L’enigmatico piacere dei ricordi che riaffiorano dal passato come smossi dalle onde, con al centro le amicizie e i giochi di una volta, quasi un patrimonio di preziose istruzioni per l’immaginazione da tramandare alle giovani generazioni del nostro tempo ipertecnologico.
Può essere riassunta così l’ultima raccolta poetica di Davide Puccini, ‘Il fondo e l’onda’ (Nomos Edizioni 2016), che il critico letterario e scrittore di Piombino (12 gennaio 1948) presenterà lunedì 4 giugno alle 17 alla Sala Comparetti della Biblioteca Umanistica dell’ateneo fiorentino (piazza Brunelleschi 3/4, ingresso libero). A illustrarla con lui ci saranno anche Stefano Carrai, professore ordinario di Letteratura italiana all’Università di Siena, e Massimo Fanfani, professore associato di Linguistica italiana all’Università di Firenze. L’incontro sarà moderato da Maria Giuseppina Caramella, presidente della Fondazione il Fiore, che organizza l’appuntamento in collaborazione con la Biblioteca Umanistica.
‘Il fondo e l’onda’ è la 5^ raccolta di versi di Davide Puccini - dopo ‘Il lago del cuore’ 2000, ‘Gente di passaggio’ 2005, ‘Madonne e donne’ 2007, ‘Parole e musica’ 2010 - e rievoca il mondo della sua infanzia e in particolare i giochi di quegli anni lontani ormai a rischio di estinzione. «Fin dal titolo – scrive Alessandro Fo nell’introduzione del volume – immagini di mare, del suo mare. Ma non solo. Il “fondo” è il passato verso cui precipita ogni esperienza. L’“onda” è la forza che smuove, solleva i detriti, li agita in una danza che vale la pena seguire e rievocare. Se si vuole, l’onda è il processo del ricordare, e nel contempo è il medesimo canto poetico, che offre a quel processo un’occasione di minuta permanenza». Come sottolinea Fo, sono proprio «gli antichi giochi a svolgere un ruolo fondamentale» e «la silloge di Davide Puccini si fa anche nuova e inedita declinazione di poesia didascalica: regesto di notizie da lontani anni verdi, che si sviluppa in inventario di regole e manualetto di svaghi, ma, soprattutto, in manuale di terapia ludica, diretta o indiretta (grazie al ricordo, quest’ultima)». Così «agli aquiloni di Pascoli si affiancano questi, librati sopra i flutti: Il nostro cuore era appeso lassù / quasi a perdita d’occhio, / trasportato sopra un cocchio dorato./ […] / Quando il vento era forte e l’aquilone / appariva minuscolo, / un bruscolo disperso nell’azzurro, / mandavamo diversi telegrammi / secondo già stabiliti programmi, / ciascuno un largo pezzo / di carta resistente / con un buco nel mezzo / inserito sul filo della rocca / di solito tagliato e rincollato. / Piano piano salivano / con lento assalto: nel loro messaggio / senza parole dicevano il nostro / amore trepidante / per la sorte di un bene tanto in alto».
«Lo stile piano, costellato di rime e assonanze, di similitudini e correlativi oggettivi, dove l’oggetto esprime spesso la consonanza col sentimento, ma anche fatto di rimandi alla nostra più alta tradizione lirica, - come ha scritto Cinzia Demi - fa di questo libro una sorta di piccolo scrigno, dove trovare racchiusi, non solo i ricordi dell’autore, ma l’universo tutto di una possibilità memoriale che vale la pena di conservare anche per le giovani generazioni, che sembrano non avere più un tempo immaginifico e giocoso, ma solo tecnologico e vorticoso e alle quali – senza retorica spicciola – il lavoro di Puccini potrebbe idealmente essere dedicato».
Fonte: Ufficio stampa
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