Negli ultimi 10 anni il CNR, il più grande ente italiano di ricerca pubblica, è stato penalizzato da una serie di precise scelte politiche: il blocco del turn over e degli avanzamenti di carriera, il contratto nazionale scaduto e un netto taglio dei fondi ministeriali. Questo ha portato ad un aumento vergognoso del precariato: ad oggi circa il 40% di chi lavora per il CNR è precario.
Da mesi il personale con contratti a termine è impegnato in una mobilitazione (con manifestazioni, flash mob, ecc...) per vedersi riconosciuti i diritti che spettano alle lavoratrici e ai lavoratori. Senza il loro quotidiano contributo la ricerca del nostro Paese non andrebbe avanti. Ma per i governi di centrodestra come per quelli di centrosinistra il finanziamento della ricerca è l'ultima delle priorità.
Verso la fine dello scorso anno, grazie alle proteste e alle occupazioni delle sedi del CNR, a partire da quella pisana, sono stati stanziati 40 milioni di euro finalizzati a contribuire ad assumere circa 1.700 persone. Si tratta però solo di un cofinanziamento: per poter realmente procedere all'assunzione dei e delle 1.700 precari/ie, è necessario che il Consiglio nazionale delle ricerche stanzi altri 40 milioni. Invece, allo stato attuale, ne mette a disposizione 20 (la metà delle risorse necessarie).
Come abbiamo già detto in più occasioni, crediamo che la ricerca pubblica, la tutela del diritto al lavoro e della sua qualità siano cardini imprescindibilli per lo sviluppo di un Paese. Ribadiamo quindi il nostro sostegno alla battaglia dei precari e delle precarie del CNR, una battaglia che è di tutta la città.
Non c'è futuro senza Ricerca.
Una città in comune, Rifondazione Comunista, Possibile
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