I 5 rioni del Palio del Cuoio hanno una storia ben più lunga della competizione stessa, giunta alla 31esima edizione nel 2018. Lo storico e studioso Valerio Vallini ha effettuato delle ricerche storiche ed ecco cos'è emerso sulla storia dei cinque rioni legati dall'Egola.
LEPORAIA — Un'ipotesi abbastanza plausibile, suffragata nel tempo da ricerche archeologiche e archivistiche condotte da Agostino Dani e dallo scrivente, è che Leporaia sia stato un piccolo territorio che dalla base delle colline di Cigoli, a sinistra dell’Egola, si stendeva da est ad ovest, attraverso l’Egola, fino a giungere alla zona del campo sportivo chiamato “Leporaia” secondo una tradizione che voleva in quella zona l’esistenza di una Leporaia: zona di lepri. E’ questo uno dei non rari casi in cui la leggenda antica si sposa con la realtà della storia. Si tratta di una Leporaia bassa da contrapporsi a quella alta con chiesa di San Pietro e castello, situata in un poggio sopra la piccola valle del fosso del Regli. Non è troppo lontano dalla realtà il fantastico stemma disegnato dal canonico Galli negli anni trenta del Novecento, che raffigura una lepre che attraversa un ponte. Dal punto di vista storico, questo castello o casale fortificato, fu certamente una località strategica importante nel contesto storico-sociale della valle dell’Egola, specie nei secoli XIV e XV. La via, oggi sentiero, sul quale doveva affacciarsi Leporaja, conduceva alla chiesa di San Pietro alla Scala, non lontano dalla famosa via Francigena che in quel luogo è vicinissima al borgo e alla chiesa di San Genesio in vico Wallari. Che di castello si trattasse non ci sono dubbi. Lo troviamo nominato 1130 e 1191, fino a giungere al Diario di Giovanni Leimo da Comugnori che descrive le lotte fra guelfi e ghibellini, a partire dal 1301 fino al 1318. Leporaja si trovava in quegli anni, come Stibbio, Montebicchieri e Cigoli, in una zona di frontiera dato che il confine fra Firenze e Pisa era segnato dall’Egola come afferma il G. Rondoni nelle sue Memorie Storiche. A causa delle guerre e delle pestilenze, il castello decadde fino a contare nel 1427 una sola famiglia di 12 bocche.
GIUNCHETO – Prende il nome dall’antico Rio Giuncheto rammentato intorno al Mille da Francesco Dini nel suo “Dietro i nostri secoli”. Scende dalle alturev di San Romano-Casotti e attraversa una fascia di territorio di proprietà fino alla metà del Novecento delle famiglie fiorentine Salviati e Ridolfi. In Giuncheto miglie Salviati e Ridolfi. In Giuncheto sono comprese, anche oggi, ie località dei Ghetti di sopra e dei Ghetti di Sotto esistenti fin dal 1826 e nei quali vivevano in prevalenza Barrocciai e negozianti. La denominazione di «ghetti» non ha niente a che fare con eventuali residenze ebraiche ma si riferisce semplicemente alla strettezza dei viottoli ed al groviglio di casupole esistenti.
IL PONTE — Riguardo al paese e non al suo territorio, prima di tutto ci fu il ponte sull'Egola. E' probabile che questo sia stato costruito con¬temporaneamente al tracciato della via Pisana-fiorentina, l’antica via Quintia? Ci pare molto improbabile. Le prime notizie che siamo riusciti a trovare risal-gono a quel 7 novembre 1314 quando «350 cavalieri e 500 fanti de' rubelli di San Miniato si ridussero insieme scorrendo per la strada e piano di San Miniato fino al ponte a Ebola com’era chiamato allora. Si parla, nel 1377, di oneri ripartiti fra i comuni del Valdarno (Fucecchio, S. Croce, Castelfranco, S. Maria a Monte, Montopoli, S. Gonda, Montaione, Cevoli. Leporaia, Montebicchieri, Stibbio, Barbialla, Castelnuovo, Canneto. Santo Stefano, Coiano, S. Quintino) per la ricostruzione del ponte, a significare l'importanza (oggi si direbbe comprensoriale) dell'opera. Nel 1514, nel libro della Luna dei capitani di Parte, esiste una copia di una provvisione del 27 ottobre che ordina si rifaccia il ponte. Negli anni 1689-1692, si hanno notizie di nuovi lavori e, in una cartina, la collocazione del ponte si rivela diversa dall'attuale: nei pressi della cosiddetta «nave» che doveva indicare una strada (la via di Pruneta) che portava alla barca traiettizia per Santa Croce. In queste stesse scritture si trova nominato nel 1742 il borgo di Ponte a Egola che poi sarà definito villaggio nel 1811 in pieno dominio napoleonico.
MONTENASO-PIAZZALE (rione non più attivo) — L’esistenza di Montenaso, che richiama appunto l'idea di un poggio, è da ricondursi ad un luogo collinare esistente nei pressi della Bufala. Alcune genti da quel luogo si devono essere spostate ai primi del Settecento nei pressi del ponte che si diceva abitato da «quelli di Montenaso». Nel 1742 esistevano delle stalle e si ha memoria di un chiesino. Il luogo era abitato probabilmente anche prima di quella data, ma solo da quell'anno, nella filza n. 3990 dell'Archivio Storico di San Miniato si ha memoria della famiglia Baldini che viveva appunto alle «Stalle». Il Piazzale, con il suo sviluppo urbanistico, è legato alle vicende della costruzione della chiesa del S. Cuore di Ponte a Egola o Evola come allora si diceva. Le vicende della co¬struzione della chiesa, sul terreno di proprietà del convento di S. Giovanni di Dio di Firenze, sono narrate, dal 1869 al 1875, nelle «Memorie storiche» di Enrico Giorni e coinvolsero la popolazione di Ponte a Egola in questioni politiche, sociali ed economiche che la videro contrapposta al castello di Cigoli che non voleva cedere, prima alla costruzione dell'edificio e, tantomeno, all'istituzione della parrocchia che avvenne il 25 gennaio 1879.
FORNACI — L'origine del gruppo di case del Marianellato/Fornaci, risale alle famiglie del Marianelli, ai quali è legata la nascita delle Fornaci di calce e poi di mattoni, e la costruzione di gran parte del paese di Ponte a Egola. I Marianelli si trovano nominati come livellari di strade e di terre fino dalla metà del Settecento. La prima notizia di un Francesco Marianelli, livellare, cioè che godeva di terreni in affitto quasi perpetuo, risale al 1774 e si parla di un nucleo familiare di 15 individui. Riguardo alle Fornaci, è probabile che già esistessero al tempo del censimento napoleonico del 1811; una notizia certa riguarda un Giuseppe Marianelli di 50 anni, fornaciaro, che è nominato nello stato d'anime del popolo di Stibbio nel 1821. Più esattamente si ha notizia dell'esistenza delle Fornaci, nella filza n. 2384 dove è scritto che nel 1834 in occasione di una descrizione dei lavori da eseguirsi su un tratto della strada Maremmana da Calpetardo a Siano “La calce per opere murarie sarà di buona qualità, e i mattoni dei migliori e più cotti delle Fornaci dei Marianelli.”
TOGNARINO — Questa località che si chiamerà frazione di Ponte a Egola nel Novecento, si trova nominata nel 1834 in una filza dell’ASCSM dove si parla “delle case tutte di Tognarino all’incrocio fra la via Pisana e la Maremmana. Questo grappolo di case o borghetto, pare che derivi il proprio nome da una deformazione del nome Antonio in Togno. Questa “frazione” sarà, fino alla prima metà del Novecento la parte culturalmente e commercialmente più vivace del paese di Ponte a Egola.
Valerio Vallini
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