In Toscana mafia vista come non pericolosa: i dati sulla percezione del fenomeno

Una regione dove la politica viene vista come di una sfera “altra” rispetto al proprio vissuto quotidiano, un tema sul quale ci si informa ma senza partecipazione diretta. Si riduce anche la tendenza all’associazionismo: infatti due rispondente su cinque non aderisce ad alcuna associazione, mentre la maggior parte di chi si attiva su questo fronte dedica il suo tempo soltanto a una realtà associativa. Una regione dove la mafia viene percepita come fenomeno marginale o preoccupante ma non pericoloso: Una regione dove la corruzione è abbastanza diffusa nella percezione e nelle esperienze dei cittadini. Con una sfiducia soprattutto nei confronti di membri del governo e del Parlamento e e dei partiti. E dove chi potrebbe o dovrebbe denunciarla ha paura delle conseguenze o ritengono la corruzione un fatto normale.
La fotografia sulla percezione e presenza delle mafie e della corruzione in Toscana è stata scattata da Libera che ha presentato il rapporto LiberaIdee, una ricerca sociale quantitativa e qualitativa su 216 questionari.

Politica. L’autocollocazione politica dei rispondenti mostra una prevalenza di coloro che si dichiarano di appartenere al centro-sinistra (45,6%) mentre non si dichiarano né di destra né di sinistra il 39,7%. Emerge con forza una concezione della politica come di una sfera “altra” rispetto al proprio vissuto quotidiano, un tema sul quale ci si informa ma senza partecipazione diretta: soltanto l’12 % dei rispondenti si ritiene politicamente impegnato, mentre il 56,9% dice di tenersi informato ma senza partecipare. Ben il 17, 6 dichiara che la politica non gli interessa o che genera disgusto.
Partecipazione ed associazionismo. Oltre quattro rispondenti su dieci non aderiscono ad alcuna associazione, mentre la maggior parte degli associati dedica il suo tempo a uno specifico gruppo. Tra questi, prevalgono di volontariato sociale (40,5%), sportivi (24,8%) e culturali (24,0%).

Globale è locale. Il fenomeno mafioso è percepito da otto intervistati su dieci come un fenomeno globale. In Toscana per quasi quattro rispondenti su dieci la presenza della mafia nella propria zona si può considerare marginale, mentre per una quota poco inferiore si tratta di un fenomeno preoccupante ma non pericoloso.
Secondo i rispondenti, tra le attività principali della mafia in Toscana vi è innanzitutto il traffico di stupefacenti (60,5%) A seguire, troviamo lavoro nero(35,3%), appalti truccati(33,5%).Altri reati segnalati in Toscana sono lo sfruttamento della prostituzione(26%), la corruzione dei dipendenti pubblici (21,9%), e il riciclaggio di denaro (19,5%). Si osservano inoltre alcune differenze per fascia anagrafica: il coinvolgimento di gruppi mafiosi nel lavoro nero e la corruzione preoccupano primariamente i più giovani, mentre lo sfruttamento della prostituzione, il riciclaggio di denaro e lo smaltimento illecito di rifiuti sono indicati come attività prevalenti delle mafie soprattutto dagli adulti. Tra i fattori sociali considerati rilevanti per l’adesione a gruppi mafiosi, spicca – soprattutto in Toscana – l’assenza di istituzioni e di una cultura diffusa della legalità, seguita a breve distanza dal ruolo della famiglia e del contesto di riferimento e quindi, più distanziate, dalle difficoltà economiche e in ambito lavorativo. Guardando alle motivazioni individuali che spingono un individuo ad aderire alla mafia, prevale tra i rispondenti l’idea che l’affiliazione mafiosa sia legata alla possibilità di ottenere guadagni facili e, in seconda battuta, alla ricerca di prestigio e potere.

Corruzione. La percezione della diffusione della corruzione in Toscana risulta meno marcata rispetto al campione nazionale (56,5% a fronte dal 73,4%).In particolare, quasi la metà dei rispondenti ritiene che la corruzione sia “abbastanza” presente nel territorio regionale, una quota pari al dato italiano, mentre meno del 9% la ritiene molto diffusa. Il il 28,7 % dei rispondenti ritiene che la corruzione è poco diffusa o pressoché assente.
Alla radice della prospettiva disincantata sull’ampiezza del fenomeno si collocano spesso esperienze personali: circa un rispondente toscano su cinque dichiara di conoscere personalmente o di aver conosciuto in passato qualcuno coinvolto in pratiche corruttive (aver ricevuto o aver offerto tangenti e/o favori indebiti): si tratta di una quota elevata ma inferiore a quella nazionale, pari al 30,5%. La conoscenza diretta è più diffusa tra gli adulti.
E’ la sfera politica il principale bersaglio selettivo della sfiducia: il coinvolgimento nella corruzione viene considerato significativo nei confronti di membri del governo e del Parlamento (54,6%) e dei membri dei partiti(49,5%). A seguire quindi i funzionari pubblici che assegnano gli appalti (42,1%).
Viene inoltre segnalato in misura superiore alla media nazionale un presunto coinvolgimento di esponenti delle forze dell’ordine (22,7%), in particolare da parte dei più giovani.
I motivi principali per cui gli episodi di corruzione non vengono denunciati, scelti tra una rosa ampia di possibilità (potendone selezionare fino a tre), sono primariamente il timore per le conseguenze della denuncia e, in seconda battuta, la paura che l’intero sistema sia corrotto, compresi coloro che dovrebbero raccogliere la segnalazione, la rassegnazione determinata da una presunta inutilità della denuncia, l’idea che la corruzione sia difficile da dimostrare. Preoccupa che oltre un intervistato su quattro, in Toscana , afferma infine che coloro che non presentano denuncia di fronte a fenomeni corruttivi perchè ritengono la corruzione un fatto normale
Colpisce che le azioni ritenute più efficaci da intraprendere per combattere la corruzione si risolvano in atti individuali: denunciare (64,3%), rifiutarsi di pagare (22,1%), partecipare a manifestazioni di protesta (21,6%).

Mafie straniere. La metà dei rispondenti ritiene che in Toscana vi sia la presenza di organizzazioni criminali di origine straniera con caratteristiche similari alle mafie tradizionali italiane. La percentuale di coloro che non sono in grado di prendere posizione sul tema, circa un rispondente su quattro, è leggermente più elevata di quella italiana. La quota di incerti si attesta invece su un valore inferiore a fronte di una domanda più precisa circa il tipo di criminalità straniera presente nella regione: circa un rispondente su tre – afferma di non essere in grado di identificare esattamente l’origine dei gruppi mafiosi stranieri più diffusi nel territorio regionale. Tra coloro che rispondono in modo puntuale alla domanda, invece, prevale molto nettamente l’indicazione della mafia di origine cinese (35,5%) e a seguire quella albanese (15%). A fronte di questo scenario, la pericolosità dei gruppi criminali di origine straniera è considerata tendenzialmente comparabile a quella delle mafie italiane: per quattro rispondenti su dieci, infatti, le mafie straniere sono ugualmente o meno pericolose di quelle autoctone.In relazione al rapporto tra migrazioni irregolari e mafie, per quasi la metà dei rispondenti un ruolo prevalente è svolto dai gruppi mafiosi tradizionali italiani, mentre per circa un intervistato su cinque vi è un coinvolgimento maggiore delle mafie straniere.

Beni Confiscati. Nella maggior parte dei casi – quattro rispondenti su dieci, gli intervistati sanno che i beni che sono stati confiscati vengono poi dati in uso per fini istituzionali o sociali. Un rispondente su due non è a conoscenza di beni confiscati in Toscana; tra coloro che ne sono a conoscenza, invece, prevale la quota di quanti, pur avendone notizia, non dispongono di informazioni puntuali circa la loro collocazione sul territorio. La conoscenza relativa ai beni confiscati, in particolare quella più approfondita, è più diffusa tra gli adulti. Nella grande maggioranza dei casi – oltre otto su dieci – i beni confiscati sono percepiti come una risorsa per il territorio, capace di portare benefici all’intera comunità locale. Per quel che concerne le opinioni relative a quale debba essere l’utilizzo dei beni confiscati, secondo i rispondenti dovrebbero essere destinati in misura prioritaria alla realizzazione di luoghi pubblici di aggregazione e di educazione alla cittadinanza (27,8%) e cooperative orientate all’inserimento lavorativo dei giovani (26,9%),

Progetto realizzato grazie al contributo del Gruppo Unipol


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