Visita del vescovo Migliavacca a Sollicciano: "Un momento toccante"

La lettera firmata dai detenuti e dal Cappellano: Prima di ogni altra parola, vogliamo ringraziare Sua Eccellenza il Vescovo di San Miniato che ha voluto concelebrare con i nostri cappellani la Messa Pasquale a Sollicciano, il carcere dove siamo detenuti. Il Vescovo non solo ha scelto di stare con noi, ma ha portato con sé 40 giovani, affinché possano vedere e conoscere e conoscano questo luogo di sofferenza e di dolore, che si tende a nascondere o a dimenticare. Un giudice, che nella sua vita ha comminato decine di ergastoli e ora si dedica a diffondere la sua idea di "giustizia riparativa", facendo entrare in carcere scolaresche di ogni età, è convinto che chi entra in carcere, anche solo una volta, ma guarda con occhi scevri da pregiudizi, esce con un'altra testa, con un'altra consapevolezza. Anche noi pensiamo ed abbiamo constatato che la conoscenza diretta consente spesso il miracolo. E auspichiamo che accada anche in occasione di questa Festa di Resurrezione. Noi, più di chiunque altro abbiamo bisogno di credere che ci sia speranza nel nostro futuro, che possa cambiare la cultura attorno alla pena, che possano dissolversi i pregiudizi e si affermi la convinzione che è questa società che genera insicurezza, povertà, egoismo, violenza. Noi abbiamo delle responsabilità, e paghiamo per esse, ma questo sembra non bastare per arrivare alla comprensione di quanto abbiamo fatto e di quanto ci viene fatto. La comprensione invece si apre se adottiamo le parole del Vangelo e l'atteggiamento del Papa che domenica indicava ai giovani il valore della COMPASSIONE, del patire, del sopportare insieme. La scelta del Vescovo ci sembra vada nella direzione di quanto emerso dalle giornate Romane del Sinodo sulla gioventù, nel documento conclusivo dei giovani e dalle parole di Papa Francesco in Piazza S. Pietro durante la messa della domenica delle palme. Il Papa si rivolge ai giovani invitandoli a non farsi manipolare, a guardare con occhi puliti ciò che li circonda, che tenta di ridurli al silenzio, spettatori insensibili; ad urlare invece il loro scandalo e la loro fede nell'uomo. Gesù ci esorta ad alzare lo sguardo dalle pietre e a puntarlo dritto verso il futuro... Ai Farisei, di tutti i tempi, ai vecchi, responsabili di questo sfacelo, e, come dice Francesco, per lo più corrotti, che gli chiedono " E se non urleranno ?" Gesù risponde "Allora urleranno le pietre!" Noi sentiamo ogni giorno urlare queste pietre che ci chiudono dentro, questo cemento freddo che non ci permette di alzare lo sguardo. Abbiamo perso innocenza, giovinezza e voce. Il nostro urlo, quando esce, è silenzioso, schiacciato dal luogo, dalla pena, dalla colpa, dal dolore. Sentiamo invece la voce del Papa che da voce e valore alle nostre sofferenze ed alle nostre privazioni. Ha indetto una giornata del Giubileo dedicata alle carceri, ha affermato durante la visita ad un carcere messicano "Chi ha attraversato il deserto può diventare profeta !" E il carcere, ogni carcere, è un deserto che prosciuga le speranze, ma la prospettiva di poter essere profeti, testimoni, ci fa sentire persone con ancora uno scopo, non un numero o una cartella giudiziaria. Abbiamo incontrato (alcuni di noi hanno incontrato) Papa Francesco un paio di anni fa durante una sua

visita a Firenze, allo stadio mentre celebrava la messa su un povero altare costruito dalle nostre mani, mani di cristiano, di arabo, di ogni religione... E ci ha ringraziato abbracciandoci, riempiendoci di ... compassione e tenerezza. C’è venuto spontaneo chiedergli di tornare a farci visita, ad abbracciarci TUTTI, convinti come siamo che ci ama TUTTI senza distinzione di colpe o credo, perché siamo quegli ultimi, quegli scarti della società al centro della Sua pastorale. Gli abbiamo scritto e ci ha risposto assicurando una presenza nelle Sue preghiere. I detenuti che partecipano alla catechesi in carcere ringraziano la Chiesa intera per le parole di speranza e di vita che porta in questo luogo di morte. Ringraziamo anche i catechisti che entrano a fare il Servizio della Parola, la Parola del Vangelo, che per noi è un momento di grazia e di pace. A Lei , e ai giovani che La accompagnano, un ringraziamento speciale e una preghiera: far leggere queste righe, comunicarle come nostra voce, diffonderle e magari farle conoscere anche a Papa Francesco, perché volga il suo sguardo verso di noi, ci benedica e ci abbracci. 

La riflessione

Sollecitato dall’amico fraterno Don Vincenzo Russo, dell’Opera Madonnina del Grappa e Cappellano del Carcere di Sollicciano che ha accolto per la seconda volta S.E. il vescovo Andrea Migliavacca che questa volta ha portato con se ben 40 giovani studenti a toccare con mano la condizione carceraria, ed è stato un momento veramente toccante, che è sfociato nella bella e intensa lettera che i carcerati hanno scritto con il cuore e consegnato al vescovo, e che riteniamo sia un vero e sincero messaggio di pace adatto alla Pasqua che arriva diretto al cuore.

Come ho ribadito in altre occasione i cui ho parlato di carcere, nulla deve creare malintesi sul fatto che cerchiamo di santificare e/o giustificare persone che sono detenute perchè hanno violato la legge, ma questo riguarda la giustizia terrena che comunque nel nostro ordinamento giuridico prevede la punizione per tentare di recuperare queste persone, anche se per varie ragioni anche oltre la loro volontà, purtroppo la società non è ancora pronta e tratta questi uomini e donne come un rifiuto da alienare, e questo  non è giusto, proprio perché come ci insegna la fede nessuno è esente da peccato per poter giudicare veramente sotto il profilo morale.

Ma questa visita e questa lettera mi ha scatenato mille pensieri ed analogie, con la festa che celebriamo da due millenni nei nostri cuori e con le nostre famiglie e amici, forse spesso anche perdendo il vero senso della festa, la sua origine che vale sia per credenti ma anche per laici, ed è la simbologia della resurrezione, e senza temere di essere preso per blasfemo, voglio raccontare in modo diverso, non ideologico,  la storia di un uomo che per molti è Gesù, figlio di Dio, ma per il mondo di allora aveva violato le leggi del tempo e per questo era stato condannato a morte per crocifissione in mezzo a ladroni e delinquenti di ogni sorta, ma poi quest’uomo è risorto in una dimensione diversa, per portare avanti il messaggio di misericordia e pace anche per quelli che lo avevano crocifisso.

Ebbene, io che sono purtroppo un peccatore recidivo, trovo molte analogie nella storia di tutti i giorni, ma specialmente nel lavoro quotidiano di Don Vincenzo ma in particolare in questa visita speciale di S.E. il Vescovo che porta con se 40 giovani studenti, a visitare quello che oggi è un sepolcro nel quale sono chiusi nelle loro celle tanti uomini e donne la cui vita somiglia più alla morte, per loro colpa sono privati della loro libertà, crocifissi, e sono in attesa della resurrezione i cui vogliono credere. Quindi luogo di dolore ma allo stesso tempo speranza e attesa per un paradiso che forse no verrà mai, perché quando usciranno li attende un inferno che infrangerà tutti i loro propositi di redenzione, e mi chiedo se tutto questo avviene per colpa loro come ci fa comodo credere, oppure è colpa anche un pò nostra, di una società arrogante e individualista che li aspetta alla porta con le pietre in mano da scagliargli addosso, con lo stesso trattamento che purtroppo riserviamo a tutti i diversi, sia colpevoli che incolpevoli, e sarebbe lungo l’elenco e le ulteriori riflessioni da fare… ma non le scriverò lasciando a voi in queste giornate di festa l’onere della riflessione, sulla necessità di dare una svolta a questo mondo che va nella direzione sbagliata, sperando che ciascuno di noi, di voi possa iniziare questo cambiamento da se stesso, iniziando a riflettere sulla parola vulnerabilità che molte persone subiscono loro malgrado, e per questo vedere il peccato altrui non più come qualcosa da punire, ma riuscire a vedere qualcuno debole e fragile da aiutare a capire e redimersi, e per questo allargargli le braccia invece di chiudergli la porta… perché non c’è cosa peggiore per un uomo sentirsi chiuso fuori dal cuore degli altri, l’amore o anche solo la considerazione come essere, sentirsi inclusi e non esclusi  è qualcosa che vale più dei soldi, più di una casa, più di qualsiasi cosa. E’ solo con l’amore che gli uomini possono rialzarsi e tornare a camminare per ritrovare la via giusta per riconquistare il giusto posto a questo mondo.

Quindi non doniamo uova di cioccolato o colombe, ma creando ponti e non muri, cerchiamo di sforzarci per capire, comprendere, donando un sorriso, un abbraccio, un bacio, ma anche solo una parola a chi l’abbiamo tolta, o anche a chi abbiamo sempre ignorato, vedrete che sarà il dono più bello.

Simone Campinoti

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