Non solo la “casa delle imprese”, ma un ente che tuteli le aziende fiorentine anche al di fuori dello stretto ambito economico, dunque aperto al mondo esterno e capace di incidere nelle politiche di gestione della comunità. Con un obiettivo preciso: costruire lo sviluppo del territorio programmando ogni elemento utile, dalle infrastrutture alla governance economica, dai trasporti ai piani per la sicurezza, dalla legalità alla formazione fino all’alleggerimento della burocrazia. Ma soprattutto con un’impronta nuova, di maggiore autonomia dalla politica, dalla quale le associazioni firmatarie intendono mantenersi distinte e distanti, e di maggiore condivisione dalla parte più ampia possibile del sistema economico. Non più accordi bilaterali tra due (o tre al massimo) associazioni, ma una vera e profonda condivisione di idee, programmi e scelte nelle quali possa effettivamente riconoscersi l’intero sistema economico. È così che vogliono la “nuova” Camera di Commercio le associazioni di categoria dell’artigianato, del commercio, del turismo, dell’industria, dell’agricoltura e della cooperazione, che hanno siglato un documento unitario contenente le linee guida per il futuro assetto dell’ente camerale, aperto all’apporto di tutte le organizzazioni che vorranno aderire e fornire il loro contributo. Alla base sta la necessità di recuperare quella rappresentatività di tutti i soggetti collettivi (istituzioni, partiti, associazioni di categoria, sindacati dei lavoratori…) che qualcuno oggi mette in discussione attraverso la constatazione dei corpi intermedi. Colpa forse dei loro processi decisionali, che qualche volta sono apparsi troppo lenti, o comunque inadeguati ad una realtà che è invece sempre più dinamica, in cui le variabili del cambiamento da gestire sono molte di più che in passato e richiedono tempi rapidi e coraggiose assunzioni di responsabilità. Così, secondo i rappresentanti delle associazioni promotrici, la Camera di Commercio dovrà far sentire di più la propria voce su tanti argomenti quali aeroporto, le l’infrastrutture, la gestione delle fiere e degli eventi, la rivitalizzazione urbana, l’accessibilità, tanto per fare alcuni esempi. Insomma, ora le associazioni di categoria, non senza un approfondito esame di coscienza ed un “mea culpa” collettivo, vogliono tornare a fare la differenza nel dibattito sociale ed economico e rivendicano per le imprese nel territorio metropolitano fiorentino un nuovo protagonismo che le rimetta al centro della scena. L’impresa va riportata al centro, quale convergenza di interessi per lo sviluppo dell’intera comunità. In nome di interessi collettivi, però, visto che solo una solida economia può assecondare la vera crescita del territorio, l’occupazione ed il benessere. Del resto, passati gli anni delle spinte per la disintermediazione della democrazia, a vari livelli si è capito che, come riporta il documento, “sul piano delle relazioni istituzionali le scorciatoie non servono e che le istituzioni non possono affrontare e risolvere i grandi problemi del paese attraverso politiche di contatto diretto dei propri organi decisionali con cittadini e/o imprese, bypassando le associazioni di rappresentanza”.
Il fatto è che proprio certe associazioni, anche per la loro diffusione capillare sul territorio, hanno il polso reale della situazione e possono fornire a chi prende le decisioni una panoramica esaustiva dei problemi e delle possibili soluzioni da attuare. “Allo stesso tempo, in generale, ma in particolare sul nostro territorio metropolitano, - prosegue il documento - sta cambiando il modello che per tanti anni ha guidato lo sviluppo e le relazioni economiche e imprenditoriali, fatto anche di assi privilegiati con certe tipologie d’impresa, piuttosto che con altre, per definire e realizzare le varie politiche di sviluppo territoriale”. Si chiede quindi un nuovo modello che rispecchi la complessità del tessuto economico e di rappresentanza delle imprese, dove lo strapotere di determinati interessi economici ha ormai segnato il passo lasciando spazio per un rinnovato vigore delle piccole e medie imprese, in settori altamente innovativi ma anche più tradizionali, dove il futuro resta radicato all’eredità del passato. Se dunque un tempo poteva valere la logica della bilateralità più ristretta, in cui le decisioni prese al massimo da due o tre soggetti venivano riversate gioco-forza sugli altri, adesso deve valere una logica più ampia fatta di ascolto, confronto e condivisione. In definitiva, è una questione di democrazia.
Confindustria, Confcommercio, Cna, Confartigianato, Coldiretti e Confcooperative
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