Anfore per vino, olio e salse di pesce, vasellame da cucina e da tavola e, ancora, in grande quantità, ossa di animali residuo dei pasti. L’ultima campagna di scavi dell’Università di Pisa condotta a Luni ha portato alla luce nuovi reperti che documentano la vita quotidiana dei lunensi nell’età tardo antica fra VI e VII secolo dopo Cristo.
“E’ emerso che gli abitanti dell’area consumavano vino ed olio provenienti dai mercati mediterranei, in particolare dal Nord-Africa, dall’Asia minore e dalla fascia costiera siro-palestinese, e che avevano una dieta molto ricca, a base di carne – racconta la professoressa Simonetta Menchelli dell’Ateneo pisano che ha diretto gli scavi - lo studio dei reperti delle ossa e dei vasi da cucina ha evidenziato infatti un notevole consumo di maiale, ed anche di bovini ed ovini, oltretutto macellati in giovane età, indizio di una comunità con un alto tenore di vita”.
Complessivamente, la campagna di scavi che è terminata lo scorso ottobre ha interessato il settore meridionale di Luni, presso Porta Marina, e quello settentrionale, documentando una complessa stratificazione databile dall’epoca romana sino al VII-inizi dell’VIII secolo, quando la città passò dal dominio bizantino a quello dei Longobardi.
In particolare gli archeologi hanno portato in luce cospicui resti di due domus romane costruite agli inizi I sec. a.C. e già individuate negli anni precedenti. Nella domus meridionale sono stati ritrovati dei pavimenti a mosaico e, al di sotto, i resti di un’altra domus costruita intorno al 130 a.C., sulla quale fu costruita, ampliandola, quella del I secolo. Su quest’ultima residenza, nel corso del II secolo d.C. si impiantò un ulteriore edificio quadrangolare di notevoli dimensioni, diviso in almeno tre ambienti, per la cui sottopavimentazione furono utilizzati grossi frammenti di intonaco dipinto – prevalentemente di secondo stile pompeiano-, con tutta probabilità derivati dalla distruzione dei muri della domus sottostante. Il riutilizzo di strutture preesistenti è testimoniato anche nell’area della domus settentrionale, occupata nel IV-V sec. d.C. da un impianto artigianale per il lavaggio e la produzione di tessuti. Qui gli archeologi hanno individuato i resti di vari edifici costruiti in parte sfruttando i muri preesistenti e in parte con strutture lignee, in particolare tettoie rette da pali. Fra tutti è risultato particolarmente ben conservato un lungo ambiente rettangolare con il focolare al centro, una struttura tipica delle abitazioni di età tardo antica/altomedievale.
Gli scavi sono stati svolti in regime di concessione da parte della Soprintendenza Archeologica Liguria e in sinergia con il Museo Archeologico Nazionale di Luni. Hanno partecipato studenti dell’Università di Pisa, dell’Istituto Parentucelli Arzelà di Sarzana e del Liceo Costa di La Spezia, coordinati sul campo dal dottore Paolo Sangriso, con i dottori Stefano Genovesi, Alberto Cafaro, Silvia Marini, Rocco Marcheschi. In particolare, lo studio dei reperti archeoozoologici è stato eseguito da Julie Reynaert dell’Università di Ghent, con Traineeship Contract con l’Università di Pisa.
Al progetto degli scavi hanno inoltre partecipato il professore Adriano Ribolini del Dipartimento Scienze della Terra (con gli studenti della Laurea Magistrale in Geofisica di Esplorazione ed Applicata) per le indagini Ground Penetrating Radar volte all’individuazione delle strutture sepolte e il professore Vincenzo Palleschi del CNR di Pisa per le rilevazioni mediante drone per la modellazione delle strutture in 3D.
I risultati della campagna archeologica sono stati presentati nel corso di un open day, sabato 20 ottobre, con visite guidate agli scavi, esposizione dei reperti e punti informativi sulla metodologia, gli strumenti e le tecniche utilizzate. L’evento ha registrato un notevole successo di pubblico, con la partecipazione di oltre 170 visitatori.
Fonte: Università di Pisa
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