Da anni l’USB è al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori del commercio nella battaglia contro le domeniche e i festivi lavorativi per obbligo, contro lo smembramento dell’orario di lavoro e contro alla cancellazione del diritto al riposo.
Le aperture domenicali hanno portato una flessibilità selvaggia, cancellando buona parte dei diritti, privando il lavoratore di giorni indispensabili per la socializzazione e, in generale, sdoganando il concetto – utile al consumismo più sfrenato – che sia indispensabile poter acquistare qualunque cosa in ogni momento. Cancellando, di fatto, la differenza tra cosa siano i servizi essenziali e cosa no.
A Firenze il punto vendita Esselunga prima e Ikea poi hanno deciso di indire uno sciopero ad oltranza delle domeniche.
In entrambi i casi la scelta di utilizzare questa forma di protesta ha un duplice intendo: da una parte quella di protestare contro le modalità messe in atto dai due colossi della grande distribuzione, dall’altra quella di restituire ai lavoratori la possibilità di scelta nell’ambito del lavoro domenicale.
In Esselunga – Novoli da mesi ormai i lavoratori chiedono di indire elezioni RSU, sono state soppressi diritti e agibilità sindacali ed è stata addirittura rimossa la bacheca sindacale.
In IKEA, invece, l’USB denuncia la mancata volontà da parte della multinazionale di una contrattazione di secondo livello seria, l’utilizzo della RSU per semplici informazioni e non per un confronto aperto, le continue modifiche unilaterali di orari e mansioni, con l'imposizione di un ulteriore week end lavorativo ai full time e il non riconoscimento dell'esonero domenicale alle madri con figli al di sotto dei 3 anni.
Su basi – quindi – già compromesse, dove le aziende dimostrano l’indisponibilità totale o parziale di confronti aperti e sereni con i rappresentanti dei lavoratori, la scelta è stata quella dello sciopero ad oltranza delle domeniche, in modo da ricentrare l’attenzione anche su un altro punto dolente del mondo del commercio: quello di non anteporre ai diritti dei lavoratori la liberalizzazione sfrenata in nome del consumismo.
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