"Siamo qui per ricordare una delle pagine più infami della storia italiana. Una pagina che si consumò proprio qui a San Rossore, ottant'anni fa. In Italia il razzismo ha avuto un suo sviluppo, ma con il fascismo diventò un fatto di Stato, un elemento determinante sancito dalle leggi: la firma, il 5 settembre 1938, dei Provvedimenti per la difesa della razza, non si può considerare un atto come gli altri. Furono 670 gli ebrei deportati dalla Toscana e tornarono in poche decine dai campi di sterminio nazisti". Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha aperto così la conferenza stampa che si è tenuta oggi alla Cascine vecchie della Tenuta di San Rossore, subito dopo l'inaugurazione della mostra "1938 - La storia", del Museo della Shoah di Roma.
"Una grande inquietudine – ha proseguito - pervade tutti i democratici in questo periodo storico. Si affaccia l'idea che la storia possa ripetersi; si avvertono analogie, scivolamenti e dobbiamo preparare argini adeguati. Non ci sono certo le stesse condizioni che prepararono l'ascesa del nazismo e del fascismo. Però ora come allora siamo in presenza di una crisi economica che colpisce i ceti popolari, che genera un impoverimento culturale prima che materiale. Anche allora c'era la tendenza a sentirsi traditi, vittime. Anche allora c'era un fenomeno di immigrazione pesante dall'est verso la Germania, dopo la rivoluzione russa. Oggi si assiste alla caccia al nero e dietro a questo c'è una cultura. Per questo, con ancora più forza, occorre ribadire che esiste una sola razza: quella umana".
"In Toscana – ha ricordato il presidente - abbiamo messo in campo tante iniziative, a cominciare dal Treno della Memoria, e per questo ringrazio gli organizzatori e gli insegnanti che ogni anno preparano i ragazzi a questa straordinaria esperienza nei campi di sterminio nazisti. Partecipiamo convintamente a tutte le commemorazioni delle stragi nazifasciste. C'è una cultura - ha sottolineato Rossi -, che io voglio contrastare, che tende a sottovalutare questi momenti. Invece, noi vogliamo continuare a ricordare quelle stragi, vogliamo far sapere che i fantasmi del nazismo, del fascismo, del razzismo, possono tornare. Non dobbiamo smarrire il senso di fondo di cosa ha significato per noi attraversare quel periodo buio".
"La Toscana – ha concluso il presidente - è multietnica, sono 407mila gli stranieri che vivono regolarmente e stabilmente sul nostro territorio. Chi pensa che si possa tornare indietro, magari con un'operazione di pulizia etnica, non sa come è la Toscana oggi. Interi comparti funzionano grazie agli stranieri. Il problema dell'immigrazione deve stare in cima ai nostri pensieri e tutti quanti siamo chiamati a misurarci con questa realtà. Se si dovesse tornare indietro, chiuderebbero tante attività. Nella nostra società siamo stati capaci di elaborare il conflitto, la differenza. Questi i temi che dobbiamo affrontare per essere all'altezza dell'insegnamento della storia".
Barni: "Serve una memoria vigile"
"Serve una memoria vigile" dice ferma la vice presidente della Regione Toscana, Monica Barni, un attimo dopo la deposizione delle corone davanti alla targa nel parco di San Rossore che dal 2012 ricorda la firma nella tenuta, nel 1938, delle leggi antisemite italiane. Accadde nelle villa del re che sorgeva subito dietro e che oggi non c'è più.
"L'esser qui, tutte le istituzioni assieme, è un gesto importante dal punto di vista simbolico ed essenziale per la memoria – sottolinea – Dobbiamo lavorare con i giovani, affinché non cedano all'indifferenza o non siano irretiti da false chimere e racconti. Oggi purtroppo tanti segnali ci dicono che il pericolo c'è e quindi dobbiamo ancor di più alzare il nostro impegno, in una regione dove tante cose comunque già vengono fatte: il Treno della memoria ad esempio, che ogni due anni porta oltre cinquecento ragazzi delle scuole superiori ad Auschwitz e che non è un viaggio commemorativo ma della consapevolezza, che inizia con la preparazione degli insegnanti e il lavoro in classe". Prima ancora di salire sul convoglio.
"Lo facciamo dal 2002 – ricorda l'assessore – Siamo stati la prima Regione ad organizzarlo e forse ancora oggi l'unica per i numeri messi in campo".
Altri presenti alla cerimonia
Questa mattina il consigliere regionale del M5S Irene Galletti era presente alla manifestazione di San Rossore in ricordo dell’istituzione delle leggi razziali del 1938.
“Le istituzioni di ogni livello, i partiti di ogni colore e i cittadini tutti hanno il dovere civico e morale - sottolinea la Galletti - di combattere ogni forma di discriminazione e razzismo. La nostra azione è sempre stata e sempre continuerà a essere fedele ai princìpi della costituzione e ai valori fondanti la Repubblica nata dalla Resistenza al nazifascismo”.
Università: "Accademici chiederanno scusa, complicità nelle leggi razziali"
La Toscana ricorda e ha deciso che gli ottanta anni delle leggi razziali e antisemite firmate nel 1938 a San Rossore non possono ridursi alla commemorazione di un solo giorno. Occorre riflettere, fare esercizio di quella memoria vigile che tenga insieme, come una volta ha spiegato benissimo Italo Calvino, "l'impronta del passato e il progetto del futuro.
Dopo oggi il primo degli eventi promossi e finanziati dalla Regione e organizzati dalle Università toscane sarà il 20 settembre, quando professori ed accademici chiederanno scusa per l'avvallo alle leggi razziali fasciste del 1938, accolte nel silenzio complice quando non sostenute scientificamente a spada tratta. Accadrà nel cortile del palazzo della Sapienza dell'Università di Pisa. Il rettore Mancarella, a nome di tutta l'Accademia italiana che sarà presente con i propri rettori, farà ammenda per gli atti che, a partire dalla plebiscitaria decisione al "Giuramento di fedeltà fascista" del 1931, videro il mondo universitario complice verso le scelte del regime. Solo a Pisa furono venti i docenti e quasi trecento gli studenti stranieri che, per il solo fatto di essere ebrei, subirono discriminazioni ed esclusioni. La cerimonia sarà trasmessa in streaming sul web e con l'occasione sarà scoperta anche una lapide. Dopodiché prenderà le mosse in convegno internazionale di due giorni, che si accompagnerà ad una mostra storica, iniziative didattiche rivolte alle scuole, conferenze e proiezioni di film rivolte alla cittadinanza che metteranno a fuoco il legame che esiste tra tradizione antigiudaica e moderno antisemitissmo ma anche compareranno la shoah con altri genocidi e rifletteranno sul colonialismo, la persecuzione razziale e le responsabilità italiane.
Ci sarà più di una mostra. Quella itinerante inaugurata oggi nella Sala Gronchi delle Cascine Vecchie di San Rossore e visitabile fino al 5 novembre, "1938 – La storia", è stata ideata e realizzata dalla Fondazione Museo della Shoah. Curata da Marcello Pezzetti e Sara Berger, racconta per l'appunto il 1938 e la persecuzione degli ebrei, la propaganda messa in atto, il lavoro obbligatorio, limiti alla proprietà attraverso foto, manifesti, documenti e giornali in gran parte inediti e originali. Sempre oggi, nel pomeriggio, è stata tenuta a battesimo anche "I giovani ricordano la Shoah". Curata dal Ministero dell'università e della ricerca e dall'Ucei, l'unione delle comunità ebraiche, la mostra è ospite di Palazzo Vitelli in Lungarno Pacinotti e rimarrà lì fino al 5 ottobre "Ebrei in Toscana nel XX e XXI secolo", a cura dell'Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea, sarà inaugurata il 12 settembre al Bastione Sangallo di Pisa, visitabile anche questa fino al 5 novembre. C'è anche un'installazione "Vite sospese", nella chiesa pisana di Sant'anna in via Carducci: resterà lì dal 15 ottobre al 15 novembre.
A Siena l'università della città organizza il 25 e 26 ottobre un convegno sul doppio anniversario delle leggi antiebraiche del 1938 e la promulgazione della Costituzione della Repubblica italiana nel 1948. L'iniziativa sarà ospitata al Polo Mattioli e il primo giorno, il 25 ottobre, la sessione sarà aperta alle scuole superiori di Siena e Provincia. Interverranno Argenio Antonella dell'Università della Campania, Lorenzo Bastida, Cinzia Cardinali e Ilaria Marcelli di ASSI??, Filippo Bellagamba, Elena Bindi, Renzo Azelio Castelnuovo, Floriana Colao, Filippo Dami, Lara Lazzeroni Federico Lanzerini, Simone Lucattini, Gianluca Navone, Paolo Passaniti, Lialiana Picciotto e Marco Ventura dell'università di Siena, Nidam-Orvieto Iael dello Yad Vaschem di Israele e Irene Spigno dell'Università autonoma di Cohauila del Messico.
A Firenze il primo appuntamento sarà il 22 novembre, con l'Università di Siena e l'istituto Sangalli. Si parlerà anche in questo caso delle leggi razziali e dei settanta anni della Costituzione. Si parte con un incontro nell'auditorium della Rai regionale Toscana, ospiti alcune scuole fiorentine, che ascolteranno Alberto Cavaglion dell'università di Firenze, Daniele Garrone della Facoltà valdese di Roma e Mauro Moretti dell'Università per stranieri di Siena. Coordina Enrico Fink, musicista ed attore, toscano, considerato uno dei principali interpreti della tradizione ebraica in Italia.
La giornata prosegue nel pomeriggio in piazza San Firenze presso la sede dell'Istituto Sangalli con un seminario rivolto stavolta a studenti universitari, dottorandi e dottori di ricerca: assieme di nuovo ad Alberto Cavaglion e Daniele Garrone interverranno Stefania Dazzertti dell'Università degli studi di Napoli "L'Orientale" ed Elena Mazzini dell'università di Firenze. Coordina il professore Francesco Margiotta Broglio. Chiude la giornata la tavola rotonda finale con i rappresentanti delle comunità religiose fiorentine.
Il 23 novembre mattina ci si sposta a Siena, nell'Aula Magna dell'università per stranieri di Siena. Studenti delle superiori e studenti universitari si confronteranno su leggi razziali e Costituzione. Interverranno Paola Carlucci dell'Università per stranieri di Siena, Stefania Dazzetti da Napoli, Anna Di Castro per la Comunità ebraica di Siena, Daniele Garrone della Facoltà valdese di Roma. Coordina Mauro Moretti dell'Università per stranieri senese. A chiudere l'artista Enrico Fink, con il suo repertorio di musica e cultura ebraiche. L'appuntamento è aperto alla cittadinanza.
L'Università di Firenze curerà una ricerca sull'emigrazione intellettuale dall'Italia fascista e dalle leggi razionali, in particolare su studenti e studiosi dell'università fiorentina in fuga dopo il 1938. Sarà realizzato un vero e proprio archivio. Da ottobre sono previste anche attività didattiche e interventi nei licei e nelle scuole, invitate il 18 dicembre al convegno che farà una sintesi sul lavoro svolto.
Le testimonianze delle norme antisemite
Ottanta anni fa la firma a San Rossore delle leggi razziali. Ottanta anni dopo la commemorazione, la deposizione di una corona davanti alla targa nel parco che dal 2012 le ricorda e la presentazione di un fitto programma di iniziative che le università toscane hanno messo in piedi e che la Regione ha finanziato: per non dimenticare, per provare a capire quella che non era una follia ma un disegno lucido fondato sull'invenzione della superiorità della razza ariana. Convegni, seminari e incontri per approfondire, ma anche l'abbraccio con le seconde generazioni di chi è immigrato oggi in Toscana, per costruire insieme un futuro dove l'orrore del razzismo non abbia più diritto di cittadinanza.
La fine è nota: lo sterminio nei lager nazisti. Quello di cui in genere si è meno consapevoli è come le cose cominciarono, anche in Italia, ovvero ben prima dell'8 settembre e della guerra. Le iniziative nelle prossime settimane e mesi servono a colmare il vuoto che va dal 1938 al 1945, assieme al ricordo di chi le persecuzioni le patì in prima persona e dall'oggi al domani si ritrovò privato dei suoi diritti di cittadino.
"Nei riguardi degli ebrei non si avvertiva nessun astio - raccontava a Toscana Notizie un po' più di tre anni fa l'ingegnere fiorentino Federico Benadì – L'Italia non sembrava un paese antisemita, almeno fino all'alleanza con la Germania". I germi del razzismo erano comunque già stati gettati nel 1937, con le leggi che vietavano nelle colonie le relazioni "d'indole coniugale" tra italiani e donne suddite: vietato ai bianchi di vivere nei quartieri indigeni, ai sudditi coloniali di frequentare locali per bianchi. Si iniziò con l'antisemitismo di testate come "La Difesa della Razza" e con i manifesti ‘scientifici': una sequela di aberranti dichiarazioni, inconsistenti scientificamente e farcite di falsi storici. E poi arrivarono le leggi razziali del 1938. Nel mondo intanto, nello stesso anno, a ridosso delle Alpi sul lago di Ginevra in territorio francese, si celebrava la confe renza di Evian, voluta da Stati Uniti e Società delle Nazioni per decidere sulla sorte di decine di migliaia di profughi tedeschi e austriaci, ebrei ma non solo. Parteciparono trentadue diversi paesi (nove dall'Europa). Nacque lì il diritto dei rifugiati, ma non fu trovato alcun accordo sulle quote di accoglienza e gli ebrei, gli oppositori politici e le persone che il terzo Reich considerava non omologabili e che già dopo l'Anschluss erano in fuga dalla Germania furono costrette a tornarsene a casa, rimpatriati. Come quella nave, tedesca, carica di profughi che arrivò fin nei Caraibi ma dovette tornarsene in Europa. Solo Santo Domingo dichiarò di essere pronta ad ospitare fino a 10 mila ebrei, mentre la Bolivia, fino al 1941, ne accolse ventimila. E a San Rossore, il 5 settembre, venivano firmate le leggi antisemite italiane.
"Fu un fulmine a ciel sereno – racconta ancora Benadì -. Avevo quattordici anni e da un giorno all'altro mi trovai completamente estromesso dalla vita che era stata mia fino a quel momento. Senza più il diritto di stare insieme agli altri". Continuò gli studi privatamente, come altri ebrei. Ma la vita era cambiata. "Non si poteva avere la radio in casa – spiegava ancora a Toscana Notizie nel 2015, alla vigilia della partenza del Treno della memoria per Auschwitz -, né personale dipendente ‘ariano'. Non potevamo neppure iscriverci ad una società sportiva oppure andare per qualche giorno al mare. Ma soprattutto ricordo i documenti, su cui cominciò ad essere stampigliata la dicitura ‘di razza non ariana'". Frammenti di memoria simili a quelli di molti altri. Guido Cava, rappresentante della comunità ebraica di Pisa, fu allontanato da scuola ad otto anni. "Quando avevo cinque anni il Comune di Torino indicò sul mio atto di nascita ‘razza ebraica' - spiegava lo scorso gennaio Aldo Zargani, ebreo perseguitato anche lui, davanti ad ottomila ragazzi al Mandela Forum di Firenze nel giorno della memoria – Mio padre, musicista e prima viola nell'orchestra Eiar (la Rai di oggi ndr), perse il lavoro e dovemmo chiedere l'elemosina".
"La maestra venne a casa e disse a mia madre che non potevo più andare a scuola" raccontava, dallo stesso palco, Vera Vigevani Jarach, classe 1928, fuggita nel 1939 da Milano in Argentina con parte della famiglia. "Tu sì … tu no .." selezionavano i poliziotti entrati in classe: prima l'esclusione, poi la deportazione. Le dittature nascono con la violenza del potere, ma crescono nell'indifferenza. "L'esser cacciata da scuola fu per me un trauma fortissimo - diceva – Quando avevo dieci anni mio padre, avvocato, mi portò davanti al tribunale per spiegarmi cosa fosse la giustizia. Dopo pochi giorni mi cacciarono da scuola. Protestai con lui, dicendo che quella non era la giustizia che mi aveva insegnato". Fortunatamente l'Italia ai tempi del fascismo non fu tutta monolitica e un'altra scuola elementare e un professore, fascista e con l'orbace, decise di organizzare lezioni pomeridiane per b ambini ebrei assieme a cinque maestre israelite. Uno stratagemma, non senza rischi, fondato su un regio decreto che stabiliva che nelle scuole dove ci fossero stati più di dieci bambini ebrei era possibile aprire sezioni separate.
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