Alla fine gli oppositori al termovalorizzatore di Case Passerini ce l’hanno fatta: sono state create le condizioni perché il Consiglio di Stato desse ragione al Tar e ne bloccasse la realizzazione. Lo stop nasce da ragioni non di merito, come è stato chiarito, ma di metodo: nulla osta alla realizzazione del termovalorizzatore purché prima si dia seguito agli impegni sulle opere compensative, che consistono in un parco di 50 ettari. Parco che finora non è stato istituito.
La posizione della Regione Toscana, espressa dal presidente Rossi, è di compiacimento, anzi – a quanto riporta la stampa – di esultanza.
Il sospetto manifestato da alcuni è che si sia trattato di un voluto “incidente” per cancellare il termovalorizzatore e favorire la realizzazione del nuovo aeroporto. Come Confindustria Toscana Nord ribadiamo che l’alternativa “o il termovalorizzatore o l’aeroporto” rappresenta un mercanteggiamento che il territorio non si merita; vanno realizzate le infrastrutture che occorrono, senza ricorrere a tattiche o espedienti.
Non si capisce, in ogni caso, la ragione di tanta soddisfazione nel presidente Rossi, con un problema rifiuti che monta di giorno in giorno e lo spettro di incrementi forti di costi di smaltimento per imprese e famiglie. Una verità, questa, che andrebbe detta con chiarezza ai cittadini. Ammesso poi che si trovino fuori regione impianti con capienza sufficiente a far fronte anche ai rifiuti della Toscana, oltre che di altre aree d’Italia altrettanto imprevidenti. Intanto nella nostra regione si assiste alla chiusura di termovalorizzatori già esistenti (per Ospedaletto, nel Pisano, è stata decisa in questi giorni) e a discariche che chiedono di ampliarsi mentre l’Unione Europea impone di chiuderle.
La Regione Toscana intende incentrare la gestione degli scarti civili e industriali sul riuso e sul riciclo, portando la raccolta differenziata (che peraltro non significa sempre riciclabile e recuperabile) a oltre il 70%: obiettivo condivisibile anche se occorrerebbero politiche di incentivazione per il consumo dei prodotti riciclati, che faticano ad affermarsi sui mercati. Con obiettivi così ambiziosi occorre fare i conti col fattore tempo da un lato, con la forte rimanenza di residui non riciclabili dall’altro. Occorrono almeno due o tre decenni perché arrivino risultati significativi da politiche ambientali forti, decise e attrezzate anche a sanzionare e reprimere gli abusi: le esperienze realizzate nel mondo, da quella notissima di San Francisco ad altre, non lasciano spazio a dubbi. Inoltre rimarrebbe sempre il problema di come smaltire il restante 30% e i rifiuti industriali, che non sono poca cosa. Un esempio: considerando l’area Firenze-Prato-Pistoia, se anche tutte raggiungessero la quota di differenziata più elevata, che è quella di Prato con il 70%, rimarrebbero almeno 250.000 tonnellate di rifiuti solidi urbani da smaltire ogni anno, alle quali sono da sommare 50.000 tonnellate di rifiuti tessili e ulteriori volumi di altri settori. Una mole imponente.
Presidente Rossi, due domande: come intende gestire i rifiuti del tessile, della carta, del manifatturiero in genere, da domani a quando il suo piano porterà risultati? Quali soluzioni propone per il 30% di rifiuti solidi urbani che rimarrebbero comunque da smaltire, più i rifiuti delle imprese?
Fonte: Confindustria Toscana Nord
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