"Il 7 agosto 2015 il consiglio comunale ha approvato la dislocazione dell’azienda in un luogo idoneo entro tre anni, periodo di tempo che scadrà il 30 settembre 2018", questo dichiarava Vittorio Gabbanini, sindaco di San Miniato, in un intervento pubblico riportato dalla stampa.
A fine ottobre 2018 (un mese dopo la scadenza da lui stesso indicata), non solo M3 è ancora lì e non è stato fatto nessun passo concreto per trasferirla, non solo dunque rappresenta ancora un fattore di rischio per le funzioni residenziali della zona in cui è insediata e per lo sviluppo possibile di attività, ad esempio da parte dell'associazionismo ponteaegolese, in quell'area, ma non è stato preso nessun provvedimento serio di prevenzione del rischio.
Sabato 20 ottobre, ad esempio, si è svolta a Santa Croce sull'Arno una grande esercitazione per simulare l'efficienza della protezione civile e dei mezzi di soccorso nel caso di una grave emergenza ambientale allo stabilimento del gruppo Biokimica. Non ci risulta non solo che sia mai stato effettuato, ma neanche che sia in programma un evento del genere intorno alla M3 (ex ICLA) di Ponte a Egola.
Mentre sul versante del trasferimento dell'ex ICLA c'è stata da parte dell'Amministrazione Comunale una completa latitanza, non si è esitato ad assumere scelte di ulteriore aggravamento della situazione di rischio ambientale a Ponte a Egola. Tale è, senza ombra di dubbio la sconsiderata decisione di dare il il via libera della Regione all'ampliamento, nella zona industriale di Ponte a Egola, di Tecnoambiente, che porterà la quantità dei rifiuti trattati e stoccati dalle attuali 3100 tonnellate (500 delle quali di rifiuti considerati come pericolosi), a circa 5500 complessive, contraddicendo gli obiettivi di valorizzazione della qualità etica e ambientale delle produzioni conciarie della nostra area impliciti nel riconoscimento della zona industriale di Ponte a Egola come “area produttiva ecologicamente attrezzata”.
Tutto questo in una situazione in cui dovrebbe destare maggiore allarme la presenza di vere e proprie attività imprenditoriali private di trattamento dei rifiuti, che importano rifiuti dall'esterno per ricavare un profitto dal loro trattamento, e in cui pesano sulla situazione ambientale di Ponte a Egola anche situazioni di rischio dislocate in altri comuni. Ad esempio, nella notte tra mercoledì 26 e giovedì 27, tra le 23 e le 2, c'è stato un incendio di natura probabilmente accidentale all'impianto di trattamento dei rifiuti della Waste Recycling, situato nella zona industriale tra Castelfranco di Sotto e Santa Croce. L'incendio è avvenuto quando nessuno si trovava nelle vicinanze ed è stato prontamente domato: possibili conseguenze più gravi sono state quindi evitate, ma comunque, da un impianto che, così era stato a suo tempo assicurato, “non avrebbe avuto un impatto ambientale superiore a quello del forno di una pizzeria”, sono stati diffusi in tutto il Comprensorio, sulla sponda destra come su quella sinistra dell'Arno, fumi e maleodoranze.
Non c'è dubbio che puntare su una separazione molto più netta tra queste attività e le aree di residenza richiederà scelte urbanistiche di medio-lungo periodo.
Ma fin da ora è indispensabile seguire criteri ben più rigorosi di quelli che hanno prevalso nel recente passato:
1) il calcolo degli impatti ambientali dovrà tenere conto della situazione comprensoriale e non di quella di ogni singolo comune;
2) si dovranno bloccare scelte di ulteriore appesantimento della situazione come l'ampliamento di Tecnoambiente;
3) in questa situazione infine non è concepibile nessuna ulteriore proroga, neanche solo tacita, per allontanare M3 ex-ICLA dall'abitato di Ponte a Egola.
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