Genitori di disabili, nuovi eretici

Un'opera realizzata dai ragazzi di Casa Ventignano

È possibile confondere il progetto individuale con il piano riabilitativo individualizzato (PRI)?

È possibile, cari amici, richiedere un progetto di vita, un progetto che preveda la vita di una persona, ex L. 328/2000 oppure come da L. 112/2016 e relativo decreto attuativo e avere in risposta l'elenco delle attività che la persona svolge, comprese le attività create, organizzate, sostenute e realizzate dai genitori?

È possibile?

È possibile confondere la partecipazione con la comunicazione - condivisione?

È possibile, come genitori e tutori, chiedere di partecipare, fin dalle fasi inziali, alla realizzazione del progetto del proprio figlio e sentirsi rispondere “il progetto lo facciamo noi e poi lo condividiamo con voi...”?

È possibile? È la stessa cosa partecipare e condividere la comunicazione?

È possibile provare a non essere d'accordo su queste cose e sentirsi rispondere con una chiusura totale sulla cosa?

È possibile che si dica “la fase di progettazione è “istituzionale” e la fanno i servizi, poi si condivide con voi”?

È possibile?

Potrei andare avanti ma mi fermo.

Molte famiglie hanno chiesto al sindaco del proprio comune, alla ASL, alla SdS la progettazione del progetto individuale per i propri figli.

Le risposte? Silenzio o risposte che qualcuno di voi che legge potrà ritenere impossibili!

Infatti la risposta è stata: “c'è già tutto” ed ecco il PRI al posto del progetto individuale e la condivisione al posto della partecipazione con alcune risposte della SdS a qualche nostra domanda:

chi fa la progettazione? “noi”

chi decide chi partecipa? “noi”

chi sceglie il case manager?(figura prevista come indispensabile nel progetto individuale)“noi”

e soprattutto lo stupore a cui siamo costretti ad assistere, stupore accompagnato dalla frase di rito “con tutto quello che abbiamo fatto per lui e per voi”.

E allora un'altra domanda, diritto o concessione?

Quante domande.

Alcune famiglie, ingrate, alla fine, stufe, frustrate, avvilite dalle risposte, non vedendo riconosciuto il diritto dei propri figlioli così come è ben scritto nelle leggi, si sono rivolte alla legge, al tribunale amministrativo.

“Quale affronto! Come si osa!”

Ed ecco che si è scatena il fuoco di fila delle amministrazioni che, invece di provare a capire perché si è arrivati a tanto, perché questi genitori si ostinano a voler essere protagonisti della costruzione della vita del proprio figliolo, (cosa che appare assolutamente naturale) le amministrazioni assoldano avvocati, migliaia di euro per ricondurre genitori e famiglie in difficoltà alla ragione, ricondurre alla ragione questi nuovi eretici che osano chiedere ciò che non gli è concesso e che, addirittura, hanno osato rivolgersi alla magistratura. Ingrati!

Questi genitori siamo tutti noi, siamo noi che continueremo a batterci perché i nostri figli abbiano una vita e non solo un'assistenza,

a batterci perché i nostri figli abbiano un diritto ad una vita e non solo una concessione compatibilmente con risorse, impegni, programmi, siamo noi, che ci rialzeremo dopo ogni sconfitta con la solita determinazione e forza.

L'ultima udienza di questa prima fase si è tenuta il 6 giugno scorso.

Speranze per i piccoli genitori di vincere sono minime contro il fuoco di fila e la forza delle amministrazioni compatte. In fondo “c'è già tutto”.

Ma qualunque sarà l'esito noi continueremo nel segno del diritto e saremo sempre al fianco dei nostri figlioli da soli o con chi vorrà essere con noi a fianco dei più deboli

Marino Lupi

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