Dalle prime acqueforti, realizzate come studente dell’Accademia di Brera negli anni 1917-1918 alle opere che siglano gli ultimi anni della sua vita, al centro di una parabola simbolica, gioiosa e colorata che vedono il maestro di Pistoia nel 1978 riconciliarsi con il mondo, ballare e divertirsi con i giochi di equilibrio, i salti e le acrobazie del mondo circense. Nelle sessanta opere, molte delle quali mai viste che, da oggi martedì 10 aprile, la Fondazione Marino Marini riscopre e valorizza tra le sale rinnovate del palazzo del Tau, provenienti dal ricco patrimonio di proprietà della Fondazione che annovera complessivamente oltre 4mila capolavori, c'è tutta l’essenza del pensiero di Marino Marini. Figurativo, astratto, pittorico, scultoreo, materico e sensibile. Un percorso, fatto di sogni e verità, poetica e tecnica, che il maestro rappresenta coerentemente con la funzione sperimentale del linguaggio dell’arte e delle sue molteplici espressioni tendendo in maniera costante al punto di coincidenza tra tradizione e modernità. Era lo stesso Marino ad esserne cosciente quando affermava che “la modernità non è una trovata ma è scoprire nuovamente l'anima delle cose l'intensità che circola nell'aria il proprio tempo la modernità non esiste l'eternità cercavo l'eternità si raggiunge soltanto quando latte completa”. Il nuovo allestimento è curato da Ambra Tuci, coordinatrice eventi, e Francesco Burchielli, responsabile della collezione della Fondazione Marino Marini.
La collezione semipermanente arricchisce quattro sale del Museo negli spazi che la Fondazione ha riorganizzato e rinnovato con l’obiettivo di sostenere l’idea di una piccola grande capitale della cultura e dell’arte che continua a palpitare, dopo aver raccolto i frutti della stagione da record dello scorso anno. L’evento ha un carattere di unicità: mostra il talento proteiforme dell’artista e la presenza sin dagli albori, di quei semi che nel corso della carriera si evolveranno, coltivati dall’amore per l’opera plastica e l’indagine della materia viva attraverso il colore, e si consolideranno come i capisaldi della poetica mariniana. Marino non abbandona i temi scoperti e trattati a quindici anni ma li sviluppa e li eleva a tratti distintivi nel corso della sua prolifica attività. I primi studi, realizzati intorno agli anni ‘20, come “La deposizione” (1923), “La guerra del 1914” (1917), “La miniera” (1920-21), denotano le capacità di un giovane disegnatore che si misurava con il genere figurativo e l’uso del chiaroscuro, spinto dal primo desiderio di esplorare la verità dell’esistenza. Inizia così il viaggio di Marino alla ricerca della storia dell'umanità, l’artista si sperimenta con quel sentimento dell'arte, quella sensibilità che lui stesso definiva improvvisa, inaspettata “come una lampadina elettrica che si accende, non sai dire dove nasca né dove finisca”. Le sale dell’ex convento portano avanti cronologicamente il nuovo allestimento dedicato agli inediti della carriera di Marino e nello spazio successivo del percorso si stagliano i mai visti legati ad un “Marino prima di Marino”’ con l’esposizione di alcuni nudi ascrivibili ad un intervallo di oltre venti anni, compreso tra il ‘28 e il ’50, che attestano l'interesse dell'artista per il nudo femminile in piedi e disteso. Sono i primi esempi di quelle figure pittoriche e piccole sculture in terracotta che poi troveranno la loro espressione più matura nella creazione della Pomona, simbolo di fertilità e prosperità. I segni della grande Madre Terra sono presenti nelle opere pittoriche, realizzate a tempera, quali “Cariatide” (1950), “Nudo Rosa” (1928) e in un nucleo di sculture degli anni ‘40 che rievocano gli archetipi di Marino, delle fonti etrusche e arcaiche alle quali l'artista si ispira per l’intero cammino. Nel gruppo dei nudi il visitatore ha l’opportunità di confrontarsi con il volto e il talento pittorico di Marino Marini, conosciuto più come scultore. Nella produzione dell'artista assume un ruolo dominate l’attività che testimonia la passione per il colore e la grafica, alla base di quel gioco di commistioni tra i diversi linguaggi artistici che tanto attraeva il maestro.
“E’ un’operazione culturale ad ampio raggio in cui raccontiamo da nuovi punti di vista l'avventura artistica di un grande protagonista del ventesimo secolo, l’arte aperta, trasversale, accogliente, internazionale di un Marino che non finisce di stupirci - dichiarano Ambra Tuci e Francesco Burchielli – per lui la pittura non costituiva un aspetto accessorio e propedeutico alla scultura, rivestiva al contrario un ruolo di primo piano, pur essendo poco conosciuta. Sono tantissimi i lavori originali, compiuti in maniera autonoma, che superano il tradizionale repertorio figurativo animato da Cavalli, Cavalieri, Pomone e Giocolieri”. A testimoniare il genio pittorico di Marino e delle sue immancabili relazioni con lo scenario internazionale, la Fondazione tira fuori dai depositi una sequenza di 24 composizione astratte, parte di un più numeroso corpo di opere, complessivamente quasi il doppio, dipinte nella primavera del 1960. “Non posso definirmi veramente astratto - confessa l’artista – a seconda di cosa si può pensare per astratto. Non sono mai stato astratto al cento per cento; se c'è qualche libertà nella figura o nella forma è una libertà che proviene sempre dalle cose umane”. Eppure Marino cede alla tentazione dell’astrazione e svela alcuni tratti insoliti del fare arte. Se nella figura del Cavaliere e del Cavallo, in ogni epoca del percorso di Marino, si ravvisa la ricerca della storia dell'umanità, nelle composizioni e nelle scomposizioni delle opere che evidenziano l’influenza che l'artista subì dall’action painting, negli anni ‘60 al ritorno dal viaggio da New York, emerge la ricerca e l’affermazione del colore e della materia. Una texture di sovrapposizioni che il maestro, consapevole di vivere culturalmente in un momento storico, caratterizzato da grandi invenzioni, considerava uno strumento di conoscenza, un mezzo per raggiungere la sostanza più intima delle immagini e dell’impulso espressivo della sua parabola artistica.
La tecnica cara a Jackson Pollock, che fa colare vernice e colori su una tela di ampie dimensioni e che libera una tensione o un’emozione in maniera spontanea, sotto la guida del subconscio, piace a Marino tanto da decidere di portare a casa l’esperienza dell’action painting e rivisitarla nelle sue 46 composizioni astratte. Dopo il soggiorno nella città della Grande Mela, l’espressionismo americano approda a Pistoia grazie al pennello ‘in azione’ di Marino. Che coglie il senso e la funzione ispirate all’etimologia latina del concetto di astratto, ovvero “tolto da”, per attribuire alla semplificazione, alla stilizzazione delle immagini e dei segni, alle composizioni scomposte animate da energia e materia il compito di scavare nella verità e trovare l’essenziale nel punto di equilibrio e di fusione tra immagine e luce. Come Pollock, Marino danza intorno al colore alla ricerca di una forma e di uno stato d’animo. “Ho cercato nel colore - spiega Marino - l’inizio di un’idea che doveva divenire qualcosa. Dipingere è mettersi nella poesia del fatto e il fatto nel fare diventa vero”.
Nell’ultima sala, Marino si confronta con la giostra di giocolieri e danzatrici, la fase conclusiva della propria visione del mondo che firma “Circo Marino” ed è lo specchio in cui riflette se stesso al termine della vita artistica e umana. Il clima gioioso che si respira in “Giochi nello spazio” (1964), “Visione” (1967), “Danza” (1965-1970) si intensifica nelle ultime sei opere datate 1978 tra cui “Il Circo” e “Giocoliere a cavallo”. E’ in questi lavori che il maestro, rimanendo fedele ad un “Carnevale” del 1918, realizzato con lapis a china su carta, accostato alle ultime opere, appare felice, sereno, spensierato, uscito dal rovello dei gridi. Marino ritrova la pace nei colori accesi, in contrasto, e nelle forme che lo aiutano a fermare il tempo. “Il polo positivo per me è il colore. Un giallo, un verde, un rosso. Basta un colore che entri dentro a stimolarmi. Allora mi metto in moto, allora la fantasia si apre attraverso questi colori. Il bisogno di dipingere – scrive in uno dei suoi pensieri raccolti dalla moglie Mercedes Pedrazzini - è connaturato in me come un’esigenza incontenibile e originaria a cercare il colore”.
L’inaugurazione della nuova collezione, visitabile nella versione definitiva dell’allestimento, da oggi 10 aprile, è contestuale ad un’altra importante novità che interessa ed investe sull’utilizzo e la fruibilità degli spazi della Fondazione. Nell’opera di restyling e riorganizzazione delle sale del Palazzo del Tau si inquadra il rinnovo appena ultimato della sala riunioni, destinata a spazio incontri e sala stampa, situato all’ultimo piano dell’edificio storico dove trovano spazio gli uffici della direzione. “Anche questa è una sala – concludono Ambra Tuci e Francesco Burchielli - che abbiamo reso in parte espositiva attraverso la collocazione di alcuni capolavori, Cavalli e Cavalieri, scultorei e pittorici – la funzionalità e l’eleganza di questo nuovo ambiente sono resi anche dall’impianto di illuminazione e dagli oggetti di arredo che provengono dalle ditte Targetti, Dolfi e Lepori e Logos Forniture, aziende del nostro territorio che hanno lavorato con grande competenza e professionalità per realizzare al meglio il progetto di ristrutturazione dei nostri spazi”.
Fonte: Fondazione Marino Marini Pistoia
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