale d'Italia. Ne ricordo con piacere l'energia, la disponibilità, l’entusiasmo, la vivacità d'ingegno, la competenza, la creatività, la curiosità, la passione civile e la verve critica ed a volte polemica che ha contraddistinto tutta la sua attività".
"Sarebbe bello se come commissione urbanistica – ha aggiunto Bieber – si riuscisse a organizzare, in collaborazione con l’Ordine degli Architetti, un'iniziativa per ricordarlo".
Fonte: Comune di Firenze - Ufficio Stampa
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