Nel quadro di Giuseppe Bezzuoli Eva tentata dal Serpente, il rettile ha denti aguzzi e lucenti scaglie dorate e verdi, preziose. Ne aumentano la bellezza e l’inganno le sottili e variopinte ali quasi di farfalla: la tentazione si veste di una promessa accattivante e splendente. il centro della scena è tutto occupato da Eva, nel trionfo della sua giovane e generosa nudità, che con gesto molle afferra la mela mentre ci lancia uno sguardo languido e complice, innocente e invitante, come a chiedere conferma di un fare maledetto. Il grande dipinto a olio su tela del fiorentino Bezzuoli, affrescatore di soggetti storici e creatore di immagini romantiche ed accademiche, è stato acquistato dalle Gallerie degli Uffizi per la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti, ma dove sarà visibile dalla primavera prossima. Intanto, dal 26 ottobre fino al 17 marzo 2019, sarà esposto nella mostra Romanticismo organizzata dalle Gallerie d’Italia a Milano.
Sette anni intercorrono fra il disegno preparatorio, conservato a Londra, del 1846, e la realizzazione pittorica del 1853: dunque una lunga gestazione probabilmente da imputare alla mancanza di una commissione ufficiale dell’opera. Il quadro, rimasto nello studio dell’artista fino alla sua morte, era ben noto alla critica ottocentesca, ed ebbe la sua massima celebrità all’Esposizione Universale di Parigi del 1855. Per la sua spudorata verità, causò grande clamore di pubblico, anche alla Prima Esposizione Nazionale tenutasi a Firenze del 1861. In città, fu ancora messo in mostra nel 1880, e poi il silenzio, al punto che a lungo fu considerato perduto. La riscoperta moderna dell’opera avvenne nel 2011, quando la tela ricomparve alla mostra fiorentina Lorenzo Bartolini, scultore del bello naturale, alla Galleria dell’Accademia.
“Bezzuoli è in pittura ciò che il suo compatriota Bartolini è presso a poco in scultura” scrive Giuseppe Mazzini, sì proprio lui, uno dei Padri della Patria, nel mentre era esule a Londra nel suo Saggio sulla pittura moderna del 1841. All’Accademia di Belle Arti di Firenze, Bezzuoli ebbe come allievo Giovanni Fattori. Fra i due non correva molta stima e non c’è da stupirsene visto che il primo era fondamentale esponente di una pittura “storica” e romantica, dai toni altisonanti, e il secondo fu forse il più celebre interprete del realismo rappresentato dai Macchiaioli. La Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti possiede già opere dell’artista fiorentino, ma da nessun’altra si sprigiona la passionalità, la sensualità carnale che troviamo in questa. “La verità disarmante della figura di Eva – afferma il Direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt – fa del dipinto un cardine fondamentale nella storia della rappresentazione del nudo femminile, che agli Uffizi trova due esempi celeberrimi nella Venere di Urbino di Tiziano e soprattutto, per la scelta della veduta da tergo, nella Venere e Satiro di Annibale Carracci. Terminata dieci anni prima dell’Olimpia di Manet, che pure rimanda a quei prototipi, l’Eva di Bezzuoli fu un’opera rivoluzionaria per il suo tempo - in anticipo anche sul realismo spregiudicato di Courbet – e dimostra come Firenze nell’Ottocento ebbe un ruolo di primo piano sulla scena europea.”
L’immagine dell’opera è scaricabile dal sito www.uffizi.it
Fonte: Gallerie degli Uffizi
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