Luigi Dagostino, re degli outlet arrestato il 13 giugno 2018 per fatture per operazioni inesistenti attestate da società in Toscana e in Puglia e a cui sono stati sequestrati beni per circa 3 milioni di euro, andrà a processo. È quanto ha chiesto il pm Christine von Borries di Firenze al gip.
Per l'accusa Dagostino, in quanto titolare della società Andi di Figline Valdarno e cancellata nel 2016 dal Registro delle Imprese, recepiva fatture false, accumulando passivi fittizi, da società di Barletta come 'Building & Engineering', 'Ruggero Rizzitelli' ditta individuale, 'Bielle Costruzioni', 'Futura Costruzioni' e 'House Builders'. Le fatture erano per lavori edili e noleggio di materiali, come ponteggi.
Le parti offese sono l'Agenzia delle Entrate e il manager italo-francese Remì Leonforte. In passato socio di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, a Luigi Dagostino oggi scade la misura cautelare degli arresti domiciliari.
Chiesto il rinvio a giudizio anche per l'ex moglie di Dagostino, Maria Emanuella Piccolo, e la compagna dell'imprenditore Ilaria Niccolai, con lui socia al 70% nella Nikila Invest (Dagostino ha il restante 30%). Anche per ol manager, vicino a Dagostino, Amedeo Moretti Cuseri, 33 anni di Castiglion Fibocchi è stato chiesto il processo. Inoltre, in uno stralcio della stessa inchiesta, per un falso verbale di un'assemblea (mai tenuta) della Nikila Invest, il pm ha anche chiesto il processo per il commercialista Federico Ariano e il consulente tributarista Matteo Faggioli, imputati di favoreggiamento reale in concorso. Il falso verbale sarebbe dovuto andare a sostegno di un'istanza di restituzione dell'immobile Villa Banti di Firenze, che era sotto sequestro preventivo.
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