“Quilibet habitans in terra et castro Sancti Cassiani teneatur et debeat spazzare et nittare ante domum suam”. Lo scrivevano “i buoni e discreti uomini” del Comune di San Casciano nel 1357, nel loro Statuto, in un latino che stava gradualmente transitando verso la nuova lingua del volgare. Ma l’impegno civile e il desiderio di vivere osservando leggi e regole, presagiva una coscienza moderna e responsabile. I sancascianesi della seconda metà del XIV secolo erano ‘uomini amanti della giustizia, della quiete e della pace’, attenti al decoro urbano e alla pulizia degli spazi pubblici e privati, come attesta appunto il più antico Statuto del Comune di San Casciano arrivato fino a noi, oggi conservato nell’Archivio di Stato di Firenze. Come difatti leggiamo anche in altri statuti tardomedievali toscani, non si potevano lavare i panni o gettare rifiuti nella fonte, nel pozzo o nell’abbeveratoio del Comune e chi infrangeva questa legge era sottoposto ad una multa pari a 10 fiorini. Insieme alla cura e alla tutela del contesto ambientale, per le quali era considerato importante il contributo di ogni residente del castello chiamato a fare la propria parte come ‘cittadino attivo’, i sancascianesi, sottoposti al controllo del Comune di Firenze, mostravano piena consapevolezza dell’importanza di preservare la sicurezza all’interno del castello vietando il tiro con l’arco o con la balestra. E ancora, non erano consentiti i giochi d’azzardo, le violenze per strada, il turpiloquio e le bestemmie ed era severamente punito chi scatenava risse.
Sono questi alcuni degli aspetti inediti, preziose pennellate di quotidianità della vita tardomedievale del castrum di Sancti Cassiani ad Decimum, legate alle origini millenarie di San Casciano, che lo studio della nostra cittadina, Mèsi Bartoli, coadiuvata dal Prof. Giuliano Pinto, fa affiorare dal passato. Una prova di archeologia scritta che per la prima volta porta alla luce il più antico Statuto del Comune di San Casciano che ci sia pervenuto, attraverso la trascrizione e la traduzione del testo. Un documento che il Comune, in collaborazione e in accordo con l’Università di Siena, avendo già avviato uno specifico percorso sulla conoscenza, la valorizzazione e la tutela delle mura medievali sancascianesi, ha intenzione di mettere al centro di un’operazione culturale di ampio respiro per la conoscenza e la riscoperta del nostro medioevo. “L’obiettivo è l’edizione integrale dello Statuto da mettere a disposizione degli studenti, degli esperti e degli storici – dichiara l’assessore alla Cultura del Comune di San Casciano – lo strumento migliore per conoscere e rileggere in chiave contemporanea le nostre radici è la valorizzazione e lo studio delle fonti, di documenti inediti come il primo ordinamento normativo di San Casciano che tratta materie penali, commerciali, sociali, ambientali e giuridiche, abbinati alla creazione di un percorso puntuale e sistematico di studi e conferenze che permettano di approfondire e compiere ulteriori passi importanti nella ricerca sulla nostra storia”.
Era esattamente il 1357 quando San Cassiano rinasceva ‘comunità’ dopo un susseguirsi di assedi e di distruzioni, tra le quali, memorabili, quelle di Castruccio Castracani e di Fra Moriale. Conclusa la costruzione delle mura di cinta nel settembre 1356, a carico della Repubblica fiorentina che spese oltre 35mila fiorini per la sua realizzazione, si definiscono diritti e doveri degli abitanti del castello attraverso un complesso di leggi codificate nello Statuto cittadino approvato il 20 marzo 1357 da “uomini veri guelfi”, iniziando così un percorso di convivenza civile. Leggi semplici ma severe, che danno la misura della vita collettiva in un castello del tardo medioevo ancora poco abitato ma destinato a crescere grazie alla sua dominante posizione geografica per il controllo viario del territorio tra Siena e Firenze.
“Il 1357 è una data importantissima per San Casciano perché segna la nascita di una comunità – spiega Mèsi Bartoli, che compie la prima traduzione dal latino del documento. L’antico codice normativo, che si distingue per ricchezza e completezza di particolari, descrive la vita sociale e civile del castrum, ma non solo, perché è leggendo le carte dello Statuto che è possibile ricostruire l’area urbana interna alle mura, conoscere la divisione in quartieri con i loro confini e i loro nomi, capire la disposizione urbana degli edifici, la piazza principale con al centro il pozzo, una Loggia e la casa del Comune, conoscere l’esatta posizione delle quattro porte d’accesso al castello e i loro nomi oggi dimenticati: Porta Fiorentina e Porta Santa Maria, le due porte maestre, Porta Sant’Angelo e Porta San Francesco, quelle minori. Inoltre lo Statuto ci mette a conoscenza della suddivisione territoriale extraurbana in popoli e pivieri con la trama di relazioni tra il castrum e le dipendenti campagne circostanti”.
Il codice sancascianese è in ottimo stato di conservazione; è costituito da 172 carte pergamene scritte con inchiostro nero, mentre i titoli e i capilettera sono in inchiostro in rosso. A margine di ogni pagina possiamo leggere numerose e interessanti integrazioni e correzioni dei revisori fiorentini, compiute dal 1358 al 1367. Inoltre il testo è corredato da alcuni disegni, tutti di grande interesse culturale, ma soprattutto uno colpisce l’attenzione: il ritratto di un uomo dal mento pronunciato e la barba incolta, naso prominente, sguardo vigile e corporatura robusta, con una mano brandisce una spada e con l’altra regge uno scudo, in testa indossa un elmo; forse il primo ritratto che si conosca di un sancascianese? Questo antenato medievale ha tutta dall’aria un uomo risoluto e combattivo ma che oggi ispira un’affettuosa simpatia (le immagini in allegato al testo sono state concesse dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali del Turismo /Archivio di Stato di Firenze). Altri disegni raffigurano animali, stadere, armi e la campana del Comune che scandiva il tempo della giornata sancascianese, quella campana che suonava nei momenti di pericolo, in caso di attacco nemico, ma anche nelle occasioni di festa, per celebrare le nozze di un ufficiale del comune o per le grandi e solenni cerimonie della festa di San Cassiano.
“Un testo affascinante – spiega Mèsi Bartoli – e da sancascianese mi sono lasciata rapire dai contenuti così attuali del documento, che richiamano ad una visione moderna del vivere in comunità come ad esempio l’obbligo di lastricare davanti a casa o di realizzare un giardino, di occuparsi delle condizioni igieniche del castello nella totalità dei suoi spazi. Lo Statuto ci informa sull’economia di San Casciano e sulle attività commerciali svolte da tavernarij, vinatterij, hospitatores, mercarij, beccarij: erano severamente regolamentate la macellazione e lo smercio della carne come pure la vendita del vino; era vietato tenere in casa animali ad eccezione di due capre o pecore, mentre il mercato del bestiame era allestito in uno spazio esterno alle mura.
Le donne del borgo erano attive soprattutto nel lavoro della terra o nella filatura della lana, ma era severamente vietato filare sulla porta di casa o sotto la loggia del Comune. “Scavare nelle nostre radici serve a conoscere noi stessi – conclude il sindaco Massimiliano Pescini – a comprendere da dove veniamo e ad individuare la struttura organizzativa e giuridica che ci regolamentava; lo studio di Mèsi Bartoli ha un altissimo valore storico rivolto al futuro, ci consente infatti di tramandare con maggiore consapevolezza il patrimonio di identità che svela per la prima volta la San Casciano delle origini, un lavoro straordinario che metteremo in rilievo anche in occasione della nostra più importante rievocazione storica, il Carnevale medievale, previsto tra marzo e aprile 2019”.
Fonte: Ufficio Stampa Associato del Chianti Fiorentino
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